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Cornerstone Gladio, 2 overdrive in 1 e molto di più

Vi parlo di un pedale overdrive fatto in Italia, completamente handmade e dal vasto panorama sonoro.

Nemo propheta in patria, è una frase che viene riferita a Gesù durante la sua visita nella città natia di Nazaret, durante la liturgia nella sinagoga.
Questa espressione è diventata poi di uso comune con la traduzione letterale di “Nessuno è profeta in patria” per definire il poco successo che si può ottenere in ambienti familiari che si contrappone a un successo “al di fuori” (in questo caso, oltralpe).

Il Gladio di Cornerstone è uno dei casi probabilmente più eclatanti degli ultimi anni per annessione alla frase utilizzata pocanzi, in questo caso non si parla di un successo di poco conto, ma il fatto di essere diventato uno standard di alto profilo, che è accostato a quelli che molti potrebbero definire “big names” del mondo dei pedali boutique.

Infatti, se si cerca in giro, la quasi totalità dei contenuti che sono stati creati intorno a questo doppio pedale sono provenienti dagli Stati Uniti e/o dall’Europa (a differenza dei casi), come ad esempio la live effettuata da “That Pedal Show” che mette a confronto quattro doppi overdrive:

  • Il Cornerstone Gladio
  • Il Browne Amplification Protein Drive 
  • Il King Tone Duellist Drive
  • L’ Analog Man King of Tone

Perchè questa premessa?
Come può avvenire quando si hanno per le mani determinati “prodotti” (definizione estremamente castrante) che sono effettivamente uno standard internazionale, sarebbe stupido, se non inutile, ribadire ulteriormente come effettivamente suoni, perchè quando arrivi a determinati livelli (come abbiamo visto per esempio con la Mezzabarba Skill) rimanere sul discorso del “suona bene” è abbastanza limitante.
Ma a questo punto la domanda da porci prima di “come suona?” è la seguente…

Quali sono gli elementi che lo hanno reso uno standard internazionale di alto profilo?

Gli elementi che permettono di poter arrivare a determinati livelli sono spesso molteplici e vanno a volte scoperti “con il lanternino”, perchè in questi casi si esamina l’apporto estetico, la funzionalità del prodotto stesso, la sua “affordance” (termine utilizzato dai designer per esprimere il concetto di “far capire come funziona un prodotto”), il fatto di poter essere utilizzato con diversi strumenti e diversi amplificatori senza “distruggere” determinati suoni caratteristici del resto del nostro gear.

Tutti questi pregi non nascono dal nulla, vediamo quindi di capire quale è stata l’idea di fondo del Gladio, quale la gestazione e quello che ha poi comportato il risultato finale che abbiamo oggi tra le mani.

Cornerstone Gladio

L’occhio vuole la sua parte

Definire il design del Gladio necessita l’utilizzo di alcune terminologie usate nel mondo del design stesso, ovvero “coerence”,”consistence” e “affordance”. Il loro uso non è per dare sfogo a un’anglofonia fine a sè stessa, ma per esprimere come la scelta delle forme, dei materiali e degli spazi per le stampe, siano state asservite a uno scopo.

Il Gladio si presenta come un monoblocco, in uno chassis in metallo molto robusto e dal peso ragguardevole, unito all’ingombro totale di un formato BB (rapportato in misure “comparative”, non siamo oltre la misura di un pedale e mezzo in formato Boss o Mxr).
La scelta delle manopole, la loro disposizione e conformità, permettono un intuitivo riconoscimento dei controlli, e la conseguente gestione dei parametri principali non solo in in situazioni normali, ma anche in momenti più “frettolosi”.
Questo vale anche per le tre levette che gestiscono la compressione, la gestione di entrambi i circuiti di overdrive e un selettore di clipping.

A livello di posizione dei controlli, il Gladio, oltre a restituire un piacevole colpo d’occhio nella sua semplicità, è molto funzionale e molto intelligente nella gestione degli spazi, rimarcando il suo stile senza l’uso di grafiche estreme o di manopole oversized.

Discorso a parte va fatto per la scelta grafica avvenuta nel pedale, che personalmente ho visto solo in un altra occasione, non in termini di scelta di stile, ma di realizzazione: infatti, il Gladio è totalmente inciso, non presenta nessun tipo di verniciatura a forno o qualsivoglia grafica stampata, tutta la sezione di lettering è costruita in questo modo, il che da anche una sensazione al tatto molto intrigante, per certi versi impreziosisce l’offerta estetica perchè fa parte di quella serie di lavorazioni da brand di lusso, sa quasi di alta sartoria cucita addosso.

