Per la maggior parte dei musicisti, registrare una chitarra elettrica, significa semplicemente puntare un microfono Shure SM-57 al centro di un altoparlante e premere un pulsante.
In effetti si potrebbe ritenere che questo compito spetti al fonico: “a ciascuno il proprio lavoro”. Potrebbe sembrare un’affermazione saggia, ma prima abbiamo alcuni aspetti importanti da considerare…
Da musicisti, maturare preferenze sulla registrazione del proprio strumento e essere in grado di esprimere opinioni personali nel merito delle scelte tecniche, andrà a creare un terreno comune con l’ingegnere del suono con cui siamo al lavoro.
Lo studio di registrazione ci apparirà sotto una nuova luce affascinante, saremo in grado di stabilire un dialogo costruttivo per descrivere le nostre esigenze artistiche e ottenere in registrazione un timbro di chitarra all’altezza delle nostre aspettative.
Tuffiamoci dunque nelle tecniche per una corretta registrazione della chitarra elettrica, specialmente per i chitarristi che amano i buoni vecchi strumenti vintage e il suono rock’n’roll!
Ricordo che i miei video sono in inglese, ma sono tutti forniti di sottotitoli in italiano da attivare tramite pulsante sulla barra del player YouTube.
Se vuoi saperne più di me e della mia rubrica, leggi l’articolo di presentazione di Bob-s Tone Review.
Dove finisce il nostro strumento musicale?
I chitarristi degli anni ’40 pensavano che la chitarra finisse alla paletta. I musicisti degli anni ’50 e dei primi anni ’60 iniziarono a sperimentare con le potenzialità sonore degli amplificatori.
Jimi Hendrix ci ha insegnato che la chitarra elettrica è parte di un intero sistema che include effetti a pedale, amplificatori e tecniche di registrazione.
Potremmo concludere che, tecnicamente parlando, lo strumento si estende dalle nostre dita alle orecchie dell’ascoltatore.
Da questo punto di vista, le tecniche di ripresa audio e di registrazione, sono la parte terminale del nostro strumento che va dall’altoparlante dell’amplificatore al nostro pubblico.
Questo significa che, prima di registrare, dobbiamo assicurarci di essere pienamente soddisfatti del suono che esce dall’altoparlante del nostro ampli.
Nessuna registrazione sarà mai in grado di compensare un punto di partenza debole: dobbiamo controllare con attenzione il suono alla fonte.
Potrebbe sembrare un’ovvietà ma in molti studi, controllare il suono in uscita dall’ampli, non è affatto un affare semplice. Se, ad esempio, il nostro amplificatore è incassato in una cabina, lontano dalla nostra pedaliera, non ci sarà possibile raggiungere l’amplificatore mentre suoniamo.
Ciò significa che non possiamo agire sui controlli dei pedali e dell’amplificatore mentre ascoltiamo direttamente la sorgente, come facciamo, ad esempio, durante il soundcheck di un concerto.
Questo problema è da prendere seriamente in considerazione quando scegliamo uno studio o organizziamo l’allestimento tecnico per una registrazione. Cavi lunghi di alta qualità potranno aiutarci ad avere più libertà di movimento.
Il timbro alla fonte è anche drasticamente influenzato dalla posizione del cabinet. Inclinandolo o sollevandolo si riducono le frequenze basse. Può essere utile per domare un eccessivo rimbombo. Al contrario, si possono potenziare le basse frequenze mettendo il cabinet in prossimità di pareti e angoli.
Occorre anche valutare la qualità dell’acustica della stanza: una componente importante del suono.
Quale microfono per il “mio suono”?
Il momento tanto atteso è arrivato: è ora di scegliere i microfoni!
Scelta e posizionamento dei microfoni sono fattori determinanti: il carattere dei microfoni darà un’impronta timbrica alla registrazione. Una ripresa audio trascurata e approssimativa comprometterà il nostro lavoro.
Il problema principale nel registrare una chitarra rock è si chiama “SPL“, che sta per “Sound Pressure Level” ovvero “Livello di Pressione Sonora”.
Ottenere il miglior suono da un amplificatore a valvole significa spingerlo al suo “punto strategico”, dove otteniamo una saturazione cremosa, una miscela armonica di frequenze e sufficiente corposità.
