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Motorpsycho – Here Be Monsters

Sin dalle prime voci che ne annunciavano la composizione, era lecito chiedersi se avremmo dovuto considerare Here Be Monsters un vero e proprio album dei Motopsycho oppure una rielaborazione passeggera, in ottica "spin-off", del primigenio co-working con il jazzista norvegese Ståle Storløkken (già con la band per Th

Sin dalle prime voci che ne annunciavano la composizione, era lecito chiedersi se avremmo dovuto considerare Here Be Monsters un vero e proprio album dei Motorpsycho oppure una rielaborazione passeggera, in ottica “spin-off”, del primigenio co-working con il jazzista norvegese Ståle Storløkken (già con la band per The Death Defying Unicorn del 2012), collaborazione nata in occasione del centenario del Norwegian Technical Museum nel 2014.

Sin dalle prime note, tuttavia, è facile rendersi conto di come le musiche dettate da questo connubio siano state nuovamente assimilate e rielaborate dalla band: se non foste a conoscenza della storia precedente, niente suonerebbe al vostro orecchio che non fosse made by Motorpsycho.
A impreziosire il tutto, il trio Kenneth Kapstad/Bent Sæther/Hans Magnus Ryan (Snah) viene affiancato dal tastierista e produttore Thomas Henriksen che, con una mano sui synth e un occhio al mix dei brani, contribuisce con eleganza alle dilatate atmosfere di ognuna delle sette tracce dell’album.

Motorpsycho - Here Be Monsters

Prima di filosofeggiare su questo o quel brano, su influenze o  arrangiamenti, cosa peraltro completamente inutile visto che la discografia della band ha offerto in più di due decenni e mezzo un vasto panorama musicale in grado di cibare la prosopopea di qualsiasi critico (e onestamente a questo punto bisognerebbe forse smetterla di citare altri al posto loro, NdA), vi do un’informazione fondamentale: non è il caso di limitarsi a un ascolto random o fugace, saltando direttamente alla vostra traccia preferita.
Beninteso, potete fare quello che volete. Non si tratta certo di un polpettone di suoni condensato in una cosiddetta “suite”, per forza indivisibile. Ma, almeno la prima volta, cercate di ascoltarlo dalla prima all’ultima nota, isolandovi dal mondo (spiegherete poi con calma all’eventuale compagna/o perché siete piombati nella buona vecchia irraggiungibilità telefonica e mediatica).

Motorpsycho - Here Be Monsters

L’inizio dell’album si affida a poche note, un’introduzione breve e ridotta ai minimi termini, che sembra non dire nulla ma forse dice tutto del disco. La ritroveremo più avanti, simile, ad anticipare l’ultimo, ben più lungo, brano.
Il secondo passo nel mondo di Here be Monsters inizia timidamente, non si lascia prendere la mano da brusche e scontate entrate “post-intro intimista”.
Un lieve arpeggio di chitarra (che al qui presente ha piacevolmente ricordato una parentesi cinematografica adolescenziale degli anni ’80) si innesta pian piano in un ensemble strumentale che ci tiene ad essere “reale”.
La batteria ha il “legno”, il basso è fisico, il tutto ancora una volta accompagnato da tracce vocali splendidamente armonizzate che rafforzano e danno un senso – come sempre – a una voce solista che non è mai stata il punto di forza della band (per quanto qualsiasi altro cantante “di razza” risulterebbe estremamente fuori luogo).
Gli eco del proprio passato ci sono, la “sostanza” Motorpsycho viene fuori e gradualmente si va verso il primo decollo, armonioso, impreziosito da tappeti sonori calibrati che ci accompagnano verso il mantra ritmico su cui si conficcano gli artigli della chitarra, come sempre intrisa di lirismo e psichedelia.
Come in tutto l’album, l’insieme è equilibrato, la band è matura e sa bene come far viaggiare senza stancare, sa eccedere quando può e riprendere il controllo nei momenti giusti.

Si va avanti e sta al terzo brano offrire di nuovo, ma in forma maggiormente corale, quelle progressioni melodiche, quel mood da cui è probabilmente partita la “teoria del tutto” dell’opera, quella formula che sottintende pagine di elucubrazioni e scelte, come i calcoli che si condensano gradualmente in un’einsteiniana E=mc2.
Siamo al momento in cui dovremo chiudere gli occhi e ascoltare il messaggio. Che è senza parole, in questo come in altri casi.

A metà dell’opera sarebbe rischioso cullare ancora l’ascoltatore con sonorità riverberate, ed ecco sopraggiungere un pianoforte quasi ironico e irriverente, ironia subito sopraffatta dal lato oscuro, che vedremo venir fuori in due momenti del disco. Questo è il primo e i ritmi si serrano, si corrugano le sopracciglia e si inizia a correre.
Riecco le voci, ecco prolungare le loro linee in qualcosa di simile a bordoni, ecco le chitarre acide che punzecchiano da lontano. Siamo in un altro terreno molto congeniale alla band, nel quale mi spingerei a dire che hanno ereditato una tradizione del passato tanto quanto hanno fatto scuola nel loro presente.

Motorpsycho - Here Be Monsters

In questa catena sonora, il quinto anello è quello più isolato dal resto, il brano che potrete inserire più facilmente nelle vostre playlist di “musica varia”… Si tratta per la band dell’occasione per proporre uno dei propri brani preferiti, partorito nel 1968 dallo statunitense Terry Callier e subito abbracciato dal gruppo rock psichedelico H.P. Lovecraft nel loro secondo album dello stesso anno, versione cui gli stessi Motorpsycho si ispirano.

Dopo questa parentesi, eccoci tornare al punto d’inizio, a quelle poche note, semplici, ermetiche.
Ermetismo che si scontra e si annulla con l’arrivo di un brano da quasi 18 minuti.
È un lungo momento di dualità quello che ci aspetta, tra luce e oscurità, tra eleganti aperture immerse nelle armonizzazioni vocali e cicli di armonie minori verniciate di colori ansiogeni come una stanza dalle pareti di un rosso sanguigno.
Un intenso percorso messianico che conclude il suo iter con l’attesa rivelazione finale, sottolineata dal dolce e fragile arpeggio chitarristico che insieme alle ultime carezze vocali (di stampo petergabrielano) chiude il nostro ascolto, pur non concedendosi del tutto al “miele”, ma anzi dedicando l’ultimo sospiro a un enigmatico accordo in drammatica tensione.

Motorpsycho - Here Be Monsters

L’ascolto di Here Be Monsters è un insieme di lunghi respiri dove l’ossigeno è dato ma anche tolto bruscamente là dove necessario, e conferma ancora una volta l’estrema difficoltà di incastonare l’arte dei Motorpsycho all’interno di un preciso genere musicale.

Per questo – dopo 27 anni di attività e praticamente nessun album al di sotto della soglia di godibilità – la band non può che essere omaggiata da una standing ovation. Purtroppo (ma forse per fortuna), di un pubblico sempre meno numeroso di quello che in realtà meriterebbe.

Tracklist

  • Sleepwalking
  • Lacuna / Sunrise
  • Running With Scissors
  • I.M.S.
  • Spin, Spin, Spin
  • Sleepwalking Again
  • Big Black Dog

L’album è disponibile in cd ma anche in fomato vinile 180g, sicuramente più oneroso, ma da non sottovalutare visto che include anche il cd stesso.

Salvatore Pagano

Motorpsycho - Here Be Monsters