Mingus Ah Um è un capolavoro del Jazz e della musica del ‘900. Basta, potrei chiudere questo articolo già così…
Ok continuo, insieme a Kind of Blue di Davis, A Love Supreme di John Coltrane e simili, è una di quelle incisioni che non si può non avere ascoltato, anche se non ci piace il Jazz.
Charles Mingus è stato un genio, spesso assai accessibile nelle melodie ma allo stesso tempo tremendamente complicato (e a onor del vero qualche disco davvero tosto lo ha fatto anche lui, non solo gli avanguardisti).
Fare le cose difficili e farle passare incredibilmente docili all’orecchio, Mingus Ah Um in questo riesce a fare miracoli.
Basti pensare a “Goodbye Pork Pie Hat“, che non a caso influenzò un musicista rock ma sempre molto attento come Jeff Beck.
Non si può vivere senza Mingus, come senza Monk o Armstrong o senza Duke Ellington. Quel Duke che era un mito per lo stesso Mingus e con cui suonò.
In questo disco c’è tutta l’anima di un musicista che andava assai oltre le corde del suo contrabbasso, che aveva una visione e una coscienza della Musica pari a un sesto o anche settimo senso, più sviluppato degli altri.
Il 1959 si può considerare un anno chiave, escono anche il suddetto Kind of Blue di Davis, ma esce anche The Shape of Jazz to Come di Ornette Coleman, Time Out di Dave Brubeck e John Coltrane sta intanto registrando il suo Giant Steps.
Quattro dischi che cambieranno per sempre la storia del Jazz, aprendo nuovi orizzonti che renderanno poi gli anni ’60 una decade tra le più belle in assoluto per il genere. Che anno ragazzi!!!
Con Mingus Ah Um non si tratta di ascoltare musica, ma di ascoltare il suono di un’epoca, di un genio, di mille colori che coinfluiscono in un solo album.
Fatene tesoro.
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