Il colpo d’occhio è palese, unico neo è che le manopole sono nere su sfondo nero e questo potrebbe essere un problema in situazioni live con luci basse.
Il pedale è estremamente leggero e abbastanza compatto, comodo quindi anche su pedaliere mediamente “affollate”.
Due parole da parte del suo creatore
La persona migliore per parlare della storia e delle caratteristiche del pedale, è sicuramente Chicco Bellini, padre del progetto in ogni sua parte.
Puoi svelarci qualcosa sui retroscena delle vostre ricerche per questo “tone of heaven” degli echo/delay?
L’idea di partenza con l’Echosex 2° è stata di avere un pedale che suonasse come il Binson Echorec ma che non fosse il solito clone; da qui è partita l’ idea di costruire l’idea sonora utilizzando una sola delle quattro testine (quella poi più utilizzata dai chitarristi che usavano il Binson) e dare quindi la possibilità di poter modificare il tempo di ritardo attraverso un footswitch (cosa non possibile sull’originale).
In parte il suo essere “moderno” – dal punto di vista funzionale per il chitarrista odierno – è il modo in cui viene trattata la ripetizione: noi abbiamo cercato di riprodurre quello che accadeva nel sistema Binson.
In poche parole, la nota viene scritta dalla testina sul nastro magnetico avvolto intorno al disco, che la “trasporta” fino alla prima testina di lettura accesa, e tramite il feedback, questa viene riportata alla testina di scrittura, ma passando attraverso il filtro del tono, che quindi ha l’effetto di schiarire o scurire l’andamento delle ripetizioni.
Oltre a questo filtro, il fatto fisico di passare attraverso le testine magnetiche, il filo, i trimmers che regolano il livello delle singole testine etc, tutto questo comportava una certa degradazione del segnale che, quando ripetuto molte volte, faceva “decadere” la nota piuttosto rapidamente, trasformandola in un qualcosa di diverso, di “etereo” ma sempre intonato.
Da qui nasce quello che io chiamo “tappeto” che si otteneva nel Binson usando la testina 4 (quella più lontana con un tempo circa di 320ms) e il feedback alto unito al tono chiuso.
Si ottiene fra l’altro una risposta al tocco incredibile, praticamente puoi “suonare” il delay, nel senso che col palmo della mano destra puoi stoppare la corda quando esegui una nota e sentire chiaramente e ben definite le ripetizioni, anche peraltro modulate dall’Age of Damage, oppure tirare la nota sostenuta o dare una bella pennata lunga ad un accordo e magicamente le ripetizioni spariscono lasciando posto al famoso tappeto sonoro.
Sul cosidetto Age of Damage c’è stato un bel lavoro nel tentare di riprodurre quelle imperfezioni che caratterizzavano le differenze fra ogni esemplare di Binson, in parte perché c’è margine sia per il posizionamento fisico delle testine, in parte per come erano regolati tutti i trimmers interni, ma soprattutto per lo stato fisico della parte meccanica.
In particolare, c’era questa ruota spingidisco in gomma che trasmetteva il moto dall’albero motore al disco magnetico che negli esemplari più vecchi, fermi da molti anni, si induriva e praticamente si schiacciava sul lato premuto contro il disco e si formava un dente sul lato a contatto con l’alberino sottile del motore; quindi in pratica c’erano due segni diversi sulla ruota e quando lo si metteva in moto questo rendeva non perfettamente lineare l’andamento del disco che “zoppicava”, frenava e accelerava quando incontrava quei punti, generando un effetto di vero pitch modulation quando era davvero molto rovinato.
Ecco perché il controllo Age of Damage ora riproduce benissimo questa cosa, creando un effetto simile ad un chorus fino diciamo a metà, diventando poi ai valori massimi vicino ad un pitch modulator con lo stesso andamento zoppicante della ruota suddetta.
Abbiamo studiato molti esemplari originali avuti in riparazione e abbiamo carpito i segreti del Binson che qui in parte ho svelato: oggi sul mercato non si contano più le riproduzioni ispirate più o meno dichiaratamente al vecchio Binson, ma ne ho provati alcuni dei più blasonati e ho visto che cose come queste non sono state prese in esame, tipo anche solo semplicemente il fatto che il tono stia fra lettura e scrittura, diventando un controllo essenziale per il carattere del prodotto, che lavora in sinergia col feedback.
