Un vero Rocker non può non conoscere i Saxon, e mi spiace per chi non li ha avuti come ispirazione nel proprio curriculum vitae emotivo, quello ripiegato nell’angolo del proprio cuore zozzo e rockeggiante, mistico e vibrante, la vostra discoteca nella stanza delle aorte…
I saxon fanno parte di quella che io definisco la ‘fourth wave’ del Rock, la prima furono i classici, la seconda la pazza asteroide illuminatrice di fine sessanta, seguì il glam/prog dei primi settanta e arrivando alla quarta fase, quel Punk ed Heavy Metal che prese a sberle gli anni ottanta, partendo dalle viscere del marasma musicale e sociale di metà anni settanta, dove i tempi del fare l’amore e la pace e tutte e due insieme, stava scemando e crisi economiche stavano sostituendo, con i mai mentitori numeri, la poesia della generazione figli dei fiori o di filo-dionisiaca…
In quel quinquennio dal ’76 all’81 si udirono due prorompenti tuoni provenire dall’Inghilterra e dalla grande mela New York, senza dimenticare il grande capezzolo, come la definì Bertolucci, Hollywood, ossia Los Angeles, dove l’Heavy Metal ebbe un’evoluzione simile ma diversa, come gli uccelli delle Galapagos.
Ma restando nel Regno Unito, a Barnsley, nei pressi di Sheffield, dove dei ragazzi misero insieme, un progetto fondando due Band, i ‘Son of a Bitch’ (Figlio di… NdA) e i Coast. Progetto che aprì cuore ed infiacchì muscoli di tanti giovani rockettari nel mondo.
I Saxon, quindi, un quintetto che elaborava pezzi di non comune fattura, con evoluzioni chitarristiche fini e toccanti, con del pathos fra batteria e chitarra, una certa e voluta complicità, come fosse uno scherzoso duello di gruppo fra romantici spadaccini.
Le strutture delle loro canzoni richiamano interesse e danno piacere all’ascoltatore che le cavalca ricevendo ‘frustino e carezze’, anziché darle, com’è solito fare un fantino deciso.
Non la solita Hard & Heavy & Metal & Rock Band.
Qui con noi oggi uno dei fondatori e rifondatore. La E congiunzione, inoltre anche perché ancora innamorato ed affascinato al contempo, della propria musica e di quello che erano e che sono, seppur in maniera frastagliata, i Saxon oggi.
Graham Oliver, in arte chitarrista.
Ciao Graham, benvenuto nel mio angolo, dove è mia intenzione e cura creare un’atmosfera filosoficamente bohémien da trasmettere ai nostri lettori, in cui è possibile percepire la passione che voi musicisti avete nel dedicarvi alla vostra professione…
Secondo te, com’è essere un musicista oggi, negli anni in cui l’efficienza, la velocità e le capacità di vendita sono analizzate freddamente da tutti gli operatori della “catena”, (dal proprietario del club, dalla casa discografica, dai tecnici del suono, dal pubblico) e anche aggravato dalle aspettative di “essere perfetto” o dall’atteggiamento di “devi essere il meglio del meglio o non sei niente!”
L’artista crea il proprio prodotto così … negli ultimi anni l’artista ha promosso la propria arte e dettato i gusti, ma ora i gusti dettano l’aspetto del prodotto: per riassumere, come vivi oggi come musicista e cosa significa essere musicista oggi?
Ciao Dario, essere musicista oggi dopo così tanti anni è molto soddisfacente anche per essere stato chiamato da Lemmy per il documentario Saxon, poiché essere il musicista nei Saxon è stato molto piacevole, ma l’industria è cambiata fuori da ogni riconoscimento a volte buono e talvolta cattivo e per raggiungere il successo è altrettanto difficile in altri modi, per i giovani suonatori di oggi, come lo era ai nostri giorni.
Con Steve Dawson nel 1976 hai fondato una band chiamata Son of a Bitch che diventerà Saxon dopo un paio di mesi, puoi raccontarci un po’ di quel periodo, la tua band nata quando è iniziato il movimento Punk ma continua ad essere una band Hard Rock… una delle band più influenti degli Heavy Metal negli anni ottanta … è giusto?
Eravamo SOB e avevamo bisogno di un cantante e chitarrista perché i nostri erano partiti, quindi abbiamo fatto il provino a Biff perché era un buon cantante ed era con Paul Quinn, quindi la situazione è andata a posto, ma il Punk era di gran moda quindi abbiamo cambiato nome in Son Of A Bitch dopo un concerto a supporto dei The Clash.
Avevamo l’energia e le migliori capacità per suonare, ma la nostra immagine non era in alcun modo punk, più come i Black Sabbath, e abbiamo continuato a influenzare band come i Metallica etc…
Nel 1995 hai rifondato Son of a Bitch con Dawson e Pete Gill, realizzando un album … che tipo di riunione era? Ti è piaciuto che i sentimenti fossero insieme?
Abbiamo rivisitato il nome nel 1995/6 per fare in modo che il CD Victim You riuscisse e Pete Gill si unì per suonare la batteria. Ritengo che l’album sia davvero un album Saxon ed è davvero un must per tutti gli amanti dell’Heavy Metal ma è uscito quando il grunge era molto popolare, un po’ presto, ma era solo una parte del progetto con qualche concerto dal vivo, perché Ted Bullet, alla voce, aveva impegni negli Stati Uniti.