Molto spesso si dice che la semplicità sia la chiave anche di un successo estetico oltre che artistico, possiamo dire che il Gladio rispetta questa affermazione, ma la sua semplicità è (palesemente) frutto di uno studio a monte per cercare di trasmettere quante più informazioni utilizzando il meno possibile grafiche/colori o altro.

Un paragone, che forse per alcuni potrebbe risultare molto fuori scala, è quello delle nuove Airpods Max, le quali pur avendo un padiglione molto abbondante in termini di dimensioni, non presenta il logo di Apple (cosa che credo nessun altro brand faccia), questo per sottolineare quanto il suo design sia riconoscibile anche senza spiaccicare una mela morsicata sopra ai suddetti padiglioni.

Nonostante possa sembrare estremamente “natural” nella sua finitura, il Gladio sa essere riconoscibile anche solo al primo sguardo.

Cornerstone Gladio

Per quanto riguarda i controlli invece?

Per quanto riguarda la sezione controlli invece, dobbiamo definire due filoni principali che possono essere utilizzati:

  • Controlli del canale: Volume, Gain, Tone
  • Controlli generali: Comp, Jazz/Rock, SID

Per quanto riguarda i controlli di canale, non stiamo parlando di nulla di nuovo sotto questo cielo, sono i classici che possiamo trovare su un qualsivoglia overdrive, ma il loro comportamento (nello specifico quello del Tone) lo vedremo durante la parte inerente al suono.

Il controllo SID dà la possibilità di usare il Gladio come un doppio overdrive o un overdrive a due canali, ovvero: con il controllo impostato su S i due canali sono commutabili fra loro, quindi possiamo avere un solo overdrive o entrambi accesi, mentre impostato su D abbiamo la possibilità di passare da un “canale” all’altro.
Alcuni (forse) potrebbero storcere il naso per la mancanza di una connessione per effettuare lo switching dei canali attraverso un looper-switcher, ma tenendolo di fianco al looper si ovvia al problema in maniera semplice e a costo zero.

Lo switch per le modalità Jazz e Rock, gestisce il clipping generale del pedale, grossolanamente possiamo dire che nella modalità Jazz il timbro generale risulta essere più cremoso, meno aggressivo, con delle alte più morbide e probabilmente meno compresso e leggermente più dinamico, mentre nella modalità rock il timbro diventa più aggressivo, il clipping è più esuberante, comunque non si aggiunge una compressione esagerata e la gamma delle medio-alte diventa leggermente più spigolosa.

Cornerstone Gladio

L’ultimo, non per importanza, è il controllo di Comp, che tuttavia è un’aggiunta non tanto di una compressione vera e propria, quando più di un attacco meglio pronunciato e evidente, il quale garantisce una risposta “sotto le dita” più esuberante.
È una delle regolazioni che mi prendo la libertà di definire di “fine tuning” di cui se ne apprezzano le peculiarità su un amplificatore dignitoso (scordatevi micro cube o similari) e con un cono da 12 pollici.

Per i più smanettoni, all’interno del pedale è possibile trovare uno switch, il quale se viene spostato sulla destra, inserisce una combinazione di diodi e mosfet nel canale 2, per consentire un diverso clipping. Questo permette di avere un comportamento ulteriormente “aggressivo” da parte del canale due del Gladio, a patto di accettare molta più compressione.

Alla fine dei giochi, è una dotazione completa ma non complessa, riesce a essere ricco di possibilità timbriche senza compromettere l’usabilità del pedale in generale, riuscendo a distinguersi in maniera elegante rispetto a molti competitor.
Si riesce a comprenderne l’intero utilizzo in poco più di una trentina di minuti (andando con calma).

Ok, parlando di suoni invece?

Alcune delle peculiarità che contraddistinguono spesso le produzioni “boutique” (o anche “handmade”) da quelle più di massa – prendo in esempio i pedali della serie Custom Shop di Xotic o la serie Hand Wired della Mad Professor – non è solo la risposta dinamica o “sotto le dita”, ma la risposta anche solo in termini di volume.

Partendo da questo primo punto, possiamo dire che il Gladio è un pedale che genera molto volume, che però ha un escursione regolare in ogni sua parte, a partire soprattutto dall’inizio, ovvero quella che potremmo definire nella fascia entro l’ 1 o il 2 di volume. Anche con il minimo movimento si avvertono dei cambiamenti più che ragguardevoli.

