Quanti di voi si trovano a dover decidere su quali frequenze lavorare? In registrazione, missaggio e mastering, ci si trova di fronte a tale dilemma, per non andare a tentoni propongo una panoramica dello spettro sonoro per meglio orientarci.
Partiamo da una serie di principi di base. Lo spettro udibile genericamente è definito nella gamma che va dai 20 Hz (venti cicli per secondo) ai 20000 Hz (20kHz, ventimila cicli per secondo).
Sappiamo anche che i suoni degli strumenti musicali e della voce hanno una componente definita “fondamentale” che definisce l’altezza della nota musicale (la frequenza in Hz) e tutta una serie di armoniche che sono alla base del “timbro” che contraddistingue la voce o lo strumento.
L‘ampiezza (il volume) e l’andamento temporale di ogni singolo armonico in relazione alla fondamentale rende caratteristico quel suono e lo rende distinto dagli altri.
Quindi una buona comprensione di come sono distribuite le fondamentali e le armoniche non può che migliorare la nostra capacità di migliorare la qualità del suono registrato e riprodotto.
Ad esempio, possiamo analizzare il suono del pianoforte acustico e scoprire che i suoi 88 tasti producono fondamentali che vanno da 27,5 Hz (il la basso) a 4185,6 (il do acuto). Quindi possiamo comprendere che se il pianoforte, che ha una delle estensioni più ampie tra gli strumenti acustici, non ha fondamentali superiori ai 4200 Hz, tutto lo spettro delle fondamentali non supera di fatto il 5000 Hz. Il resto, evidentemente, sono armonici.
Provate voi stessi a scoprire le fondamentali di chitarra, basso elettrico e della voce.
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La mia proposta è di cominciare a dividere il nostro spettro sonoro in quattro parti così da essere in grado di collocare i suoni nello spazio delle frequenze.
La divisione per me può essere la seguente:
1. Basse (da 20 Hz a 250 Hz)
2. Medio basse (da 250 Hz a 1000 Hz)
3. Medio alte (da 1000 Hz a 5000 Hz)
4. Alte (da 5000 Hz a 20000 Hz)
Appare chiaro da questo schema che le fondamentali degli strumenti acustici occupano solo le prime tre zone di frequenza e che l’ultima zona (le alte) vede solo “armoniche” al suo interno.
Proviamo, all’interno di queste divisioni più ampie, ad andare nel dettaglio e circoscrivere ancora di più i suoni.
Zona delle basse
Da 20 a 35 Hz: queste frequenze, generalmente definite “infrabasse”, partecipano poco alla formazione dei suoni ed è vivamente sconsigliato di manipolare attivamente questa zona che in moltissimi casi non è ben riprodotta dalla maggior parte dei sistemi di ascolto e monitoraggio. In questa zona ci troverete anche il rombo dell’aria condizionata a bassa velocità. Nei dischi in vinile non ci sono praticamente informazioni in questa gamma di frequenze. Il digitale ci ha regalato la possibilità di avere una fedeltà notevole in questa zona. Buon senso consiglia di utilizzare un hi-pass filter in tutte le registrazioni che non hanno fondamentali in quel “range”.
Da 35 a 65 Hz: queste frequenze hanno un suono caratteristico molto risonante e poco definito all’orecchio. Non vengono ben riprodotte da altoparlanti con woofer di piccole dimensioni. È quindi importante trovare il modo di bilanciarle bene per non accentuare in modo innaturale la loro riproduzione sugi altoparlanti.
Sono importanti per avere un suono “potente”, ma se in eccesso possono oscurare il resto dello spettro.
Da 65 a 250 Hz: con un ipotetico centro a 100 Hz, queste frequenze sono facilmente riproducibili nelle tipiche casse “bookshelf”. Hanno una definizione più netta delle precedenti, sono incisive e “punchy”. Come tutte le frequenze basse non sono direzionali, anche se decisamente più a fuoco dei sub-bassi.
Zona delle medio-basse
250 Hz: possiamo associare il suono di queste frequenze al woofer, lo speaker deputato alla riproduzione delle basse frequenze. In questa zona troviamo le fondamentali di tanti strumenti acustici e quindi è critico gestire bene questo range. Troppo di questa frequenza tende a rendere il suono confuso. Troppo poco e avremo l’impressione di un suono poco robusto.
È facilmente riproducibile anche in speaker piccoli.
500 Hz: Questa può essere considerata il centro delle medio-basse. Troppo di questa frequenza e avremo un suono “inscatolato”. Specialmente nei “live” è in questa zona che ci sono i maggiori problemi. È bene verificare e dosare bene questa parte di frequenze.
700 Hz: Avvicinandoci al punto di passaggio della gamma, troviamo questa frequenza, che ha in qualche modo le stesse qualità e i difetti dei 500 Hz ma può anche essere utile per impartire un senso di presenza al suono in certe condizioni. I modelli più recenti di un blasonato marchio inglese di mixer da studio tendono ad abbondare in questo range. Anche un sistema di monitoraggio meno definito ci porterà a lavorare eccessivamente in questa gamma.
Zona delle medio-alte
1000-1500 Hz: se cercate la presenza, qui ne troverete in abbondanza. Ma se eccedete in questo range otterrete un fastidioso effetto “scatola”. Da maneggiare con cura.
2200 Hz: l’orecchio umano è particolarmente sensibile in questa zona, forse perché è la frequenza del pianto del neonato. Un eccesso in questa frequenza e il suono diventa aspro. Un tocco di 2200 Hz può dare personalità alla voce. Ma con parsimonia.
Da 3000 a 4000 Hz: Queste sono le vere frequenze della “presenza”. Manipolare questo range può accrescere o decrescere la definizione degli strumenti, in special modo la voce. Provate a dare 0,5 dB alle voci e a tagliare di 0,5 dB tutto il resto per migliorare in modo semplice la definizione del canto.
EQ Pultec con equalizzazione a 5kHz
Zona delle alte
5000 Hz: anche questa è una frequenza capace di incidere in maniera netta sulla presenza della voce. Provate a dare anche solo 1 dB a 5000 Hz con il Q a 7 con un EQ Pultec per capirne la importanza.
Da 6000 a 9000 Hz: attenzione all’eccesso di questo range, può rendere praticamente inascoltabile qualsiasi cosa. E aumentare le “s” nel cantato.
10000 Hz: se cercate le “alte” qui le troverete. Una frequenza importante per rinforzare le armoniche e quindi il timbro degli strumenti. È in questa zona che spesso i microfoni esprimono la loro personalità.
15000 Hz: non tutti gli EQ sono in grado di darci delle alte “musicali” in questo range, ma con il giusto strumento si possono ottenere interessanti effetti specialmente sulla naturalezza del suono. Purtroppo spesso le registrazioni in questo range esibiscono spurie e artefatti che non sempre vale la pena di esporre.
Da 16000 a 20000 Hz: non tutti sono in grado di udire queste frequenza, il più delle volte non sono in grado di distinguerle. Un’eccessiva quantità produce rumore di fondo. Un uso giudizioso di questa gamma può conferire una sensazione di “aria” al suono di alcuni strumenti e alla voce. Maneggiare con cura.
Un ultimo consiglio: prima di lanciarvi nella folle sperimentazione, passate un po’ di tempo a esplorare ogni singola frequenza esposta, in modo da imparare a riconoscerla. Già riuscire in questo intento vi donerà una consapevolezza utilissima nel lavoro con il suono registrato.
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