Una macchina portatile senza compromessi significativi per qualità, ergonomia, flessibilità, rapporto prezzo/prestazioni che mette alla portata dell’utente medio la flessibilità di un recorder da 8 + 2 tracce e ha le potenzialità per interessare anche l’utente professionale hi-end.
Ogni tanto succede: ci sono prodotti che arrivano sul mercato e tentano di ridefinire una categoria. A volte sono totalmente rivoluzionari, cose mai viste prima, e a volte semplicemente riassumono ciò che fino a quel momento era stato prerogativa di prodotti diversi, molto più costosi o complessi, e magari cercano addirittura di far evolvere la specie.
Quest’ultimo è il caso dell’F8 di Zoom, un’azienda che dell’innovazione a basso costo ha fatto la sua bandiera, da ormai una trentina d’anni. Oggi, infatti, Zoom è conosciuta è apprezzata non solo da chitarristi e affini, ma anche, con la sua offerta di abbordabili registratori portatili, da una nutrita schiera di ‘recordisti’ di tutte le estrazioni, dai musicisti ai videomaker professionisti e non, fino a fotografi, conferenzieri e quant’altro, tutti accomunati dalla ricerca della registrazione economica, portatile, semplice e di qualità.
In questo senso, forse, questo progetto rappresenta come nessun altro la filosofia dell’azienda nipponica, ma con una velleità in più: quella di rivoluzionare totalmente il cosiddetto mid-end, che poi in soldoni descrive ciò che si può comprare con una spesa un po’ maggiore rispetto al resto dell’offerta di casa e, in effetti, della concorrenza.
Di fatto, con quella cifra ci si può adesso portare a casa il 90% delle capacità di oggetti che costano anche 3 volte (e fino a 8 volte… sic!) di più. In altre parole, non si tratta di una diretta alternativa ai registratori a basso costo a 2/4 tracce che la stessa Zoom offre in varie declinazioni, bensì una categoria completamente nuova di prodotto (a quel prezzo), in grado di far impensierire non poco anche i blasonati colleghi del settore hi-end, che si rivolgono prevalentemente a un uso specifico e ultra-professionale della registrazione sul campo come set cinematografici e televisivi, documentari in ambienti anche difficili, ecc.
Se questa non è la sede per discutere su quanto l’F8 sia in grado di sostituire quelle alternative ultra-pro di cui sopra, rivolte a un mercato estremamente specifico caratterizzato da ossessiva ricerca di quel particolare in grado di migliorare qualunque frammento della catena di produzione – argomenti questi ampiamente dibattuti sui forum dedicati, sin dall’introduzione dell’apparecchio nell’autunno scorso – quello che ci sta a cuore è evidenziarne pregi e difetti per tutti gli altri: musicisti, recordisti vari, in definitiva il vero pubblico potenziale della macchina, e quindi il cuore della scommessa fatta dai progettisti.
Costruzione
Diciamolo subito, il piacere di avere a che fare con una macchina (quasi) professionale, per chi ne ha mai avuto occasione, è anche fisico: solidità generale, metallo al posto della plastica, ergonomia e design funzionale attentamente calibrati, peso e dimensioni da record, interfaccia utente efficiente e generosa, come vedremo.
Il fatto di maneggiare uno strumento a metà fra il consumer e il pro, ma con una spiccata tendenza verso il pro, è per noi comuni mortali una specie di caramella, un premio da gustare con speciale piacere a ogni occasione di confronto: tutto questo, feticismi da fonici a parte, contribuisce a rafforzare la positiva impressione di strumento solido, alla portata di quasi tutte le tasche.
Il registratore si presenta come una piccola e compatta scatoletta, con gli otto ingressi (combo XLR/jack) divisi fra i due lati insieme a due uscite su mini XLR, e l’immancabile uscita cuffia con jack da 3,5 mm. Sul pannello frontale, un display principale (no-touch), e i semplicissimi comandi dell’interfaccia utente: tutto si gestisce fra un pomello di scroll che può essere anche premuto per la selezione, un tasto di menu, e i comandi diretti delle singole tracce. Questi ultimi sono otto potenziometri di trim, che possono gestire in alternativa anche il relativo volume della traccia in monitor – secondo la modalità generale scelta – e i pulsanti per selezionare e armare ogni traccia.
Sul retro, l’alloggiamento per il caddy delle 8 batterie stilo e i connettori per le alimentazioni esterne. L’accesso ai due alloggiamenti per card SD è su un lato.
Da non dimenticare l’aggiunta del connettore proprietario Zoom dei microfoni compatibili con gli altri registratori di fascia inferiore come H5: la loro versatilità è ormai notevole – e l’inclusione di una possibilità del genere potrà magari risultare poco pro, ma certamente molto utile per quelli fra noi già in possesso dei suddetti, o semplicemente in necessità di un’alternativa veloce e funzionale a dei veri microfoni esterni.
