Al Schmitt, all’anagrafe Albert Harry Schmitt, è stato uno dei sound engineer e produttori più importanti di tutti i tempi, vero e proprio simbolo della Capitol Records di Los Angeles e non solo. La notizia della sua scomparsa ci arriva come un fulmine a ciel sereno a ingrigire questa già grigia e piovosa giornata.
Non si può spiegare in poche parole chi era Al Schmitt. Perché ci sono i fonici, i bravi fonici, i grandi fonici, i Maestri… e poi quelli come Al Schmitt. Se esiste un Olimpo della musica, lui ne è stato e ne sarà sempre una della “divinità”.
Più che un curriculum, un libro di storia
Badate, non stiamo affatto esagerando. Vincitore di 20 Grammy Awards e più di 150 tra dischi d’oro e di platino, il suo lavoro di fonico e produttore è stato dietro alcuni degli artisti e band più importanti di sempre: Steely Dan, George Benson, Toto, Quincy Jones, Neil Young, Jefferson Airplane, Frank Sinatra, Ray Charles, Thelonius Monk, Michael Jackson e tantissimi altri e… sì, anche “il Re”, Elvis Presley.
Non è un caso se nel 2014 Schmitt ha ricevuto una stella sulla Hollywood Walk of Fame, proprio come le grandi star del cinema. L’America lo riconosce come una delle persone che hanno letteralmente plasmato il “suono made in USA”.
Una vita nel bel suono
Al Schmitt era cresciuto in realtà esattamente dalla parte opposta rispetto a quella Los Angeles che lo ha visto protagonista, cioé a New York.
Alla sola età di 10 anni si trovò tra le mani il suo primo disco, un vecchio 78 giri di Jimmie Lunceford (“White Head”), un sassofonista jazz della ruggente era dello swing. Nasceva così il suo eterno amore per la musica, affrontato come meglio poteva visto che la famiglia era poverissima, tanto che lui stesso nei fine settimana lavorava presso un calzolaio riparando scarpe.
Pur tuttavia, fortuna voleva che uno zio avesse a quei tempi una sala di registrazione, la Harry Smith Recording, e sin da quella tenera età il piccolo Al prendeva ogni volta che poteva la metropolitana verso Manhattan per calarsi dentro il bellissimo mondo della registrazione.
Lo zio era inoltre un grande amico di Les Paul, proprio quello che dette nome alla famosa chitarra ma che in ambito audio inventò la registrazione multitraccia. Il buon Lester diventò per lui praticamente un secondo zio acquisito e caro amico per tutta la vita.
Trattandosi di uno dei primi studi indipendenti di tutta la costa est americana, Harry Smith (cambiò il cognome da Schmitt a Smith perché dopo la guerra i tedeschi non erano certo ben visti) si trovò a registrare campioni assoluti della musica come Bing Crosby e altre stelle dell’epoca.
Una volta cresciuto, Al dovette prestare il servizio militare presso la marina, ma subito dopo, a 19 anni, prese la palla al balzo per iniziare la sua carriera come fonico, presso gli Apex Recording Studios. Qui diventò l’assistente di Tom Dowd, colui che lo stesso Al ha sempre descritto come suo mentore, insieme allo zio.
Tom Dowd è stato un produttore discografico e fonico (le due cose sono sempre andate spesso a braccetto) che ha lavorato prima per la Atlantic, registrando Ray Charles, John Coltrane, Charlie Parker e altri artisti di tale caratura, e poi ha continuato la sua carriera dietro il banco mixer per Eric Clapton e i Cream, gli Allman Brothers, The Eagles, Otis Redding, Aretha Franklin, Mingus e chi più ne ha più ne metta…
Facile quindi immaginare cosa rappresentasse già all’epoca per il giovane Schmitt…
La fortuna aiuta gli audaci
Durante una “normale” giornata di lavoro, che Al pensava destinata a una semplice demo, il giovane assistente si ritrovò senza il mentore al suo fianco davanti alla consolle per registrare niente meno che Duke Ellington e la sua orchestra.
Le gambe tremavano e Schmitt provò più volte a dichiararsi “non qualificato”, ma rassicurato proprio da Ellington iniziò a registrare la big band.
Furono 4 ore (per tre canzoni) in cui si può dire che sbocciò del tutto il fiore del talento di Schmitt.
Siamo nel 1958 e Al prese la decisione di volare fino alla costa ovest, verso Los Angeles, dove iniziò a lavorare per Radio Recorders, sulla Santa Monica Boulevard di Hollywood.
Dopo alcuni anni passò alla RCA, un colosso mondiale della musica, dove ebbe il titolo di primo ingegnere assunto. È il periodo in cui mette mano ai dischi di Henry Mancini, Sam Cooke e molti altri, ma anche dischi classici come quello dello spettacolare trio Heifetz-Rubinstein-Piatigorsky.
Inoltre, Schmitt si trovò a lavorare spesso per il cinema, come ad esempio per il primo film di Elvis Presley (“G.I. Blues”) subito dopo il suo famoso e iper-pubblicizzato servizio militare.
L’indipendenza e la Capitol Records
A metà degli anni ’60, all’inizio della focosa “Summer of Love”, Schmitt si rese indipendente e iniziò a produrre band e artisti di particolare interesse. Di sicuro ci vide assai lungo, visto che parliamo di Jefferson Airplane, Jackson Brown, Neil Young e altri nomi di questo calibro.
Fino alla fine della sua carriera e adesso, purtroppo, della sua vita (ma possiamo dire che le due cose coincidano), il nome di Schmitt è stato associato alla famosa Capitol Records e ai suoi studi in quel ben noto grattacielo stondato da sempre oggetto di cartoline e foto ricordo.
Anche se ha compiuto registrazioni anche al di fuori di questi studios, effettivamente è impossibile non pensare a Schmitt senza che ci venga in mente la silhouette di quel famoso edificio.
Riportiamo qui il toccante post del nostro caro amico e fonico Andrea Pellegrini, che pochi anni fa ha avuto la fortuna di incontrare e passare del tempo insieme a Schmitt, proprio in quelle storiche sale di registrazione…
Per chi volesse approfondire la discografia di Al Schmitt (mettetevi comodi…) segnaliamo questo utile elenco.
Ci ha lasciato uno dei più grandi produttori e ingegneri del suono. Ma soprattutto, ci ha lasciato uno dei più grandi amanti della Musica che abbiano calcato questa terra nell’ultimo secolo.
Lascia però a noi un’eredità di inestimabile valore, facciamone buon uso!
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