Di solito quando raggiungiamo il “punto strategico” o “blossom point” del nostro amplificatore, il tecnico del suono medio urla di abbassare il volume…
In realtà, non conosco alcuna scorciatoia efficace: registrare un ottimo suono di chitarra elettrica significa gestire sorgenti ad alto SPL. Occorre, quindi, scegliere microfoni adatti a questo scopo.
Non intendo dire che il volume debba essere sparato al massimo o a livelli assordanti, ma di sicuro dobbiamo spingere il nostro amplificatore e gli altoparlanti al loro livello di prestazione ottimale, che di solito non si ottiene a volumi da camera da letto.
Dunque abbiamo bisogno di microfoni in grado di gestire alti livelli senza distorcere il segnale.
Esistono tre famiglie principali di microfoni: dinamici, a nastro e a condensatore.
In realtà i microfoni a nastro sono tecnicamente parte della famiglia dei microfoni dinamici, ma generalmente tendiamo a vederli come una categoria a sé stante.
Microfoni dinamici
I microfoni dinamici sono quelli adoperati più comunemente: sono ampiamente apprezzati come strumenti semplici, robusti, versatili e affidabili. I microfoni dinamici resistono con disinvoltura ad alto SPL senza saturare e sono relativamente economici, il che non guasta mai.
Come accennato, lo Shure SM-57 è generalmente considerato il microfono per cabinet per chitarra per antonomasia, ma esistono ottimi concorrenti. Sennheiser produce da decenni modelli estremamente apprezzati come l’MD-421 e l’MD-441, dal timbro un po’ più caldo.
Il Sennheiser MD-409 vintage è stato reso popolare dai Pink Floyd, che lo usavano sia per chitarra che per voce; i suoi predecessori, i modelli da tavolo MD-403, con l’aspetto di una grattugia per formaggio, e MD-407, montano la stessa capsula e godono anch’essi di ottima reputazione.
L’e906 è una versione moderna dell’MD-409. Altri microfoni dinamici di uso comune sono lo Shure SM-7B, con più bassi rispetto al 57, e l’Electrovoice RE-20, che è un punto fermo nel rock e annovera Steve Albini tra i suoi testimonial.
Entrambi questi modelli sono correntemente utilizzati e apprezzati anche per voce.
Altri dinamici che apprezzo sono l’Audix I-5 e il Samsystems Integral, soluzione ideale per l’uso dal vivo.
Microfoni a nastro
I microfoni a nastro sono generalmente costosi e molto delicati, d’altra parte sono molto apprezzati per il loro timbro caldo con una miscela ben bilanciata di frequenze medie.
Il Royer R-121 è la prima scelta di molti producer per la chitarra elettrica. Bassi profondi e alti sono entrambi smorzati dolcemente, lasciando spazio a una gamma di medie frequenze cremosa e articolata. Hanno una resistenza ottimale a elevato SPL e sono sensibili all’acustica ambientale.
Un altro storico modello a nastro è il Beyerdynamic M160, che abbiamo ascoltato in album come Led Zeppelin II e Are You Experienced? di Jimi Hendrix, quindi probabilmente non avrei bisogno di aggiungere altro. È più aperto sulle alte frequenze e ha un diagramma di ripresa più selettivo rispetto al Royer R-121.
Microfoni a condensatore
I microfoni a condensatore richiedono solitamente l’alimentazione phantom esterna: sono ulteriormente suddivisi in microfoni a condensatore a diaframma stretto e a diaframma largo.
I microfoni a condensatore a diaframma stretto, spesso indicati come “microfoni a matita” non vengono solitamente utilizzati per la ripresa ravvicinata dei cabinet e sono generalmente preferiti per la registrazione ambientale pulita.
La loro tendenza a catturare il suono naturale con una risposta in frequenza ampia e lineare li rende particolarmente indicati per gli strumenti acustici: sono infatti considerati un punto fermo per la musica classica.
I microfoni a condensatore a diaframma largo sono insuperabili per definizione e dettaglio, in genere consentono di ottenere quella tipica alta qualità e fedeltà da studio di registrazione.