In uso
Se un registratore portatile è sempre un’estensione della nostra sensibilità, diciamo che nell’uso generale (cioè, non quello ‘di settore’ A/V, cinema, ecc.), una volta fatte proprie le funzioni base e, va detto, senza radicale necessità di studiare preventivamente il manuale, l’F8 diventa un efficiente e affidabile strumento devoto alla sua natura. Soprattutto, non tende a mettersi fra i piedi di chi opera e le sue fonti, limitando ad esempio la possibilità d’inciampare su menu nidificati, o su sequenze illogiche di operazioni da compiere per attivare una funzione di base.
Piuttosto, sono proprio le ridotte dimensioni ad aver creato qualche perplessità a recensori della prima ora, e sicuramente a qualche utente dalle dita grosse.
Magari non è esattamente il tipo di macchina ideale per operare con enormi guanti da temperature polari (i potenziometri sono effettivamente piccoli), e il monitoraggio, anche attraverso l’app dedicata, non è gestibile con la stessa facilità che offre certa concorrenza più blasonata e costosa, ma per quanto mi riguarda queste limitazioni non hanno scalfito la personale fascinazione per l’apparecchio.
Sempre parlando di difetti, si potrebbero aggiungere una serie di aspetti forse più legati alla gioventù del progetto che a una reale vista corta dei progettisti, ma il vero bilancio d’uso, di fronte a una macchina del genere, potrebbe essere questo: prima non si poteva neanche pensare a un certo livello di flessibilità e qualità senza passare per grandi cifre, oggi si può; prima non si potevano avere 8 + 2 tracce con quella qualità e senza portarsi dietro un bauletto di strumenti, oggi si può.
Prima, in definitiva, uno strumento senza grandi compromessi significativi per qualità, ergonomia, flessibilità, rapporto prezzo/prestazioni non c’era, e oggi c’è: una rivoluzione, insomma.
Vantaggi
Perché comunque dovremmo spendere di più di quello che ci vuole per comprare dei normali registratori a 2/4/6 tracce, allora?
· Innanzitutto, perché l’F8 è un registratore a 8+2 tracce: otto singole più due (L/R) in cui registra il mix dalle suddette otto. Questa – lo sanno bene i recordisti di piccole e medie applicazioni – è la prima combinazione che consente la flessibilità necessaria, come numero di tracce, per la gran parte delle esigenze di taglio piccolo e medio, anche professionale: gruppi musicali, ensemble di musica classica, ecc.
· Perché la qualità sonora che deriva dalla bontà dei preamplificatori microfonici, insieme a quella dei convertitori A/D è eccellente: chi scrive ha la fortuna di registrare da molti anni con delle macchine professionali e performanti, del valore anche molto superiore a quello dell’F8, e qualche comparazione è riuscito a farla. La macchina, anche senza registrare a 192KHz, sua massima frequenza di campionamento, si comporta sempre egregiamente, con una dinamica notevole (120dB dichiarati ai convertitori), e mostrando una precisione dei preamplificatori che in genere ci si aspetta da strumenti di ben altra fascia.
· Per la flessibilità delle opzioni di alimentazione. L’F8 può essere alimentato infatti con:
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- un battery pack da 8 batterie ‘stilo’ AA 1,5 volt, incluso e alloggiato all’interno della macchina)
- altri battery pack con batterie stilo esterni
- batterie esterne al litio con connettore tipo Hirose, quelle usate anche dalla concorrenza super-pro, e da molte altre macchine video: il che significa anche una relativa facilità di reperimento e noleggio
- l’ alimentatore AC fornito con la macchina
- tutte queste opzioni contemporaneamente!
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· Per la flessibilità delle opzioni di monitoraggio: l’F8 infatti possiede un semplice ma efficace mixer (virtuale) integrato, ovviamente a valle delle tracce registrate, in grado non solo di generare la somma che potrà essere a sua volta registrata sulle due tracce extra L/R all’uopo dedicate, ma anche di integrare nell’ascolto sorgenti esterne, slates (inserimenti vocali registrati attraverso un microfonino inserito nell’apparecchio, fondamentali nell’attività di set) e altro. Il tutto, controllabile traccia per traccia da un mixer virtuale a sua volta gestibile sia da pannello, sia attraverso un’app dedicata (per ora solo iOS) che comunica in Bluetooth.