Ovviamente il solo volume non è l’unico argomento di cui trattare, un altro punto “caratteristico” ha a che fare con la dinamica, ma prendiamo un punto di vista leggermente diverso dal solito.
L’impressione che si da è quella di avere un pedale perennemente sovralimentato, che per alcuni può sembrare strano, ma il trick della sovralimentazione è utilizzato spessissimo (si alimentano pedali a 12, 18 o 24 volts) per migliorare proprio il range dinamico.
Solitamente nel pedali di così alto livello si consiglia un’alimentazione non oltre i 12v, per garantire una migliore durabilità del circuito interno e anche per scelta progettuale del costruttore che ha già fatto in modo di avere tutta la dinamica possibile.

Ogni pedale viene testato secondo le direttive del costruttore, in questo caso rimaniamo nel frangente dei 9 e 12 volt, ma la risposta del Gladio già a 9 volts è molto simile alla risposta di un pedale sovralimentato, circa a 15 o 18 volts, il che renderebbe non dico inutile, ma sicuramente dimenticabile una qualsiasi sovralimentazione.
Anche perché il Gladio ha al suo interno un chip digitale per la gestione dell’alimentazione in entrata che taglia tutta la corrente al di sopra dei 12 volts, sempre per preservare la durabilità del pedale nel tempo e perchè, a discrezione personale di chi scrive, non ne vedo una necessità.

Per scrupolo personale, ho alimentato il pedale anche a 12 volt, i cambiamenti ci sono, ma non li reputo estremamente funzionali nel “mondo vero” in un mix o in un live, si comporta benissimo anche alimentandolo normalmente, e francamente userei l’uscita a 12 volt di un multi-alimentatore, o un alimentatore dedicato, per alimentare altro stompbox (un looper o un CabM).

Per il fronte invece del gain, non è assolutamente un pedale che nasce per essere messo sotto la nomenclatura “High Gain”, non ci penserei nemmeno a usarlo per generi estremi (per quello esistono altri prodotti da utilizzare), ma copre una serie di suoni che arrivano fino al rock piuttosto aggressivo.

Cornerstone Gladio

Il Gladio è composto da due canali che non sono uguali tra loro, hanno infatti due clipping abbastanza diversi (soprattutto se si decide di usare lo switch interno che abbiamo accennato per il canale 2) e che potremmo definire come un soft drive e un medium drive.
Arriviamo a una via di mezzo tra i vari overdrive/distorsori più cattivi e gli od che vengono definiti “natural” o per meglio usare un termine all’italiana “trasparenti”.

Anche tenendo il gain “a cannone” non si arriva mai a uno stravolgimento né in termini di compressione né in termini di intelligibilità del suono finale, si riesce a mantenere la caratterizzazione di tutto il “trittico” chitarra-pedale-amp
Se dovessi fare un paragone, il risultato che si ottiene non è quello del distorsore in senso stretto o dell’overdrive, il risultato è quello che potremmo definire “dell’ampli imballato”, ovvero quando si ha il risultato di una forte saturazione (siamo un paio di passi avanti dal suono “edge”, che invece è sul “pelo” della saturazione).

Una cosa che ha contribuito alla costruzione del successo di questo pedale è un carattere deciso seppur per certi versi leggermente atipico rispetto alla effettiva “simulazione” di un canale o di un intero amplificatore, come si sono visti in diversi esempi nel mercato sia nostrano che estero.
Il suo carattere permette un buon margine di adattabilità, riesce a rendere bene sia su amplificatori con valvole finale 6L6 che EL34. Su queste ultime (insieme alle EL84) è probabilmente la miglior combinazione per completezza dello spettro, ovvero dove si può giocare con l’equalizzazione in maniera più ampia senza “distruggere” il suono con troppa facilità.

Quale sarebbe quindi il suo posto a tavola?

La collocazione del Gladio non è molto semplice da inquadrare, sia dal punto di vista economico che da quello sonoro.
Il mondo è pieno di overdrive, e anche di doppi overdrive, quindi molto spesso si tende ad associare un prodotto a qualcosa di già sentito o che meglio appartiene al nostro contesto sonoro.
Quindi perchè collocare il Gladio non è semplice?

