Tra le novità che Gibson ha deciso di tirare fuori dal cilindro quest’anno, attraverso la produzione di altissimo livello frutto del Gibson Custom, c’è anche un ritorno di stile agli anni ’80: lo fa con la Gibson Les Paul Axcess Custom, insomma, quella LP col Floyd Rose, amata o odiata da sempre senza alcuna via di mezzo.
Non si esce vivi dagli anni ’80, cantava una nota rock band italiana (per ben altri motivi ovviamente), e a giudicare dall’operazione nostalgia che viene portata avanti da un po’ di tempo (serie tv, moda, musica e chi più ne ha più ne metta) Gibson ha pensato bene di affondarci mani e piedi e pure tutto il resto.
Basti guardare alle colorazioni di queste chitarre: siete pronti a fondare una tribute band dei Twisted Sister o dei Poison? Perché sul discorso estetico con queste siete decisamente a posto! E non è un commento negativo, anzi, se una cosa bisogna farla, allora meglio farla bene!
E allora che tornino gli anni dell’hair metal e della gomma del ponte in tutto e per tutto!
Le nuove Axcess Custom offrono ovviamente il Floyd Rose come caratteristica distintiva. Da sempre l’applicazione di questo ponte ha destato più di una perplessità negli amanti delle classiche forme Les Paul, ma d’altronde risolve quella “mancanza” che tanti appassionati del suono Gibson dalle prospettive più “moderne” hanno sempre sentito sullo strumento (e ovviamente l’eventuale ponte Bigsby non poteva ovviare a certe pretese).
Il resto della chitarra è in pratica un modello Custom e monta due pickup dal suono piuttosto incisivo quali il 496R al manico e il 498T al ponte. Entrambi i pickup sono splittabili, cosa del resto che ci si aspetta da uno strumento che punta alla versatilità pressoché totale.
Il costo dell’oggettino non scherza per niente: 4899 dollari di listino, ma del resto siamo in presenza del Gibson Custom, cioé l’eccellenza costruttiva dello storico marchio, nel cui ambito questo si può definire (se si è dotati di sangue freddo…) un prezzo “medio”.
Scelta giusta?
Una delle critiche più forti che viene portata a Gibson è spesso di perdersi in serie tutto sommato di non grande diffusione e apprezzamento, fino a veri e propri esperimenti un po’ imbarazzanti.
D’altronde, sarebbe sbagliato per qualsiasi azienda fossilizzarsi su pochi storici modelli e non pensare anche alle “nicchie” di musicisti, a quelli che magari hanno l’ardire di pensarla diversamente dagli altri.
Il tutto va comunque contestualizzato in anni in cui Gibson certo non naviga in acque felicissime. Il forte debito che pesa sull’azienda, l’abbassamento del rating sui mercati finanziari e l’annuncio recente della chiusura della storica fabbrica di Memphis (in realtà un ridimensionamento in altra zona della città).
Chiedersi se queste sono le mosse giuste per assicurare alla storia del brand una continuità nel futuro a lungo termine, ci sembra lecito.
A voi la parola Musicoffili!
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