Vintage Delay, cioé unità vecchio stampo che nel corso degli anni hanno contribuito al suono della chitarra in modo fondamentale.
Abbiamo visto nella precedente puntata quello che rappresenta l’algoritmo del Digital Delay, ovvero il suono (nel suo complesso) simile a quello di un pedalino dei primi anni ’80 ma con le ripetizioni cristalline e perfette di un delay di fascia molto alta che non ti aspetteresti (appunto) da un pedale.
Ciò che manca però è il suono “underbit”, che può sembrare una parola folle, ma è quel tipo di suono non particolarmente “bello”, tipico delle primissime macchine digitali, che genera anche un po’ di rumore di fondo, oggi forse molti lo odierebbero.
Questo suono nasceva per via della poca potenza computazionale delle macchine dell’epoca, che non avevano una capacità di poter usare delle strutture dati molto ampie, quindi avevano pochi bit a disposizione per riprodurre un determinato suono o effetto.
Pochi bit da utilizzare per il nostro suono è come fare una foto perennemente sfocata, si vede tutto ma un po’ male, più o meno il concetto è quello.
Con questa premessa cominciamo a parlare dell’algoritmo Vintage Delay del Timefactor, che prende una strada leggermente diversa dalla premessa appena fatta, con una risposta meno flat, più aperta.
Il comparto modulazione è particolarmente acido, si sentono molte medio-alte, risultando meno ampio rispetto al Digital Delay ma più presente.
Le code sono leggermente meno cristalline, soprattutto se si fa uso del potenziometro bits messo a regolazioni basse, ma se tenuto al massimo, ha un suono che può quasi funzionare da simulazione di un Analog Delay, risultando comunque meno scuro rispetto al Tape Echo.
La Xnob in questo caso è il valore di “Bits“, che è un valore in multipli di due che rappresenta la risoluzione del nostro suono ritardato. Questo valore vuole simulare la poca precisione dei convertitori più vecchi di macchine che hanno imperversato durante gli anni ’80.
Andare a giocare su questa manopola è una questione molto complessa, perchè per poca risoluzione si intende anche un rumore di fondo non indifferente, non per difetto del pedale, in realtà proprio per esatta simulazione del comportamento dei circuiti e dei convertitori più vecchi.
Andando a scalare con il numero di Bits noteremo che il suono diventa più scuro (non più “caldo”, questa è un’impressione dovuta alla psicoacustica).
Il ventaglio di sonorità di questo algoritmo è leggermente diverso e per molti versi anche meno ampio rispetto a quello del Digital Delay, perché non arriva al suono di una produzione di fine anni ’90 o del nuovo millennio.
Qualsiasi genere anni ’80 si presta ottimamente a questo algoritmo, forse leggermente meno se si fa classic rock perchè molti preferiscono un Analog Delay o il Tape Echo, ma tenendo al massimo il valore di Bits (non al di sotto del 70%) si riescono a ottenere risultati più che soddisfacenti per l’ambito live (in studio si potrebbero notare delle sbavature di tipo timbrico, ma alla creatività non c’è mai fine).
Se siete amanti dei vecchi suoni e, soprattutto, se suonate molto spesso musica rock anni ’80, questo è il suono che fa per voi senza ombra di dubbio.
Ma ovviamente con il Timefactor è possibile andare ancor più indietro negli anni, vedremo come nella prossima puntata…
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