Aggiungono ricchezza al suono rendendolo più ampio e caldo, con una piacevole accentuazione delle basse frequenze. Le capsule a diaframma largo hanno un’elevata sensibilità: rispondono prontamente alle sollecitazioni, quindi hanno un segnale in uscita presente, sensibile anche alle sfumature più sottili.
Questi microfoni sono solitamente preferiti con la voce per la loro ampia risposta in frequenza e la generosa dose di bassi, tuttavia sono utilizzati anche sugli amplificatori per chitarra.
Per gestire sorgenti ad elevato SPL, di solito hanno uno switch che ne riduce la sensibilità.
Neumann è leader indiscusso della famiglia dei condensatori a diaframma largo, con modelli storici come U47, U67 e U87, amati da qualsiasi studio di registrazione e fonico.
Un altro illustre membro di questa famiglia è l’AKG C414, introdotto nel 1971, un autentico cavallo da traino per studi di registrazione, utilizzato per una moltitudine di applicazioni, inclusi pianoforte e riprese ambientali.
Ho sempre il timore che le differenze timbriche che cerco di evidenziare nelle mie recensioni, possano risultare un po’ appiattite o addirittura perse nelle registrazioni. Questo mi porta a preferire un microfono a condensatore a diaframma largo.
Molti fonici preferiscono i microfoni a condensatore a distanze maggiori dalla sorgente sonora, per ripresa audio ambientale o a distanza piuttosto che per riprese ravvicinate ed elevati SPL.
Al contrario, il Braingasm Labs Ferro è stato espressamente progettato da un chitarrista per portare la qualità, la definizione e il dettaglio di un microfono a diaframma largo di prima classe di fronte a un cabinet per chitarra. In effetti Ferro è specificamente destinato a riprese audio ravvicinate e sorgenti ad alto SPL, come le chitarre rock.
Inoltre, rispetto ai microfoni dinamici o a nastro, è decisamente più sensibile alle basse frequenze del timbro di una chitarra.
Infatti, i microfoni a condensatore a diaframma largo hanno un pronunciato “effetto di prossimità”: più si avvicinano alla sorgente sonora, più vengono enfatizzate le basse frequenze.
Ciò determina che posizionarli troppo vicino al grill cloth può causare un eccessivo rimbombo o ingolfamento e una tendenza ad alti penetranti. Al contrario, più si allontana il microfono dal cabinet, più il suono ambientale risulterà percepibile, con alte frequenze più morbide e bassi meno gonfi.
In sostanza, conviene mantenere un microfono come il Ferro sempre a distanza di qualche cm dal grill cloth, cercando di trovare quel “punto magico” in cui si ottiene un timbro “arioso” preservando la giusta quantità di “botta”, calore e dettaglio che si ottiene a distanza più ravvicinata.
Posizionamento del microfono
Oltre alla distanza, quando si posiziona un microfono davanti a un altoparlante, abbiamo altri due parametri che influenzano il suono: centratura e angolazione.
Il suono sarà più brillante quando il microfono punta direttamente al centro del cono mentre diventa più scuro spostandolo verso il bordo. Inoltre, quando il microfono è in asse otterremo più definizione e brillantezza mentre otterremo un timbro più scuro con più ambiente quando il microfono è posizionato fuori asse, ad un determinato grado di angolazione.
In fin dei conti non esiste una regola assoluta, la scelta dei microfoni e delle tecniche di registrazione è una questione di gusti; occorre trovare gli strumenti e il metodo giusti per il suono che si ha in mente.
Ad esempio, nel contesto di una rock band, si potrebbe optare per un microfono con un deliberato taglio dei bassi, per lasciare più spazio a basso e grancassa nel mix.
Per sviscerare meglio queste problematiche, nella seconda parte del video ho realizzato filmato che racconta la mia esperienza con il producer Francesco Gaudio nel Sud-Est Studio di Guagnano, durante l’ultima session di registrazione con la mia formazione Bob Cillo & Mafia Trunk.
Francesco ci farà ascoltare dei campioni audio esplicativi per illustrare le sue scelte tecniche e stilistiche.
Il video non intende in alcun modo essere esaustivo, né dettare regole “scolpite nella pietra”. Spero di lasciarvi con la curiosità di sperimentare e approfondire l’argomento.
Come suddetto filmato è in Inglese, con accurati sottotitoli in Italiano attivabili dalle opzioni del player.
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