È possibile quindi tenere livelli di feedback molto alti e se il tono è leggermente chiuso, questo “frenerà” l’auto-oscillazione, permettendo quindi di creare il bel tappeto sonoro senza incorrere appunto nell’oscillazione incontrollata.
Negli anni poi abbiamo continuato e seguito il successo che Echosex aveva avuto e abbiamo prima implementato la gamma con il T7E che riproduceva tutte le funzioni del vecchio Binson, quindi le 4 testine combinabili in 12 diverse configurazioni, le tre modalità di lavoro Echo, Rep, Swell e vari ed eventuali.
Poi con l’avvento di Foxgear, abbiamo aggiunto l’Echosex Baby, ispirato al Binson Echorec Baby, ovvero versione ridotta e a FET anziché valvolare che ha avuto un successo enorme visto anche il costo davvero contenuto.
Più recentemente c’è stata sempre la versione Baby “a Fet” del T7E ovvero il T7E baby, dove abbiamo replicato tutte le funzioni del Binson in dimensioni ridottissime, e abbiamo aggiunto anche alcune chicche come la velocità variabile del “motore”, il footswitch che richiama la modalità Swell (Riverbero) come un secondo preset comodissimo, e un vero “motore” Stereo, utilizzando un vecchio chip stereo degli anni ‘80 che suona benissimo e che lavora su fasi e frequenze distribuite per avere un vero effetto di tridimensionalità avvolgente.
Come nasce il primo contatto con Steve Lukather?
La collaborazione con Luke nasce quasi subito dopo l’uscita dell’Echosex 2°, il primo prodotto che lanciammo sul mercato internazionale come Gurus nel lontano 2013.
Sinceramente non aveva nulla a che fare con il fatto di essere la riproduzione di un Binson, glielo feci provare una sera a Torino prima di un concerto e gli piacque moltissimo, e da allora non se ne è più separato e non l’ha mai più spento.
Che uso fa del pedale?
L’uso che ne fa Luke è quello di un delay di ambiente e grazie alle particolarità di Echosex ha subito notato sotto le dita che non dava mai fastidio, non c’è “mud” dice lui (fango) nemmeno quando va velocissimo e soprattutto rimane sempre molto dinamico e gestibile al tocco.
Se stoppi la nota senti chiaramente le ripetizioni, se invece la lasci sostenuta, o vai veloce, senti un tappeto sonoro che crea un bellissimo ambiente.
È per questo che da allora è la base del suo suono ed è sempre acceso e presente in ogni assolo, in tutto quello che fa live e in studio, sia coi Toto che con Ringo Starr.
Ci sono state delle modifiche nel tempo?
Nel 2017 mi pare, quando passò da Ecstasy ad Helios, modificammo il circuito dell’Echosex 2° per migliorarlo, poiché usato nel loop era facile che si saturasse l’ingresso, e questa modifica poi l’abbiamo riportata sul modello Echosex 3°, insieme a molti altri improvements, come la sezione preamp totalmente ridisegnata con la valvola in alta tensione* (fino a 300V) e regolata al meglio sul suo rig.
*Come negli ampli, la V1 è quella che determina il suono, e spesso il punto di lavoro dove esprime il meglio in termini di contenuto armonico è fra i 120 e i 150Volts.
Ci sono delle differenze con questo modello anniversary?
Per quanto riguarda il nuovo modello Signature non ci sono differenze tecniche, abbiamo solo voluto celebrare il 10 anniversario di Echosex con un tributo a chi davvero ci ha aiutato a renderlo famoso in tutto il mondo, e la piccola differenza di prezzo è solo dovuta al fatto che parte dei proventi del suo Signature vengono donati alla Ed Asner Family Center for Autistic Kids, una charity di Los Angeles molto cara a Luke e scelta da lui.
Ora, lui non lo dirà mai, quindi lo faccio io, perchè è giusto che la gente sappia che tipo è Luke: quando si fa un prodotto signature a un artista, di solito si riconosce allo stesso una percentuale sui profitti, visto che si utilizza la sua immagine.
