Non c’è il minimo dubbio su quali siano le Gibson Les Paul più ambite di sempre, a partire dal Santo Graal, cioé il modello prodotto nel 1959 e finito nelle mani dei migliori chitarristi della storia, a partire da Jimmy Page.
Stiamo parlando di tre annate davvero d’oro per Gibson: 1958, 1959, 1960. Premettiamo: se state scalpitando perché nel mucchio non c’è anche una splendida Gold Top 1957, è semplicemente perché ve l’abbiamo già fatta sentire in azione nella scorsa puntata.
Man mano che la produzione andava avanti, Gibson in quegli anni raffinava alcune caratteristiche delle sue LP. In primo luogo, i manici si facevano sempre meno spessi, il che alleggeriva il playing per la mano del musicista. I legni venivano poi scelti con sempre maggiore cura estetica, cosa che è già verificabile negli ultimi mesi del ’58 ma che appare ben chiaro sugli splendidi top, spesso fiammati, delle ’59.
In più c’è la questione delle verniciature: almeno fino al 1959 la vernice usata da Gibson era molto fotosensibile, il che portava piuttosto velocemente negli anni alla perdita di colore in differenti gradazioni a seconda dell’ambiente a cui era esposta. Da qui, per chi non lo sapesse, nasce la grande varietà di finiture oggi esistenti, che non sono altro che variazioni imitate artificialmente della veste che il classico Cherry Sunburst acquisiva col tempo.
Ma quello che non cambiava era il valore sonoro di ognuno di questi bellissimi strumenti.
Proprio tre di queste Historic, ovviamente del 2018, ascoltiamo oggi da Tomassone Roma e non solo, nella prossima puntata (stay tuned!) faremo una capatina anche nel negozio di Bologna dove ci aspetta Gianpaolo Tomassone per addentrarci in alcuni dettagli tecnici molto importanti per comprendere il perché queste serie siano così prestigiose e più costose delle serie standard.
E pensare che proprio nel ’60 Gibson decise di mettere da parte la produzione di queste chitarre (motivazione per cui oggi hanno prezzi da capogiro, non ne sono state prodotte molte in scala mondiale) per un semplice motivo: la forma “classica” – ebbene si già al tempo era ritenuta tale – non era ben vista dalle nuove generazioni di giovani musicisti.
Non a caso si passerà alla produzione delle SG, che all’inizio porteranno ancora il nome Les Paul sulla campana del truss rod (con non poco astio da parte di Les Paul in persona, il musicista/inventore). Solo anni dopo, quando le “vecchie” Les Paul verranno prese in mano dagli idoli dei giovani quali Eric Clapton, Jimmy Page, Jeff beck ecc. la Gibson tornerà sui suoi passi, anche se con modalità un po’ diverse.
Oggi abbiamo la fortuna di avere il Gibson Custom Shop che lavora in maniera pressoché indipendente in una sede separata e che ripropone, checché se ne dica (spesso a sproposito), grandi classici e grandi suoni.
Certo, non sono strumenti da “primo pelo” né abbordabili per tutti. Ma spesso basta una prova per innamorarsene e sicuramente un esemplare originale resta ad oggi inarrivabile da quasi chiunque, oggetti da conservare in teche di cristallo o addirittura nei caveau di una banca.
Quindi, se avete voglia di toccare con mano il famoso “suono Gibson” su uno strumento che può entrare a casa vostra senza dover costare più della casa stessa, non vi resta che recarvi in negozi come Tomassone, che con competenza e gentilezza vi faranno provare tutto il possibile. Occhio solo alla sindrome di Stendhal…
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