Il riverbero non può essere dato dalla sola stanza di ripresa, soprattutto quando si lavora in uno studio casalingo con una progettazione certo non dedicata allo scopo.
Il riverbero è l’elemento principe quando si vuole “aggiungere spazialità” al suono, a cominciare da quello base che si può trovare all’interno del proprio amplificatore, fino ai vari software di simulazione con controlli estremamente fini e talvolta anche molto complessi da utilizzare.
In ambito audio, il reverb è un fenomeno che ha a che fare con le riflessioni dell’onda sonora all’interno di un determinato ambiente: in una stanza vuota il suono si propaga da una sorgente e viene riflesso sulle pareti (nonché pavimento e soffitto).
Questa riflessione non è sempre un bene, di solito questa cosa può comportare si un aggiunta di spazio, ma anche una perdita di definizione (per esempio le sillabe di una voce, le frequenze medio-alte della chitarra).
Difatti, si tende ad eliminare le riflessioni sia in ambienti di regia di studio sia nelle proprie abitazioni durante un ascolto, in questi casi avere del riverbero è sicuramente dannoso ai fini della riproduzione.
Del tutto inverso il caso del recording, dove invece si cerca di ricreare un suono a tre dimensioni e in questo il riverbero, con i suoi specifici ritardi, è a dir poco vitale, che si parli di singoli strumenti o voci, sia del mix generale che viene a crearsi.
Ovviamente il fenomeno della riverberazione è molto complesso, ha forti radici nella fisica acustica e per essere compreso in maniera completa andrebbe trattato come concetto a parte.
Per chi volesse approfondire l’argomento, consiglio di cominciare dall’argomento del tempo di riverberazione secondo Sabine (pioniere della fisica acustica).
Detto questo, possiamo suddividere i riverberi a noi utili in tre tipologie:
- Riverbero a nastro
- Riverbero a molla
- Riverbero digitale
Nel primo caso, si utilizza un particolare registratore a nastro magnetico che fa scorrere a velocità costante un anello di nastro dentro una meccanica con annessa una testina di registrazione fissa e una di riproduzione mobile.
La testina di riproduzione è montata su un meccanismo a vite che permette di variarne la distanza da quella di registrazione, quindi il segnale registrato dalla prima testina viene letto dalla seconda e miscelato all’originale generando l’effetto.
Il tempo di ritardo dipende dalla distanza tra queste due testine e permette di generare sia l’effetto riverbero, sia l’effetto echo così amato dai chitarristi retrò.
È lo stesso comportamento che effettua una macchina come il Binson Echorec e altri vecchi tape echo, con timbriche generate che sono assai realistiche e profonde, “vive” per certi versi. Ovviamente però queste macchine hanno un ingombro, un peso, una necessità di manutenzione e un rumore di fondo di molto superiori rispetto alle controparti digitali, nonché dei limiti intrinseci alla natura analogica, insuperabili.
Per il riverbero a molla, il segnale viene fatto passare, tramite un trasduttore, attraverso una spirale metallica (la molla) fino all’altro capo della stessa e ad un altro trasduttore identico che reimmette il segnale nel circuito di amplificazione miscelandolo a quello originale.
Quindi, il segnale prelevato dal secondo trasduttore risulta in leggero ritardo rispetto a quello applicato al primo, originando l’effetto del riverbero.
Il riverbero a molla è basato sulla trasmissione del movimento, un processo meccanico tradotto in segnale elettrico.
Un nucleo ferromagnetico è fissato al capo finale della molla ed immerso in un solenoide, grazie alla legge di Faraday il movimento del nucleo magnetico posto all’interno del conduttore diverrà un segnale elettrico.
Il tempo di ritardo del sistema è stabilito a priori dalla lunghezza della molla e dunque non è modificabile dalla persona (a meno di non sostituire la molla stessa), il massimo ritardo ottenibile è dell’ordine dei millisecondi, quindi non è possibile generare l’effetto echo, ma solo un riverbero.
In più, è ben udibile in coda l’effetto della molla, cosa ricreata anche nelle emulazioni di spring reverb digitali.
Difatti, se accidentalmente la scatola a molle subisce uno scossone, i trasduttori captano il rumore delle molle che sbattono al suo interno inviandolo al circuito di amplificazione, generando un rumore non indifferente (il noto tasterista Keith Emerson in alcuni brani si mise addirittura a far “suonare” le molle, pizzicandole).
Il riverbero digitale è invece gestito da un processore dedicato (in formato DSP o dal processore del nostro computer), il tutto passa per un convertitore A/D D/A.
Esistono due tipologie di riverbero digitale: quello in formato stompbox (o rack) e quello in formato plug-in.
Usando quest’ultimo, se non è strettamente concepito per emulare una determinata macchina analogica, questo ha solitamente una serie di opzioni che difficilmente possiamo trovare all’interno di un pedalino (a meno che non si spendano cifre di una certa importanza, superando spesso i 4-500 euro).
Vediamo quindi qualche proposta di riverbero per l’home recording, tra quelle che ho personalmente testato per abbastanza tempo.
Eventide Space
Lo Space di Eventide è una di quelle scelte che permettono di fare il passo in avanti quando si cerca un riverbero che faccia effettivamente la differenza nelle produzioni non solo in studio, ma anche live.
Lo Space è un pedale che racchiude non solo una serie di suoni estremamente ben fatti, che spaziano da quelli più standard, fino ad arrivare a dei suoni estremamente “folli” come quello del loro Blackhole o del Mangledverb.
Macchina estremamente complessa da imparare a usare, ma anche una delle più complete sul mercato, si pone al fianco di altri competitor (Empress, Strymon) nel mettere un tassello importante sul suono finale.
TC Electronic Hall of Fame 2
Una delle scelte più classiche quando si vuole cominciare a lavorare con un riverbero che non sia quello del nostro amplificatore: l’HOF è piccolo, economico, con possibilità di uscita stereo e tutti i comandi necessari per poter gestire il nostro segnale riverberato (esiste anche una versione mini con un solo controllo, ma non ha senso prenderla in considerazione per uno studio).
Parliamo di controlli quali il decay, il volume di uscita e il tono, il tutto coadiuvato da una serie di simulazioni (di cui tre personalizzabili con il Toneprint) che possono permettervi di lavorare per un bel po’ fino a decidere per una soluzione più professionale.
Vermona VSR 3.2
Soluzione molto “old school” in formato rack, dal costo interessante: si tratta di un’unità con un riverbero a molle vintage e controlli di decay e di tono, possibilità di mixare il segnale diretto, scegliere se usarlo in pre o in post e con ingresso jack sia dal frontale che dal retro.
Se si è innamorati dello “spring reverb” e di quel suono molto vicino a quello dei Fender vecchio stampo, è una scelta molto interessante e comunque anche abbastanza abbordabile, ma è solo quel suono, quindi non parliamo di un oggeto iper-versatile, consigliato a chi ha le idee chiare sulle sue produzioni.
Scelto il riverbero, da qui bisognerà andare verso un cabinet e relativi altoparlanti… o forse no?
Alla prossima puntata…
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