Parlare di polychords applicati alla chitarra significa mettere subito in conto una certa dose di complessità. È uno di quegli argomenti che, per molti chitarristi, restano confinati tra le pieghe della teoria avanzata, oppure vengono considerati appannaggio dei pianisti, grazie a una fisiologia strumentale decisamente più comoda.
E invece no. Con “Polychords for Guitar“, manuale in lingua italiana edito da Volontè&Co., l’autore e musicista Giovanni Cretella decide di affrontare di petto la questione e dimostrare che anche sulle 6 corde si può lavorare in modo serio e praticabile con questi voicing complessi.
Oltre i limiti percepiti dello strumento
Il punto di partenza è chiaro: sulla chitarra sembra quasi impossibile suonare due accordi sovrapposti, ma questa è solo mezza verità.
Cretella, nel suo libro non a caso sottotitolato “Guida pratica alla realizzazione sulla chitarra“, non si limita a smentire il pregiudizio: costruisce un percorso ragionato che accompagna il lettore dall’analisi teorica fino all’applicazione orchestrale, senza mai indulgere in semplificazioni inutili o scorciatoie didattiche.
Il testo si sviluppa come una guida metodica, pensata per chi vuole spingersi oltre l’accompagnamento standard, esplorando voicing stratificati e sonorità spesso trascurate nel repertorio chitarristico. Niente “trucchi”, solo lavoro tecnico e una buona dose di chiarezza.

Un libro tecnico, ma con i piedi per terra
Non si tratta di un metodo tradizionale e nemmeno di un’enciclopedia di accordi: è un manuale pensato per stimolare la consapevolezza armonica e fornire strumenti concreti per affrontare arrangiamenti complessi, compresa l’armonizzazione di melodie usando polychords ridotti e rielaborati in chiave chitarristica.
Cretella non nasconde nulla, anzi: dichiara esplicitamente le caratteristiche dello strumento utilizzato per il lavoro, una Epiphone Casino in accordatura standard, con misure e specifiche dettagliate. Perché sì, il tipo di chitarra cambia radicalmente le possibilità di esecuzione, e questa attenzione ai particolari non è affatto scontata.
Tra teoria, scrittura e arrangiamento
Il libro è strutturato in quattro sezioni principali. Si parte da una solida base teorica su scale e modi, si prosegue con l’analisi delle difficoltà legate all’uso dei polychords sulla chitarra, si passa poi alle tecniche costruttive dei voicing, per chiudere con esempi pratici di utilizzo in contesti musicali differenti, dal solo alla sezione ritmica, fino a situazioni orchestrali.
Ci sono spunti interessanti per tutti: chi suona jazz, chi arrangia per piccoli ensemble o per big band, ma anche per chi semplicemente vuole allargare il proprio orizzonte armonico.
Un lavoro che mancava
Nel mondo dell’editoria chitarristica, testi come questo non se ne vedono spesso. Lo dicono anche i commenti dei colleghi: “Il testo che mancava”, scrive Nicola Di Tommaso; “Spiega con chiarezza i concetti base per comprendere i polychords”, aggiunge Enrico Bracco; “Dimostra che i polychords possono entrare nel bagaglio musicale del chitarrista”, chiude Umberto Fiorentino.
Polychords for Guitar è un libro che richiede impegno e attenzione, ma restituisce in cambio una visione armonica più ampia, matura, e consapevole. Non serve essere dei teorici incalliti, ma è sicuramente utile avere voglia di uscire dalla comfort zone.
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