Secondo album del quintetto di Ekilstuna realizzato a poco più di un anno di distanza dal precedente “album di debutto”, Entropia (che verrà pubblicato in Europa solo successivamente, negli ultimi mesi del 1999).In seguito alla dipartita di Daniel Magdic (chitarra solista in Entropia) si ha l’ingresso fra le file del gruppo di Johan Hallgren; all’inizio appare unicamente come “session-man” per la registrazione in studio dell’album, poi date le sue capacità (e forse, per premiare anche il sovrumano sforzo da lui compiuto per imparare ed eseguire correttamente le numerose e complesse parti di chitarra), è stato accolto in modo definitivo nel gruppo (il suo “contributo compositivo” si vedrà solamente dal successivo album). Le canzoni scritte nell’arco di quasi due anni, sono molto più “coerenti” di quanto lo siano quelle presenti in Entropia (in un certo senso più “schizofrenico”). Questo è comprensibile: Entropia è stato realizzato raccogliendo canzoni scritte nell’arco di svariati anni e concepite (almeno in una fase iniziale) senza l’obiettivo di essere incluse in un unico album. Le canzoni presenti in One Hour By The Concrete Lake invece, sono state scritte in funzione di un unico “concept”.Le tematiche trattate nell’album sono molteplici e riguardano fra le altre, la siccità, l’inquinamento ambientale e lo sfruttamento degli Indiani nativi d’America; argomenti di un certo spessore che conferiscono all’album una considerevole drammaticità, senza mai scadere nello “scontato”. Daniel Gildenlöw dà il meglio di sè dal punto di vista compositivo, lirico e soprattutto vocale. Punto di forza dell’album è senza dubbio rappresentato dalle sue armonizzazioni vocali. Dotato di talento e stile, è un cantante decisamente “emozionale” e molto “versatile”.Non mancano i preziosissimi tecnici di tipica fattura “progressive” (si faccia riferimento, ad esempio, al “riff” principale di Handful Of Nothing o a Inside Out) che comunque non sono mai abusati ed invadenti. Per quanto riguarda gli assoli poi, si percepisce molto distintamente il sapore “thrash” del contributo di Magdic.Il missaggio è di buona fattura, anche se soprattutto al primo ascolto le melodie potrebbero risultare poco “amalgamate”; probabilmente questo è dovuto al fatto che il basso si rivela a tratti poco presente, mancando così di fornire un opportuno “tappeto ritmico” alle chitarre. Come spesso avviene, si tratta di un album difficilmente apprezzabile appieno fin dal primo ascolto. Vale sicuramente la pena però investire parte del proprio tempo per assimilarlo, arricchendosi interiormente dall’esperienza e incuriosendosi al punto tale di voler saperne di più sulle tematiche che stanno dietro al “concept”.
Casa discografica: Inside Out Music
Anno: 1999
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