Ma quando gli dissi che volevamo celebrare il nostro anniversario donando una parte del ricavato e di scegliere lui una Charity a cui destinare i proventi, si è commosso, e la sua risposta è stata altrettanto emozionante, ovvero ha strappato il contratto e mi ha detto: non voglio niente, dai anche la mia parte alla Charity, ogni singolo dollaro è importante per loro.
Aggiungo che in 10 anni di collaborazione, molto attiva, ci sentiamo e vediamo regolarmente quando viene in Italia o in Europa, mi ha introdotto a tanti artisti suoi amici, sono andato diverse volte a casa sua, mi cita sempre nei credits dei dischi, mi ha invitato lo scorso Natale al concerto che fanno ogni anno finiti i tour al Baked Potato, abbiamo usato anche la sua immagine per delle pubblicità sui giornali americani e giapponesi, e ogni volta che gli chiedevo il permesso, la sua risposta è sempre stata: non voglio un cent.
“Siamo amici, sono fan dei tuoi prodotti, se la mia immagine può aiutarti usala come meglio credi. “ (testuali parole di Luke)
Sentiamo come suona
Per provare l’Echosex, abbiamo utilizzato una catena dal sapore vintage ma dalle costruzioni odierne, quindi abbiamo messo la chitarra, con il pedale direttamente nel front della testata Dreamaker PP2X, come si fa con le testate sprovviste di mandata effetti.
Ovviamente, come anche il buon Steve Lukather fa, è utilizzabile perfettamente anche nel send-return, questo per fare in modo di utilizzare il delay dopo lo stadio di preamplificazione.
La catena procede come segue:
- Fender Stratocaster Lonestar con pickup Bertozzi
- Gurus Echosex 3
- Dreamaker PP2X
- Redseven Amp Central con IR di un celestion V30 con AKG 414 e SM57
- Arturia Audiofuse
Possiamo dire che la sensazione di “avvolgente” che mi aspetto da questo tipo di echo viene rispettata, reputo che il suono generale tenda leggermente a scurirsi un po’ (cosa normale anche negli originali Binson, NdR) e questo potrebbe lasciare leggermente spiazzati all’inizio, ma potrebbe essere anche un risultato dell’accoppiata tra pedale e amplificatore.
L’Age of Damage fa decisamente la differenza, restituisce l’appeal del suono “consumato” ed è subito molto presente (infatti è molto semplice “eccedere”) e si ottengono grandissime sonorità chorus oriented fino a un quasi-flanger.
Ovviamente in questa fase di test la mandata effetti dell’amplificatore è assente, provandolo come se fosse un effetto inserito in una mandata (quindi un insert in senso stretto) si comporta molto bene, evitando saturazioni ma mantenendo il carattere e l’impronta sonora che si cerca in un delay a nastro.
Sulle tracce troviamo un utilizzo come Echo di diverse dimensioni, con l’aggiunta poi dell’Age of Damage che permette di ottenere la modulazione, successivamente proviamo il controllo di tono sulle code.
Il Tap Tempo, anche se non è parte prettamente sonora, a differenza del concetto “puro” dell’utilizzo dei pedali Binson-Style, rende la vita del chitarrista molto più semplice, è probabilmente uno dei punti di forza di questo pedale.
Un delay solo per i fan di Steve Lukather?
Pur essendo un prodotto signature, non lo accosto a degli utilizzi “settoriali”, come abbiamo visto anche con la Majesty di John Petrucci e con l’amplificatore di Phil Palmer.
Determinati artisti riescono a creare strumenti che sono sì disegnati sulle loro esigenze e specifiche, ma che devono (nella stragrande maggioranza dei casi) coprire una serie vasta di sfumature sonore, come possiamo effettivamente vedere in questo pedale.
Con il Gurus Echosex 3 Steve Lukather Signature possiamo suonare una grandissima varietà di generi musicali ed è indicato per le pedaliere di amatori, semi-professionisti e professionisti… nonché rockstar che hanno scritto la storia della musica!
Maggiori informazioni sul sito del distributore italiano Mogar Music.
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