Se fosse possibile aprire il cuore della nostra amata per vedere come e quanto batte per noi, se fosse possibile poter vedere dentro di lei per curarla e capirne la bellezza interiore, se potessimo mantenere sempre al massimo le sue funzioni vitali… Forse questo è un sogno ancora ardito per la medicina, ma non troppo se la nostra amata è una chitarra o un basso. Così come è possibile amare una donna superficialmente pur traendone piacere, è anche possibile approfondire la relazione ed in liuteria si è addirittura in grado di creare da zero la propria “amante ideale”.
Com’è fatta una chitarra al suo interno? Cosa passa dentro il manico oltre alle vibrazioni che si riflettono nella massa della paletta? Quale attaccamento tra manico e corpo esprime un tono “corposo” o “scavato”? E che dire dell’allineamento dei tasti, che simbolicamente richiama l’allineamento delle nostre facoltà interiori per una vita equilibrata dove ogni parte possa vibrare liberamente e in armonia con le altre senza che una sia smorzata da un’altra che sovrasta?
Se io smonto una chitarra e poi la rimonto, nel mondo fisico non è cambiato niente ma dentro di me è cambiata la mia consapevolezza, e da questa potrà cambiare il mondo, almeno quello musicale! Non parliamo poi di quali enormi cambiamenti possono avvenire se la chitarra la costruiamo noi da zero. Ogni chitarra è un’opera mistica. Al giorno d’oggi queste opere sono sminuite, per la nostra percezione, dalla produzione industriale e ancor più dalle strategie di marketing che, per continuare con la metafora femminile, ce ne mostrano prepotentemente l’aspetto esteriore sollecitando bassi istinti d’acquisto.
Vi è un “però” in questo discorso, infatti, come sa bene chi è genitore, chi ha generato e visto crescere una sua creatura la ama per se stessa e l’amore che vi profonde gli si riflette in note piene di emozione. Sono qui allora per raccontarvi la mia esperienza di genitore. Esattamente come i genitori di bambini, non occorre avere una specializzazione particolare, alcuni amici che ci sono già passati ci spiegano due cosette e poi il resto va da sé. Si comincia con due blocchi di legno che di primo acchito non dicono molto, il maestro liutaio ne solleva poi uno e lo tiene con due dita in un punto particolare, a tre quarti della lunghezza, tamburellandolo con l’altra mano.
Che mistero! Mi sentivo come mastro Geppetto quando il ciocco di legno parlò! “Il legno emette un suono! Il primo vagito già da ora!” Era una tavoletta di Acero e si esprimeva in un modo, mentre un’altra tavoletta di mogano aveva già una voce più scura, diversa. Ecco già da subito il primo “mistero manifesto” come avrebbe detto Goethe, anche i legni hanno una voce! Perché il buon Dio ha creato tante varietà di alberi? Non lo so. Distinguevo a malapena un Abete da un Pino e ora scopro che manifestano anche una “voce” diversa. “Su un libro trovo una corrispondenza tra dodici essenze di legno, una crisi mistica pervade il mio animo di zappatore rocker. Allora via!” Volevo che la mia chitarra avesse una voce chiara ed aggressiva, un attacco deciso ed un timbro scavato nei toni medi, non per nulla Telecaster è una tipa che mi piace molto! Acero per il manico e Ontano per il body.
Paletta “Tele” con meccaniche 6 in linea; “ma perché sono così inclinate?” Non me l’ero mai chiesto. La sera accesi il mio computer e disegnai con il CAD le corde, la loro lunghezza, detta anche diapason, la spaziatura al ponte, al capotasto e poi le prolungai sopra la paletta. “Le meccaniche non c’entrano!”. Provai mettendole inclinate con un po’ di trigonometria tenendo presente l’ingombro di ogni meccanica ed ecco che si era creata la linea ideale che intercetta ogni corda. Il lato opposto alle palette delle meccaniche è libero e si può sagomare come più ci piace.
“Ecco che ora mi diverto a fare la mia paletta!” Svariate prove e mi accorsi perché si finisce sempre su quelle forme già viste tante volte, semplicemente sono le più belle e armoniose. Nomi di non poco conto hanno lavorato a questo disegno prima di me, tra le palette “6L” che mi piacciono ricordo Telecaster, Stratocaster, Parker, Jackson, molto bella anche la soluzione Gibson Explorer. Trovai alla fine un disegno che mi piacque, una forma molto “razionalista” un po’ Parker, ma senza la rientranza che lascia scoperto il “mi” cantino che corre come il ponte di Brooklyn allo scoperto verso la meccanica. Niente di male se non fosse che i più diffusi appendi-chitarre da muro, quelli a forchetta, sostengono la chitarra per il collo, appoggiandosi ai lati della paletta.
Mi tornò alla mente che nelle Parker un lato appoggia sulla corda: se questa si fosse rotta ovviamente avrei ritrovato la chitarra a terra con varie fratture! Come fanno i grandi autori mi riservo il piacere di un sequel, interrompendo qui la nostra storia che vi prometto però vedrà a breve una sua conclusione… Fine prima puntata… to be continued!
Stefano Rofena – Cloe Guitars
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