Per 14 anni al fianco di Elvis, ha inciso classici del repertorio di Presley quali “Hound Dog”, “Hearthbreake Hotel”, “Jailhouse Rock”, “I’ve Got A Woman”, “Don’t Be Cruel”, “Blue Suede Shoes”…
Lo scorso 13 giugno è scomparso a 87 anni Dominic Joseph “D.J” Fontana, pioniere del Rock’n’Roll alla batteria e a lungo compagno di concerti e incisioni (oltre 450 per la RCA) di Elvis Presley.
C’era Fontana in televisione al fianco del re del Rock & Roll sia nella sua clamorosa apparizione all’Ed Sullivan Show del 1956 sia nel leggendario Comeback Special del 1968. Nel 2009 D.J era stato inserito nella Rock and Roll Hall of Fame. La notizia della scomparsa è stata data su Facebook dal figlio David, che ha raccontato come il padre sia morto nel sonno e senza soffrire.
Fontana era nato il 15 marzo 1931 a Shreveport, in Louisiana, e aveva cominciato a maneggiare le bacchette durante le scuole superiori, dapprima militando in marching band ed ensemble classici. Avvicinatosi al drum set anche grazie a un suo cugino batterista, ebbe il suo primo strumento (una Slingerland) in regalo dai suoi genitori intorno ai 15 anni e dall’anno successivo iniziò a esibirsi professionalmente in uno strip club, accompagnando cabarettisti, comici e spogliarelliste.
Quanto ai suoi batteristi di riferimento, nel capitolo-intervista dedicatogli da Max Weinberg nel libro The Big Beat (Contemporary Book, 1984), Fontana ricorda alcuni specialisti di Big Band quali Sonny Igoe, Shelly Manne e soprattutto il suo favorito, Don Lamond. Divenuto il batterista fisso nel popolare spettacolo radiofonico – e poi televisivo – Louisiana Hayride, Fontana conobbe proprio in occasione di una trasmissione radio nell’ottobre 1954 Elvis Presley e si aggiunse alla sua band (completata dal bassista Bill Black e dal chitarrista Scotty Moore, i Blue Moon Boys) l’anno successivo.
Dopo che Elvis ebbe abbandonato la Sun Records per la RCA ebbe inizio una serie di registrazioni per la RCA in quel di Nashville, in una vecchia chiesa abbandonata. Lo stile semplice ma efficacissimo di Fontana ebbe così modo di venire fissato per sempre in una teoria di fortunatissime incisioni in cui lo swing ereditato dalle amate big band si coniugava in maniera molto quieta con il primo rockabilly.
Il beat di base era costituito da “uno shuffle a ottavi puntati, con un po’ di backbeat. E nessun fill“. D’altra parte la presenza di una batteria in uno studio d’incisione per il nascente rock’n’roll costituiva già di per sé all’epoca una novità…
Per i successivi 14 anni D.J. sarebbe rimasto al fianco di Elvis dal vivo, in sala d’incisione e sul set di divere pellicole cinematografiche, tra cui Jailhouse Rock e G.I. Blues (conosciuto anche come Cafè Europa).
Per un breve periodo, in coincidenza con il servizio militare del leader, D.J. tornò a Shreveport e iniziò a suonare con Gene Vincent & the Blue Caps. Con il ritorno di Elvis sulle scene nel 1960, la band di supporto si ampliò con l’inclusione di un altro batterista, Buddy Harmon, in uno dei primi esempi di double drumming nella storia del rock (“Ci dicevamo cose tipo: Buddy, su questa io suono il ritmo e tu ti occupi dei fill, o viceversa. Se lui suonava sul ride, allora io restavo sullo hi.hat. Cercavamo di mescolarci…).
Nella seconda metà degli anni Sessanta, più o meno mentre Presley interrompeva per la prima volta la sua straordinaria carriera, Fontana si stabilì a Nashville, divenendo protagonista della scena discografica locale. Da allora avrebbe suonato e inciso con una lunga lista di star del rock e del country, dagli ex Beatles Ringo Starr e Paul McCartney a Charley Pride, da Jerry Lee Lewis a Dolly Parton e Roy Orbison. Da ricordare nel 1997 la sua reunion con Moore per registrare All the King’s Men, tributo a Elvis con ospiti davvero speciali quali Keith Richards, Levon Helm, Steve Earle, Cheap Trick, Ron Wood e Jeff Beck.
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