Oggi trattiamo una delle liuterie emergenti più interessanti che ho potuto notare nell’ultimo paio d’anni, in termini di estetica, finiture e suono che mi sono rimasti permeati nella memoria: sono le chitarre di Luca Battistoni, fondatore di BHI Guitars.
Un’estetica mozzafiato
La commistione tra estetica delle venature del legno e verniciatura estremamente curata del modello Orione in prova, mettono un punto ben definito su uno strumento che si pone su un livello superiore, inutile girarci intorno; la cura dei dettagli del binding, la giunzione corpo-manico perfetta, la sagomatura ondluata per le spalle mancanti, stiamo parlando di un lavoro maniacale che ho visto solo in alcuni pezzi da novanta della liuteria.
La lavorazione del top rende effettivamente l’idea delle ore di lavoro spese sullo strumento, come anche l’incasso dei potenziometri che non è dritto ma è smussato, e ancora i due cut del body, lavorazioni che trovi solo in alta fascia, a prescindere dal brand.
Ammetto che, e mi sto seriamente impegnando a cercare il pelo nell’uovo, forse non avrei lasciato il colore natural del back, avrei preferito un nero o con un color grigio canna di fucile, ma sono più delle scelte dettate dal gusto personale che da una motivazione estetica oggettiva.
Possiamo definirlo il livello di queste chitarre, senza troppo essere arditi, pari a quello delle PRS americane di fascia alta.
Le foto potranno rendervi meglio l’idea…
Scheda tecnica
Diamo un occhio alla scheda tecnica fornita direttamente da Luca Battistoni:
- Body: Frassino Marezzato
- Top: Buckeye Burl
- Manico: Acero Marezzato
- Tastiera: Acero Marezzato
- Tasti Jumbo in Acciaio
- Radius: 16”
- Scala: 25.5”
- Ponte: Tremolo Hipshot
- Meccaniche: Sperzel Autobloccanti
- Pickup: Bare Knuckle Juggernaut Set
- Elettronica: Selettore 3 vie, Master Volume, Master Tono (push pull per splittare i pickup)
- Finitura Body: High-gloss
- Finitura Manico: Satinata
- Finitura Tastiera: High-Gloss
Possiamo definirla una chitarra non estrema dal punto di vista strutturale, la scala è la classica Fender e il raggio della tastiera è sì piatto, ma è coerente con lo scopo dello strumento, ovvero essere una chitarra moderna, difficilmente avrei pensato di trovare radius compositi 10-12 oppure un 9,5, da concept più tradizionale.
L’elettronica è maggiormente nota a tutti, vede uno split per le bobine dei pickup e i classici Master Volume e Master Tone su un selettore a tre posizioni, diciamo che poco possiamo discutere a riguardo.
I due pickup sono la dichiarazione di intenti di questo strumento, parliamo di due Bare Knuckle Juggernaut che sono il set preferito di chi ha ben poca intenzione di suonare clean nella sua vita, inutile girarci intorno, si va verso il Metal, lo shredding e altri generi ad alta dose di gain.
Una chitarra “cattiva”
Come già detto, parliamo di una chitarra con un raggio piattissimo e con un profilo che possiamo definire agevole per chi viene dal mondo Ibanez o da Charvel; la scala è quella Fender quindi ci si sente abbastanza “a casa” da questo punto di vista, l’intero strumento è stabile e non ha pendenze in termini di peso derivante dalle forme e nonostante possa sembrare abbastanza “appuntita”, sia da seduto che in piedi resta ben comoda sul musicista.
Chitarra a dire il vero un po’ più pesante rispetto alle altre cui sono abituato, sicuramente per il frassino utilizzato sul bodyM; non di chissà quanto, ma rispetto a chitarre in ontano presenti in studio ovviamente la differenza si sente, anche se non la rende certo insuonabile per la schiena.
Per meglio rispettare il carattere della chitarra, abbiamo rispettato le regole delle buone maniere del mondo Metal, ovvero chitarra abbassata di un tono e un amplificatore High Gain con il volume ai limiti della denuncia; i test sono stati effettuati utilizzando la simulazione di un EVH 5150 di STL Tones, così:
- canale clean utilizzato per i puliti
- canale crunch per le parti ritmiche con palm muting
- canale lead per le altre tracce ritmiche
- canale lead per la traccia solista
La cassa di riferimento utilizzata è una Bogner SV30 con coni Celestion Vintage 30 microfonati con Shure Sm57 e Sennheiser MD421; è stato usato solo l’amplificatore e un riverbero di servizio, tranne per l’ultima traccia con un piccolo overdrive di base SD1 nel front.
