Ottava fatica discografica per il combo meneghino, Delirium è il primo con la nuova lineup che vede l’arrivo di Ryan Blake Folden dietro le pelli a sostituire Cris Migliore e di Diego Cavallotti al posto del chitarrista Cristiano Mozzati.
L’album è un concept sulle malattie mentali caratterizzato dal sound ora cupo e claustrofobico, ora arioso e aperto, che riesce a mescolare melodia e “morbosità” in maniera perfetta.
In Delirium – sicuramente uno dei migliori lavori della band – i Lacuna Coil hanno deciso di “estremizzare” il loro sound: sonorità decisamente più pesanti del loro standard unite a melodie fresche e orecchiabili sono il punto di forza dell’album.
Il growl di Andrea Ferro sull’opening track “House of Shame” unito alle tastiere da atmosfera quasi black-metal, e la splendida ed eterea voce di Cristina Scabbia la dicono lunga sull’intenzione della release.
Sterzata più industrial con la bella “Broken Things”, in cui l’alternarsi tra parti melodiche e violente fa venire voglia di proseguire l’ascolto per approdare alla title-track, più “orecchiabile” e con un obbligato di synth (suonato, così come le chitarre ritmiche, dal bassista /tuttofare Marco “Maki” Coti-Zelati) davvero molto accattivante.
Il primo ospite di Delirium è Mark Vollelunga (Nothing More), che presta la sua seicorde all’assolo sull’elettronica “Blood Tears, Dust”, per lasciare il posto a “Downfall”, brano più “soft” e orchestrale in cui troviamo un altro chitarrista solista d’eccezione: Myles Kennedy (Alter Bridge, Slash).
Filastrocche e vocine nella migliore tradizione horror per l’inquietante “Take Me Home”, asciutta e con il potente basso di Coti-Zelati in evidenza, per proseguire con la voce filtrata della Scabbia sul brano “You Love Me Cause I Hate You”, esempio perfetto dell’amalgama vincente tra violenza e mainstream (nell’accezione migliore del termine).
Con “Ghost In The Mist” abbiamo uno degli episodi più riusciti della release, potente e dalla melodia che rimane in testa fin dal primo ascolto.
Ci avviamo verso la conclusione con la cadenzata “My Demons”, altra ottima traccia che ci traghetta alla doppietta finale composta da “Claustrophobia” e dalla tirata “Ultima Ratio”, entrambe di ottima fattura e in linea con il sound generale dell’album.
La produzione – splendida – di Delirium è affidata, oltre che all’onnipresente Coti–Zelati, a Marco Barusso, ospite come chitarra solista sul brano “The House Of Shame”.
L’album è – come già detto – un’eccellente fusione tra cattiveria e melodia, condita con un sound “oscuro” che si adatta perfettamente alle tematiche prescelte.
Da ascoltare assolutamente.
Ampelio Bonaguro
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