Quindi hai realizzato il progetto Oliver/Dawson Saxon, una cosa positiva non è vero?
Volevamo suonare dal vivo e i promotori ci avrebbero prenotato solo con Saxon nel nostro nome, per la pubblicità e avevamo bisogno di suonare e sentivamo anche nostro il diritto di poter usare un nome che abbiamo fondato e posseduto per 1/5 ciascuno.
Che cosa andò storto nei Saxon, una band così fantastica, è finita in problemi fra i membri, principalmente per opinioni sonore diverse…
Ciò che è andato storto nei Saxon è stato un tedesco coinvolto nelle finanze, e diciamo, non tanto contento della mia richiesta di apertura e responsabilità perché stavamo pagando da anni il 50% di tasse sulla riunificazione, ma abbiamo scoperto che era solo il 16% e sembra che anche qualcun altro sia coinvolto e non volesse esporsi, questo è tutto quello che posso dire, mentre stavo per esporre il tutto era a Natale ed il mio ultimo concerto è stato in gennaio 1995 e così sono stato messo a tacere.
“End of an Era” è il tuo album solista unico, l’hai pubblicato nel 2001… puoi dirci di più su questo lavoro e perché lo chiami “End of an Era”?
Il mio album solista l’ho chiamato End Of an Era, mentre gli eroi della chitarra stavano scomparendo con Slash, l’ultimo di una razza e Internet che mostrava molti grandi musicisti e toglieva la mistica dalla chitarra com’era, ed era un mix di stili che era diverso dallo stile che facevo normalmente quando scrivevo i riff per ‘Wheels of Steel’, ‘Power and Glory’, ‘Dallas 1 PM’, ‘Denim Leather’ e molti altri classici Saxon.
Nel 2006 hai formato i Tempest in cui milita anche tuo figlio Paul. Com’è stato mettere su quel progetto e il rapporto fra padre e figlio?
Ho fatto una sessione con il progetto Tempest, come una pistola a noleggio (hired gun) e un paio di concerti, non è mai stata una band per davvero. È stato fantastico lavorare con mio figlio che è stato un tecnico di Nigel (Glockler, Saxon) per 8 anni ed è anche un grande fan di Pete Gill.
Abbiamo avuto le migliori versioni delle canzoni con i rispettivi batteristi, come Hungry Years che era così autentica e Power And The Glory per esempio, ma al momento Paul si è ritirato per impegni personali e abbiamo Kyle Hughes della band Bumblefoot & Marco Mendoza.
È impossibile per un vero rocker non amare i tuoi riff d’acciaio, Dallas 1 PM è un inno di una generazione Rock… come creasti questa canzone?
Dallas è stata scritta con Pete Gill mentre suonava la batteria a ritmo, mentre si stava scaldando, ho sentito questo ritmo e ho suonato il riff di introduzione, quindi Pete è stato determinante nella sua nascita, Steve Dawson si è unito a noi due nella stanza e ha iniziato a pompare il LA al basso, molto più tardi gli altri membri della band si unirono al pezzo.
Quinn scrivendo la chitarra pre-solista e il riff contro-melodico e tutta la band arrangiò il pezzo in quella che divenne la canzone finita, come facevamo per tutte le canzoni dei Saxon.
Che tipo di studi musicali hai fatto?
Non ho studiato musica, sono autodidatta dopo aver visto Hendrix, Rolling Stones e Zeppelin.
Quali chitarre hai suonato negli anni?
Suono Gibson, Fender e Fernandes, e al momento suono una Vintage V6 gialla.
Quali sono state le tue ispirazioni musicali? chi ti ha influenzato?
La mia ispirazione è stata prima Steve Winwood, Hendrix poi tutti i grandi musicisti e son stato fortunato ad incontrare e suonare con persone nel corso degli anni come Randy Rhodes, Ritchie Blackmore e Uli Jon Roth ecc.
Qual è stata la chiave di volta della tua carriera?
La chiave di volta della mia carriera è stata dopo un incidente nel 1976, ho perso parte di un dito come Iommi (Tony, Black Sabbath NdA), mi è stato detto che non avrei mai più suonato e tre anni dopo ero a Pop of the Pops a suonare un assolo in Wheels of Steel, e suonare un assolo in Nightmare a San Remo TV (ospiti nel 1983 a San Remo Rock NdA), per andare ancora indietro…
La tua forza di volontà è ferrea… quanto ha influito la tua disabilità nel suonare, per un chitarrista le dita sono tutto…
Ho perso quasi un pollice di lunghezza (2,54 cm) del mio dito medio e quando facemmo delle date dell’Heaven & Hell Tour dei Sabbath negli Stati Uniti ero seduto con Tony Iommi provando le sue protesi ma non calzarono bene perché lui ha perso solo la punta delle dita, io di più. Ho avuto incoraggiamenti da Ritche Blackmore e Bernie Mardsen quando eravamo in tour con i Rainbow e altri show con i Whitesnake, i quali mi dissero che non notarono la mia disabilità.
Questo è davvero lodevole. Ti esibirai in Italia quest’anno?
Come ODSAXON siamo appena tornati dall’essere stati headliners in Giappone e continuiamo a suonare. Speriamo di suonare in Italia nel 2020 e andremo dove la musica ci porta, suoniamo con il cuore i classici che abbiamo scritto. Ciao Mille Grazie Saxon ODS FANS.
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