È uno degli esempi più eclatanti di come la giusta intuizione musicale possa permettere a un interprete dal forte carattere di trasformare completamente una canzone, rendendola quasi irriconoscibile senza modificare troppo la struttura fondamentale.
La canzone, inserita nell’epocale Sgt.Pepper’s Lonely Hearts Club Band in seconda posizione praticamente senza soluzione di continuità con la title track, è scritta da Lennon e McCartney appositamente per Ringo Starr, allo scopo di riservargli uno spazio come cantante. I due la costruiscono in modo che si adatti alla sua voce e al personaggio.
Secondo un noto aneddoto, Ringo si blocca solo davanti a una delle frasi del testo e si rifiuta di cantare “What would you do if I sang out of tune? Would you stand up and throw tomatoes at me?” L’idea che a qualcuno possa venire realmente la tentazione di tirare dei pomodori, come succedeva agli inizi della band, non gli va giù e le parole vengono cambiate.
La canzone viene completata nella primavera del 1967 alla fine della lavorazione dell’album, quando vengono scattate le famose foto di copertina con il gruppo di personaggi famosi e i quattro vestiti con i colori dei musicisti della variopinta banda di Sgt.Pepper.
Il successo, come è noto, è straordinario: il disco è un capolavoro che mette in luce la capacità dei Beatles di creare ancora una volta qualcosa di nuovo e originale.
Un paio d’anni dopo Joe Cocker è ancora quasi uno sconosciuto quando esce il suo album d’esordio, intitolato proprio come la canzone. È una raccolta di arrangiamenti in chiave rock-soul di canzoni moderne, da Dylan ai Beatles a Dave Mason dei Traffic, integrata da pezzi originali che mettono bene in luce la voce graffiante di Cocker, che viene paragonato a Ray Charles.
Fra le altre canzoni che rimangono nella memoria vanno citate “Feeling Allright”, la raffinata “Marjorine”, una sofferta “Please Don’t Let Me Be Misunderstood” – successo di Nina Simone già rivisitato dagli Animals – e l’intensa intepretazione di “Just Like a Woman”.
Nell’arrangiamento di Cocker (presumibilmente su ispirazione di Chris Stainton che suona l’organo dell’intro) viene sottolineato al massimo il passaggio finale del ritornello originale, quello dei tre accordi RE-LA-MI che qui, cambiando tonalità, diventa il riff lancinante marchiato a fuoco dalla chitarra suonata nell’album dal session-man Jimmy Page, prima della nascita dei Led Zeppelin.
È l’unica sfumatura bluesy della canzone dei Beatles, altrimenti ritagliata per intero intorno alla leggerezza e a parti vocali adatte ai limiti di Ringo Starr, ma qui trasforma lo spiritoso originale in un’intensa soul ballad interpretata con efficacissima attitudine rock. Giocata su sapienti variazioni nella dinamica, si può permettere di strabordare nella lunghissima versione eseguita sul palco di Woodstock.
L’immagine di Joe Cocker, con la sua aria stralunata e le contorsioni al limite dello spasmo, è talmente forte da cancellare nella quasi totalità del pubblico ogni memoria dell’originale cantata dal povero Ringo e la canzone rimane negli anni uno dei simboli del cantante di Sheffield.
In un’epoca legata anche al consumo fin troppo disinvolto di droghe e alcool, la sua figura segnata dagli eccessi ben si accorda anche con la diffusa interpretazione del termine “friends” con “stupefacenti”.
Nota finale doverosa. La carriera di Cocker è terminata ufficialmente con la sua scomparso nel 2014, ma il batterista dei Beatles, dopo oltre 50 anni, è ancora lì sul palco a cantare la canzone scritta per lui dai suoi amici.
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