Trenta minuti circa di puro divertimento, musica di chi vuole divertire divertendosi. Dopo il provante e deprimente parto del secondo album Pinkerton (1997: un “flop” a livello di vendite ma osannato dalla critica), gli Weezer ritrovano la grinta genuina per tornare alla ribalta con l’ottimismo di chi è deciso a scacciare gli spettri di un insuccesso. Sotto la guida carismatica del cantante – chitarrista – compositore Rivers Cuomo (personaggio paranoico del college-rock americano) il quartetto di Los Angeles ritorna sulla scena “mainstream” presentando un breve ma brillante lavoro composto da 10 brani, lontani dalle atmosfere fosche ed introspettive del precedente lavoro. Finalmente tornano ad essere estroversi. Ritornano ad i familiari ritornelli vagamente surf ed essenzialmente punk-rock, a metà strada tra i Kiss e i Pixies, una sintesi di post-punk e pop che li ha caratterizzati fin dagli esordi. Weezer è il ritorno alle origini: è il consolidamento di un background sonoro che è nel DNA di ogni componente del gruppo. Green Album lo battezzano i fans, Weezer 2001 scrivono i giornali; il booklet è spoglio, la copertina ritrae semplicemente la band su uno sfondo verde chiaro e non più azzurro, come quello sulla cover del loro omonimo primo disco. E’ forse questo un segnale di speranza? La chiara risposta artistica di Cuomo ad un mondo musicale che probabilmente non era più interessato a capirlo? O forse nostalgia del successo? (Ricordiamo tutti Buddy Holly e il suo video-tormentone ambientato sulle scene di “Happy Days”) Chissà, forse un pizzico di ognuna di queste cose. Al di là di tutto Green è un buon disco: scorre veloce e malizioso, ma finisce troppo presto. Molto divertente Photograph; un gioiellino Island In The Sun. Certi brani spingerebbero a suonare college-rock per tutta la vita.
Casa discografica: Uni / Geffen
Anno: 2001
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