La chitarra baritona è una zona di grande interesse e da alcuni ingiustamente sottovalutata: l’album Baritune di Filippo Cosentino ne è una buona dimostrazione.
Piemontese con dichiarate e fiere origini meridionali, Cosentino vanta una valida esperienza fondata sulla laurea in chitarra jazz conseguita al Conservatorio di musica G.B. Martini di Bologna e consolidata negli anni a venire nel mondo della musica live e in studio, nonchè con importanti esperienze nella didattica e nello spettacolo.
Da qualche tempo tra gli interessi principali dell’artista ricade per l’appunto la chitarra baritona, sulla quale ha tra le altre cose realizzato un metodo didattico pubblicato da Volontè & Co. nel quale affronta le tematiche principali relative a questa tipologia di strumento nelle versioni classica, elettrica e acustica.
A coronare l’ambizioso percorso è poi arrivato l’album in oggetto, adeguatamente intitolato Baritune per via della centralità che la chitarra baritona vi riveste.
Nell’ascoltare il disco è necessario prepararsi a un tema fondamentale: quello del viaggio. Composto di brani originali e di re-interpretazioni, Baritune è il risultato di influenze trasversali tanto tra i generi musicali quanto derivanti da diversi luoghi del mondo che hanno caratterizzato la genesi di alcuni brani.
È il caso dei “Fields of wheat” dell’Italia tutta, ma anche dell’omaggio a una pietra miliare della letteratura americana (ovvero il J.D. Salinger de “Il giovane Holden”) racchiuso in “Old boy“, fino ad arrivare a “CDMX“, concepita pensando alle atmosfere di Città del Messico e diventata una delle canzoni più variegate dell’album.
La chitarra acustica (baritona, ovviamente) la fa da padrona per tutto il disco, con l’occasionale ma non per questo trascurabile comparsa della chitarra elettrica, come nella traccia solista della riarrangiata “Family“.
Non mancano poi gli omaggi eccellenti: “One Quiet Night” è un’interpretazione (in differente accordatura) dell’omonimo, meraviglioso brano di Pat Metheny, mentre è Jazz standard in “Beautiful love” di Victor Young nella versione di Bill Evans; notevole anche la resa di “Estate“, un classico italiano anni ’60 scritto e interpretato da Bruno Martino.
In conclusione, Baritune è un album nel quale l’intrigante mezzo della chitarra baritona viene pienamente messo al servizio del contenuto artistico e dell’espressività del chitarrista, e pertanto l’ascolto è consigliato anche a chi non è un appassionato del mondo della seicorde.
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