Partiamo dai puliti, il magnete al manico suona molto grosso, estremamente spinto e per certi versi anche compresso, anche con alcune medio-alte più a fuoco che per molti versi possono risultare utili nei contesti delle ballad; splittato non diventa nasale, assume un carattere più morbido ma perde abbastanza in termini di volume e di medio-basse rispetto all’utilizzo “pieno”, può trovare la sua dimensioni nei contesti sonori molto moderni come quelli dei Polyphia, altrimenti è molto più semplice associare “quasi” a un suono pop.
La posizione centrale ha un volume che va gestito, perché suona veramente forte, ed è una posizione con un connubio molto prominente sugli estremi di banda dato dalla commistione dei due pickup; trovo che abbia il suono splittato più interessante, perché perde la giusta dose di volume senza mancanze in termini di frequenze nella zona medio-bassa, probabilmente sarebbe la mia posizione preferita nei puliti.
La posizione al ponte che per quanto riguarda i puliti diciamo che… essenzialmente non esiste, a meno che non si mantenga il potenziometro del volume dello strumento almeno alla metà, altrimenti ci si trova a far crunchare (anche in maniera abbastanza importante) anchei un 100 watt con buona headroom.
Il suono è molto a fuoco sulle medio-alte, estremamente presente, anch’esso abbastanza compresso; se splittato il suono risultante è abbastanza particolare perchè è (quasi) un single coil abbastanza morbido e lineare.
Parlando invece dei suoni distorti, nei crunch e lead con il pickup al manico si possono ottenere suoni di ritmiche utili per l’Hard’n’Heavy ma non consiglierei di sfruttarlo per un assolo, il suono è piuttosto gonfio e nel mio caso tendeva anche a una certa squadratura da fuzz, ma chiaramente si tratta di suoni lead molto particolari, da gestire con attenzione.
Basse molto più a fuoco e suono meno ingolfato e più presente e ampio per la posizione centrale, che riesce a dare uno spettro esteso grazie alla combinazione dei due pickup che si combinano in maniera egregia; si ottiene un suono stranamente più compresso quando vengono splittati, comunque comportandosi bene nelle sezioni distorte.
Infine, il pickup al ponte è nel suo mondo e dà tantissime soddisfazioni, come nel caso del pulito abbiamo suoni abbastanza a fuoco sulle parti delle medio-alte che conferisce un bel grit e un altrettanto buona presenza; si mantiene in maniera quasi uguale (con i dovuti tagli sulle basse) quando si decide di splittarlo, interessante se si cerca un suono con una leggera nasalità in più e un suono meno pieno.
Inutile parlare di prezzo
Il modello Orione è ampiamente personalizzabile, quindi la scelta dei legni e il risultato finale in termini di resa e di costi non è in nessun modo definibile con regole ferree, possiamo però affiancarla a un tipo di lavorazione che per esempio abbiamo potuto vedere con la Valenti Nebula o la MOV SP24.
Il prezzo è giustificato dalla cura nei dettagli, una ricerca di forme totalmente nuove e fuori da ogni tradizione.
Questo tipo di strumento si deve affiancare, commercialmente parlando, a un custom order, di qualsiasi brand vogliate; sono a tutti gli effetti strumenti che necessitano non solo di un apporto economico notevole ma anche di un sottotesto culturale non banale.
Nota dell’autore
Per quanto la si possa definire una chitarra estrema dal punto di vista sonoro, perchè effettivamente i Juggernaut sono decisamente spinti e la direzione di questo tipo di strumento è abbastanza univoca, molte delle soluzioni non sono del tutto “estreme”per questo specifico modello preso in esame.
Nel suo carattere da metallara, è una chitarra suonabilissima e permette qualsiasi tipologia di playing e sarebbe interessantissimo vederla come strumento da turnista in configurazione HSH o HSS.
Immaginare, per adesso, non mi costa ancora nulla…
Aggiungi Commento