Possiamo vedere il Gladio sotto tre aspetti distinti:

  • Un doppio overdrive
  • Un Dumble in a box (o un Dumbloid Italiano)
  • Un overdrive dal suono americano

Come abbiamo visto all’inizio, il Gladio si immette nella fascia di mercato dei doppi overdrive dove i suoi competitor sono dei nomi illustri e che offrono sfumature molto diverse in base alla filosofia del costruttore e al suo know how.
La filosofia dietro il Gladio probabilmente ha un excursus leggermente diverso, che non vuol dire migliore in maniera assoluta, ma è quello di trattare il pedale come se dovesse restituire il carattere (non l’utilizzo in senso stretto) di un preamplificatore e quindi di restituire quel suono saturato tipico di un ampli quando viene fatto lavorare a regime, un timbro ben definito e dal carattere spiccatamente statunitense se ci facciamo caso.

Uno dei primi paragoni che feci io stesso al tempo della sua uscita, era quello di una rivisitazione sulla scia dei pedali “dumble in a box” che il Dumbloid della Shin’s Music ha rappresentato per tanti anni sul mercato.
Francamente, adesso penso abbiano ben poco in comune dal punto di vista sonoro, il Dumbloid ha una pasta e un gain di base molto più aggressivi del Gladio che lo rendono più pungente e più brioso. Oltre ad avere più gain è proprio la sua equalizzazione di fondo a essere profondamente diversa, l’unica cosa che potrebbero effettivamente avere in comune sono i nomi dei controlli, ma poco più, più che le similitudini mi concentrerei a cercarne le differenze per meglio capire quale mi serve.

Da qui invece passiamo all’ultimo punto, ovvero definirlo un overdrive dal sound americano, è probabilmente la definizione più “dry” che gli possiamo dare perchè il carattere è quello. Da qui si potrebbe discutere su quanto o come si avvicina al sound Dumble, ma sarebbe una parentesi (a mio avviso) poco utile ai fini di fare informazione, che alimenterebbe solo una corsa alla ricerca di una panacea sonora di un sacro graal sempre più inavvicinabile.

Cornerstone Gladio

È lapalissiano dire che è un overdrive utile per chi cerca quel tipo di sound, unito anche a una dinamica, una nitidezza e una serie di sfumature sonore ottenibili che lo rendono una soluzione appetibile, non solo però in formato doppio, dato che al momento della scrittura di questo articolo, sta per essere messa in commercio una versione “singola” del Gladio basata sul primo canale, che segue la stessa filosofia, addirittura aggiungendo un potenziometro Clean che a differenza di un normale controllo di mixing tra il segnale dry/wet permette di avere un volume del segnale in entrata all’interno del pedale (quindi con il Clean tutto in basso, si ha lo stesso suono del primo canale del Gladio, ma quando si alza il volume Clean, una parte del segnale pulito viene posto sopra il suono distorto, influenzando così la parte delle basse frequenze, saturazione e compressione allo stesso tempo).

Questo nasce per chi non ha per forza bisogno dei due canali, ma vuole la risposta timbrica del Gladio, che come abbiamo detto pocanzi è il coltellino svizzero di chi cerca il sound di un amplificatore american style senza molti compromessi.

Per quanto riguarda la sua collocazione di mercato, che in molti casi è sempre quella più difficile da spiegare, il Gladio, così come anche i suoi competitor della stessa fascia, ha dietro una lunghisima progettazione e si sa che la ricerca e le tante ore di lavoro fanno molto del prezzo finale (senza contare tutto ciò che burocraticamente/fiscalmente in Italia ci vuole per rimanere a galla).

Fatto questo discorso, il prezzo finale del Gladio è di 350 euro, che per molti può sembrare alto, ma non lo è affatto rispetto alla concorrenza, volendo provare a fare dei paragoni:

  • Browne Amplification Protein Drive – 320 dollari
  • King Tone Duellist Drive – 389 euro
  • Analog Man King of Tone – dai 513 euro a salire (a seconda del modello)
  • Vermuram Jan Ray – 389 euro
  • Shin’s Music Plexi drive MKII – 429 euro

Rientra, quindi, in quella serie di pedali che non sono per tutti i portafogli, ha un suo costo come qualsiasi altro oggetto di pregio, ma ripaga l’utilizzatore sia nella costruzione, che nelle finitura che nel suono, da questo non si scappa in alcun modo.

È chiaro che non è un overpriced rispetto alla concorrenza diretta, anzi in alcuni casi si possono trovare produzioni, anche non handmade, che si avvicinano abbastanza al prezzo di vendita del Gladio. Quindi fate bene i vostri conti.

Maggiori informazioni sul sito ufficiale Cornerstone.

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