Il batterista inglese Steve Ferrone, già al servizo di Eric Clapton, Chaka Khan, Tom Petty e altri big, è in questi giorni in tour nel nostro Paese con la Dire Straits Legacy Band.
Anita Baker, George Benson, i Duran Duran, Alan Parsons, Bryan Ferry, Slash e Whitney Houston sono alcuni degli altri cantanti e gruppi cui ha prestato il suo leggendario e potente groove, senza dimenticare i nostri Pooh e ancor prima la mitica Average White Band.
Se questi e altri pesi massimi della musica mondiale si sono rivolti a lui, evidentemente il musicista inglese, nato a Brighton nell’aprile 1950, Ferrone deve avere le carte in regola per giocare al tavolo dei grandi. Merito di una innegabile musicalità e di quel profondo senso del groove per cui è conosciuto a livello planetario.
Nel 2011 Steve ha iniziato a suonare più o meno occasionalmente con alcuni vecchi amici quali Alan Clarke e Phill Palmer, già membri dei Dire Straits, in una band chiamata The Straits.
Qualche anno fa la formazione, ribattezzata Dire Straits Legacy, è stata profondamente riformata e di recente ha accolto al basso mr. Trevor Horn, uno dei più rinomati produttori della sua generazione e una vera leggenda dell’industria musicale (storiche le sue collaborazioni con gli Yes e i Buggles di “Video Killed the Radio Star”); oltre a Clark e Palmer militano ora anche Danny Cummings (percussioni e cori) e gli italiani Marco Caviglia (voce e chitarra) e Primiano DiBiase (tastiere).
Nel corso delle tappe italiane del tour europeo dei Dire Straist Legacy (stasera 21 novembre al teatro Geox di Padova, il 23 al Gran Teatro Morato di Brescia, il 24 alla Obihall di Firenze, il 27 al Teatro Metropolitan di Catania, il 29 al Teatro Team di Bari, il 3 dicembre al Teatro Sistina di Roma e il 5 dicembre all’Europauditorium di Bologna), abbiamo avuto la possibilità di rivolgere qualche domanda al grande batterista inglese. Buona lettura
Per prima cosa, benvenuto su MusicOff: è per il sottoscritto un vero piacere poter rivolgere qualche domanda a uno dei migliori batteristi in circolazione…
Grazie, cercherò di essere all’altezza di una simile presentazione.
Che tipo di rapporto avevi con la musica dei Dire Straits prima di unirti alla DS Legacy Band?
Avevo ascoltato le loro hit solo alla radio e su MTV, finché non sono andato a vederli dal vivo a Wembley. E quello fu uno spettacolo davvero impressionante!
Cosa ti colpisce maggiormente nel drumming di Pick Whiters (lo storico batterista della band, NdA)?
Il fatto che quando suona sembra davvero entusiasta di farlo. C’è un senso di libertà che viene fuori dal suo modo di suonare. Quelli in cui suona sono davvero dei grandi dischi.
C’è qualche canzone in particolare nel repertorio dei DSL in cui pensi di aver aggiunto un qualcosa di personale, da un punto di vista batteristico?
Tutte le canzoni. I Dire Straits non sono mai stati troppo famosi per il loro groove. Credo che il mio modo di suonare ha aggiunto un po’ di questo elemento nella loro musica. Le canzoni non sono difficili da suonare, ma ci sono degli arrangiamenti ben precisi, una situazione interessante.
Che puoi dirci dei due italiani della band, il tastierista Primiano De Biase e il chitarrista e cantante Marco Caviglia?
Primiano è una persona fantastica. Il suo compito è difficile, perché Clarkie (Alan Clark, stoico tastierista della band, NdA) ha elaborato delle parti di piano e tastiera davvero profonde. Primiano fa davvero un gran lavoro nel suonare le sue parti: ed è davvero una delle persone che preferisco. Quanto a Marco, lui ha sicuramente il lavoro più difficile da fare sul palco. Le sue linee vocali e quelle di chitarra saranno sempre analizzate al microscopio, finché suonerà la musica degli Straits, perché dopo tutto lui impersona (Mark) Knopfler. Lui questa cosa la fa con comunque con autorità e senso di rispetto. Marco ha peraltro fatto un gran bel lavoro anche quando ha cantato dei brani originali sull’album dei Legacy.
Parlando di musicisti italiani, non posso esimermi dal chiederti qualcosa a proposito della tua esperienza passata con i Pooh, di gran lunga la pop band più longeva e famosa del nostro Paese. Pro e contro di quella collaborazione?
I Pooh resteranno per sempre vicini al mio cuore. Sono onorato e grato che mi abbiano chiesto di suonare con loro. Anche per me è stata una sfida sedermi sullo sgabello lasciato libero da Stefano (D’Orazio, NdA). Siamo ancora grandi amici e ci vediamo quando passo dall’Italia. Suonare la loro musica e ascoltare quelle parti vocali eccezionali era ogni sera un’emozione enorme. Solo ‘pro’ e nessun ‘contro’ in questo caso!
Hai avuto modo di conoscere Filippo Mersa, ossia Phil Mer? Si è unito ai Pooh dopo che sei andato via…
Sì, l’ho conosciuto, lui è davvero un ottimo, giovane batterista.
Che tipo di strumenti utilizzi in questo tour con la DSL Band?
La batteria è una Gretsch modello Brooklyn. I piatti sono Sabian, hardware DW, pelli Remo e bacchette Promark.
Niente elettronica?
Niente elettronica
L’elenco degli artisti con i quali hai collaborato a partire dalla metà degli anni ’70 è davvero incredibile. Quali sono le cose più importanti da fare – o da evitare – per suonare con simili artisti?
Non fare cazzate!
Quali batteristi ti hanno maggiormente influenzato a inizio carriera?
(Max) Roach, Ringo (Starr), (Art) Blakey, Elvin (Jones), (Jack) DeJohnette, Charlie (Watts), Sam Woodyard (batterista di Duke Ellington). Jabo (Stark), Clyde (Stubblefield), (John) Bonham, Steve Bohannon, Dede Ciccarelli, Boogaloo Smith, Jeff Porcaro.
E oggi? Che tipo di drumming cattura la tua attenzione?
Un drumming che colpisca le mie orecchie e faccia sì che io mi chieda: “Chi sta suonando?”. O quello per cui posso indovinare chi sta suonando…
Perché hai scelto proprio la batteria per esprimere la tua personalità?
Per via delle ragazze!
Qualche suggerimento per i battersti italiani che stanno leggendo le tue parole?
State in campana con quelle ragazze!!!
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