Il film è l’icona della vita “on the road” dei motociclisti dell’epoca, ma è anche uno spaccato crudo, crudissimo, dell’intolleranza e del bigottismo americano di quegli anni, che cresce e assume contorni drammatici sempre di più, fino al suo climax nel tragico finale.
Gli ideali di libertà e anticonformismo sono ben espressi anche da una magnifica colonna sonora, canto del “nati per essere selvaggi“, come annuncia il titolo del pezzo più famoso degli Steppenwolf.
Una selezione di brani che oramai si può considerare come un disco a sé stante più che una mera compilation, tracklist che a sua volta ci racconta nota dopo nota le atmosfere di quella golden era del rock e delle pulsioni giovanili che miravano a un cambiamento radicale del mondo (che purtroppo si dimostrerà un fallimento di lì a pochi anni).
Ma nel 1969 si respirava ancora a pieni polmoni un’aria di gioia rivoluzionaria, che ripercorriamo attraverso queste 10 canzoni che compongono la soundtrack del film.
Steppenwolf – “Born to be Wild”
Lo sappiamo, non è la canzone di apertura né del film nè della colonna sonora. Ma facciamo uno strappo alla regola, perché siamo di fronte al brano simbolo di tutto. Indivisibile dall’immaginario associato ai motociclisti, è ritenuto da molti anche il primo pezzo heavy metal (perlomeno in forma preistorica) mai scritto.
Ovvio, su queste questioni si può litigare giorni, ma quell’heavy metal thunder del testo romba fortissimo, come il motore di una moto che sfreccia sulle highway americane, incurante del punto di arrivo finale, perché si sa, è il viaggio stesso la cosa più importante.
Steppenwolf – “The Pusher”
Ed eccola, la canzone di apertura del film. Non vi staremo a spiegare il significato, che è oltremodo chiaro. Ma attenzione, la canzone non è certo un inno a tutti gli spacciatori. Quello che dice è ben chiaro su coloro che propongono droghe pesanti, il pusher è “un mostro a cui non importa se vivi o muori“.
Su quelle leggere invece… beh, erano gli anni ’60…
Smith – “The Weight”
La canzone è in realtà dei The Band, ma all’epoca la Capitol Records non rilasciò i diritti d’uso per il film, così venne usata la cover degli Smith, una rock band californiana che già aveva un ottimo successo con un’altra cover, la “Baby It’s You” di Burt Bacharach.
Il brano è di per sé un simbolo degli anni sessanta, parte di un album eccezionale quale è Music from Big Pink. Tra le prime 50 migliori canzoni della storia secondo Rolling Stone.
The Byrds – “Wasn’t Born to Follow”
Gruppo di punta della scena americana negli anni ’60, nella cui formazione originale fu anche il mitico David Crosby. Dubitiamo che esista al mondo qualcuno che non ha mai ascoltato la loro dodici corde e brani come “Mr. Tambourine Man” o “Turn! Turn! Turn!”. Ma ben presto la band si trovò pervasa dalla psichedelia, partorendo quel capolavoro del genere che è l’album Fifth Dimension.
D’altronde, il loro contributo è stato fondamentale anche nel country-rock ed è infatti questo lo stile che ritroviamo nel film di Hopper&Fonda.
The Holy Modal Rounders – “If You Want to Be a Bird (Bird Song)”
Duo folk newyorkese, gli Holy Modal Rounders sono considerati gli inventori del genere acid folk. La storia del gruppo è curiosa, basti pensare che nei ’70 si riformò con il nome “Unholy” Modal Rounders.
Fraternity of Man – “Don’t Bogart Me”
Probabilmente il brano più famoso, anche grazie al film, di questa band rock-blues-psichedelica, che durò solo due anni e un paio di album. Vi militò il chitarrista Elliot Ingber che nel 1966 era nei The Mothers of Invention, la band che dette alla luce il fantastico Freak Out! con la guida di Frank Zappa.
Jimi Hendrix – “If 6 was 9”
La chitarra di Hendrix irrompe come un tuono nel viaggio dei due protagonisti del film. Anche qui, si abbraccia il tema della controcultura degli anni ’60, del “lasciami vivere la mia vita come voglio“, dello scontro tra la libertà hippies e la composta auto-prigionia dei colletti bianchi.
The Electric Prunes – “Kyrie Eleison/Mardi Gras (When the Saints)”
Tra i fondatori della psichedelia americana, gli Electric Prunes riprendono questa antica preghiera cristiana portandola, ovviamente, in ben altri territori. È la opening track del loro Mass in F Minor (1968).
Roger McGuinn – “It’s Alright, Ma (I’m Only Bleeding)”
Il brano è di Bob Dylan, qui interpretato dal cantante dei The Byrds. Le parole sono fortissime, tanto che è considerato uno dei testi più incisivi di Dylan. Dal disprezzo per il denaro, a quell’ironico “a volte anche il Presidente degli Stati Uniti deve stare nudo in piedi“, Dylan si scaglia contro il consumismo, la guerra e l’ipocrisia della cultura americana a lui contemporanea e lo fa ben prima degli anni più caldi delle proteste giovanili, avendo composto la canzone nell’estate del 1964.
Roger McGuinn – “Ballad of Easy Rider”
SPOILER!!! Vi avvisiamo, se siete tra i pochi che non hanno mai visto questo film, non attivate il player qui sotto ma ascoltate il brano cliccando qui.
Da questo pezzo prende il nome il nono album dei The Byrds. Nel film la canzone è interpretata in chiave acustica, diversamente dal disco, da Roger McGuinn. Fu composta anche in questo caso grazie all’aiuto di Bob Dylan.
Per David Fricke della rivista Rolling Stone incarnava “le aspettative infrante di un decennio di insurrezione sociale“.
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