Beninteso, il monitorare perfettamente e col massimo del controllo è davvero critico nelle applicazioni realmente professionali di questo genere di registratori (appunto i set video/cinematografici), e qui l’F8 si distacca dalla concorrenza, offrendo con l’app una soluzione sicuramente sufficiente ai molti acquirenti ‘normali’, ma certamente non ai già citati professionisti, che per il loro cruciale lavoro quotidiano necessitano di ben altra versatilità e precisione, e sono disposti a pagarla cara. L’app è comunque molto ben fatta, e nonostante i limiti tipici di un’interfaccia basata sul tocco di uno schermo invece che veri fader e manopole, permette un buon controllo sui livelli, pan, opzioni d’integrazione di altre sorgenti nel mix finale, e altro: in definitiva è un plus davvero utile per tutti
· Per la presenza di un generatore di Time Code professionale e precisissimo, caratteristica non solo di macchine di ben altra portata, ma che apre le porte a un serio workflow audio/video necessario, ad esempio, in progetti multi-camera di ambito musicale per ottenere una sincronizzazione efficace.
· Per la cura dimostrata dai progettisti nell’integrazione generale delle funzioni e nella ricerca di soluzioni efficaci (ed economiche) ai problemi che hanno sempre afflitto tutte tranne le migliori macchine di questo tipo:
· Per l’affidabilità delle registrazioni stesse: essendo una macchina che registra su schede SD di taglio fino a 512Gb è intrinsecamente legata alla bontà delle stesse, e soprattutto a completezza dei file registrati (o in corso di registrazione…) in caso di malfunzionamento, o di mancanza improvvisa di alimentazione. Ebbene, la semplice funzione di salvataggio automatico periodico, ogni 10″, dei file su scheda permette la garanzia del recupero pressoché completo delle registrazioni nella stragrande maggioranza delle situazioni ‘difficili’ o semplicemente sfortunate: solo chi ci è passato sa quale valore possa avere una funzione del genere, valore che spesso fa rima con la credibilità di chi registra nei confronti dei propri clienti… e scusate se è poco!
· Potenzialmente legata alla precedente, è la capacità di passare automaticamente da una sorgente di alimentazione a un’altra al raggiungere una soglia (modificabile) di voltaggio: anche questa è una funzione propria fino a ieri solo delle macchine davvero hi-end, e in grado evidentemente di ridefinire la stessa accezione di ‘professionale’ per un apparecchio del genere. In soldoni, anche qui parliamo della differenza fra potersi fidare o meno dei propri strumenti, e quindi a nostra volta risultare affidabili o meno nei confronti della nostra committenza. Ancora una volta, scusate se è poco.
Personalmente, forse per distorsione professionale, considero la presenza e la corretta implementazione di caratteristiche come queste ultime due d’importanza addirittura superiore, ad esempio, alla pura qualità audio dei preamplificatori/convertitori, o alla qualità dell’interfaccia utente: un registratore – questo è il mio mantra – deve in fin dei conti registrare sempre ciò che io voglio che registri, nonostante le difficoltà; ogni sforzo prodigato in questa direzione, e quindi verso la tranquillità, è uno sforzo che vale molte volte qualsiasi incrementale miglioria a un suono già buono, e questo vale altrettanto per ogni sforzo verso la semplicità d’uso.
Per le mille opzioni abbiamo già le varie DAW; per le micro opzioni abbiamo già i piccoli registratori a 2/4 tracce, ma per una combinazione di tutto quello che abbiamo citato, e a un costo molto più che ragionevole in questo momento c’è solamente lo Zoom F8.
Punto e basta.
Facendo una sintesi, possiamo dire che lo Zoom F8 è pieno di aspetti positivi: la bontà dei preamplificatori microfonici; la costruzione generale (dimensioni e peso assai contenuti) e l’interfaccia utente molto lineare; la possibilità di usarlo come un’interfaccia audio USB – 8 in/4out con driver ASIO; la presenza di un doppio slot per card SD su cui registrare anche contemporaneamente in formati e qualità diversi; la presenza di lettore/generatore TimeCode di eccellente precisione; la possibilità di usare con connettore dedicato i microfoni modulari degli altri registratori Zoom, e molto altro.
Gli aspetti negativi, seppur importanti, non sono abbastanza per rovinare il suo valore e l’incredibile rapporto qualità/prezzo, se non per alcuni utenti estremamente esigenti. Eccone alcuni: limiter digitali presenti solo post-preamp (cioè dopo la sezione analogica); dimensione ridotta delle manopole dei trim di preamplificazione/livello di monitor; app di supporto mix/monitoring solo su iOS (ancora niente Android); qualità del preampli di cuffia non eccelsa; borsa esterna (eccellente) solo a pagamento.
Per maggiori informazioni si consiglia di consultare il sito web dell’importatore Mogar Music.
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