Una delle sfide più antiche dell’audio è quella di immergere l’ascoltatore in una realtà a 360°. Tutto iniziò con il passaggio dal mono allo stereo, quest’ultimo, difatti, è una sorta di “inganno” nei confronti del nostro cervello, che ci fa percepire i suoni su un largo panorama sonoro (soundstage o “scena sonora”), ponendo al centro e ai lati, nonché in profondità e altezza grazie ad alcuni accorgimenti, i vari musicisti e suoni.
Ma già nell’epoca d’oro dei dischi in vinile si cercò di andare oltre, qualcuno infatti si ricorderà dei dischi “quadrifonici”, primo tentativo di suono immersivo che fu un fallimento commerciale per via della poca durata dei solchi del vinile stesso.
È arrivato poi il Dolby Surround, lo standard multicanale a cui siamo ancora oggi abituati e sebbene esista anche per l’ascolto musicale (ma non molte sono le incisioni o i remix in questo formato, sicuramente assai affascinante), la nostra esperienza è di solito concentrata sul cinema e sui sistemi Home Theatre casalinghi (5.1 o 7.1).
Ci sono poi i casi di registrazione cosiddetta “binaurale” (i Pearl Jam gli hanno addirittura intitolato un album), in cui si registra in modo tridimensionale ma appositamente ottimizzato per l’ascolto in cuffia (quindi non cercate di riprovare le stesse sensazioni sui diffusori che avete in casa, ci vogliono un paio di buone cuffie).
Altro esempio di surround è quello che potreste sperimentare nell’album Amused to Death di Roger Waters, che utilizzò all’inizio degli anni ’90 la tecnica Q-Sound. Il risultato fu efficacissimo, provare per credere (chiudete gli occhi durante l’ascolto).
Senza contare, poi, alcune ultime tecnologie (anche se la ricerca arriva dagli anni ’80 con i primi passi nella tecnica “olofonica“) come quella adottata dai sistemi di registrazione Ambeo di Sennheiser, sulle nostre pagine vi abbiamo parlato del microfono VR e anche degli auricolari o della soundbar.
In tutto ciò, cos’è adesso questa diavoleria dell’8D?
Semplicemente una manipolazione del suono che mira allo stesso scopo, cioè creare intorno a voi un ambiente virtuale a 360°. Ecco quindi che giungono nelle nostre orecchie le “canzoni 8D”, che in realtà non sono un’invenzione degli ultimissimi tempi, ma rispondono all’ennesimo caso di viralità in rete.
Anche in questo caso siamo di fronte a un inganno del nostro cervello, al quale viene in realtà impedito di identificare da dove sta proveniendo la fonte sonora (bisogna usare anche in questo caso le cuffie). Le sorgenti sonore è come se fossero tutte attive in uno spazio sferico intorno a noi, con i suoni che si muovono costantemente, sicuramente confondendo un po’ i sensi, ma dandogli così quella sensazione di essere al centro di questa virtuale sfera sonora.
Questa è una bella spiegazione, peccato che i risultati non siano altrettanto affascinanti: difatti, il più delle volte, sentirete che il brano sta viaggiando in cerchio spostandosi da destra a sinistra, sensazione che onestamente dopo un po’ può anche dare la nausea, un po’ per l’effetto disorientante, un po’ perché si pensa al delitto che si sta compiendo nei confronti della canzone…
La differenza con i sistemi surround è che in questi ultimi i segnali venogno accuratamente suddivisi e programmati dal Sound Designer sulla base di un preciso schema (da un determinato diffusore uscirà un determinato suono).
In questo caso, invece, è tutto più indefinito, con l’aggiunta di una serie di artefatti tra cui soprattutto i riverberi per aumentare l’ambienza. C’è poi il pan destra-sinistra, molto accentuato, più differenze di volume, ritardi e altri stratagemmi che danno vita al risultato finale.
Quindi, futuro della musica?
Bah, sono 50 anni che si parla di audio immersivo in campo musicale e ancora oggi le nostre orecchie godono del buon vecchio ed efficacissimo stereo.
In un periodo in cui taluni artisti si vantano – in maniera poco credibile – di aver fatto tutto “in cameretta” forse sarebbe meglio concentrarci nel preservare il buon lavoro dei veri professionisti della vecchia scuola, più che giocare con l’esperienza di ascolto in stile circense.
Detto questo, però, ovviamente non si devono mettere le manette alla ricerca e sicuramente l’audio immersivo (quello vero) è una strada che si dovrà ancora percorrere e che darà ottimi frutti, basti già ora ascoltare alcuni remix in 5.1 o, in musica classica, alcune registrazioni appositamente realizzate per darvi una reale impressione di trovarvi in sala con una grande orchestra.
Certo, i casi in cui il suono fa il “giro giro tondo” virtuale (con risultati sonori decisamente deprecabili), forse, sono solo un giochino da condivisioni in periodi di noia casalinga come quello che stiamo vivendo, 3D, 8D, 12D, 16D (chi offre di più?) o comunque lo si chiami…
Aggiungi Commento