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Giuseppe Verdi – La Traviata

Il 6 marzo del 1853, sul palcoscenico del Teatro La Fenice di Venezia, La Traviata di Giuseppe Verdi fu un fiasco, nell'ottobre del 1854 al San Carlo di Napoli collezionò un altro insuccesso, ma oggi, come avviene da molti anni nei teatri di tutto il mondo, è una delle opere più amate dal pubblico. Non è certo una

È “La Traviata” del leggendario Giuseppe Verdi l’opera protagonista di questa settima puntata della nostra rubrica intitolata “Alla scoperta dell’Opera“.

Il 6 marzo del 1853, sul palcoscenico del Teatro La Fenice di Venezia, “La Traviata” di Giuseppe Verdi fu un fiasco, nell’ottobre del 1854 al San Carlo di Napoli collezionò un altro insuccesso, ma oggi, come avviene da molti anni nei teatri di tutto il mondo, è una delle opere più amate dal pubblico. Non è certo una novità il trovarsi di fronte a capolavori d’arte che per divenire tali necessitano di superare il proprio tempo, spesso il proprio artefice, e raggiungere un’accettazione futura cui erano predestinati. Verdi visse fino all’età di ottantotto anni, nato “in un’epoca in cui il solo mezzo conosciuto di locomozione terrestre era la carrozza a cavalli. Quando morì, le ferrovie allacciavano la terra nella loro rete; da due anni Agnelli aveva fondato la Fiat“. (1)

Nel volume di Massimo Mila da cui sono tratte queste parole, per quanto si possa non condividerne completamente alcune vedute, è esposta una riflessione che mi ha sempre convinto. Paragonando alcuni celebri compositori a Verdi, Mila ragiona su come molti d’essi abbiano speso la propria vita compositiva imbrigliati dal successo di alcune opere, oppure sedimentando il proprio estro creativo nell’immobilismo di canoni dettati dal momento del loro successo. “Possibile che il talento di tutti questi musicisti declini con l’età?” si chiede Mila. “No: semplicemente sono musicisti che rimangono sempre gli stessi in un mondo che cambia“. (2)

Verdi non smise mai di rinnovarsi ed è questa la chiave fondamentale nel leggere la sua carriera. Quest’ultima fu lunga, ma soprattutto si snodò fra epoche pregne di cambiamenti radicali nella politica quanto nella sociabilità, e solo nel farsi specchio della sua arte su di un mondo in continuo mutamento, Verdi trovò l’elisir in grado di mantenere sempre fresca e penetrante la sua energia creativa.

Degli iniziali fiaschi di “Traviata” c’è da dire che gli interpreti delle prime rappresentazioni non aiutarono ad un’immediata buona sorte del melodramma, la ricerca della compagnia per la prima rappresentazione (così come per le immediate successive) fu infatti segnata da grande tribolazione.Questo è dovuto soprattutto ad una particolare attenzione posta da Verdi nella ricerca dei cantanti, infatti lo stile avviato con Luisa Miller, Stiffelio e Rigoletto richiedeva ormai un’interpretazione non convenzionale, rigorosamente impostata su misura del dramma e soprattutto basata sul canto “di conversazione”. (3)

Giuseppe Verdi - La Traviata

Il cambiamento avviato da Verdi con le opere citate era quello dello spostamento dell’attenzione dal patriottismo, che aveva caratterizzato i precedenti melodrammi, ad un’arte che si concentrasse sulla psicologia della vita privata. Tale cambiamento è riconducibile in particolare agli avvenimenti che caratterizzarono l’esperienza della Repubblica Romana del 1849, conclusasi con l’impotente infrangersi dell’entusiasmo rivoluzionario italiano sull’unione delle forze austriache, papali e francesi. Mentre Mazzini, il 5 luglio del 1849, scriveva una lettera ai romani in cui comunicava che, seppur sconfitti, la Repubblica Romana ed i diritti dei suoi cittadini sarebbero vissuto eternamente, Verdi comprendeva più chiaramente che le conseguenze di tale sconfitta avrebbero colpito nel profondo lo spirito pubblico.

“La Traviata” è un’opera prodotta proprio dalla capacità di mutare insita nell’estro creativo di Verdi, opera che per svariate ragioni rappresenta un vero e proprio punto di ripartenza nella carriera del Maestro. L’opera in questione chiude la <i>trilogia popolare</i> (denominazione che è più adatta al riconoscimento di un particolare periodo della vita compositiva di Verdi, 1851-1853, piuttosto che all’identificazione di tre opere fra esse collegate) e chiude gli anni della scrittura frenetica di Verdi, quelli che lui stesso definì come gli “anni di galera”.

Da Traviata in poi si dedicherà infatti ad una pratica di scrittura più distesa e svincolata da contratti di produzione a breve scadenza, questo soprattutto grazie al suo affermarsi come artista di indiscussa fama internazionale.In quest’occasione vogliamo però osservare come il dramma di Violetta (la protagonista) e la musica che lo espone, si facciano buon esempio della capacità di “aggiornamento” artistico di Verdi, e di quell’importante spostamento verso la sfera del privato che il compositore aveva messo in atto qualche anno prima. Anzitutto il soggetto de “La Traviata” non è ascrivibile al repertorio convenzionale del mondo melodrammatico, incline al pescare fra intrecci appartenenti alla storia antica (romana e greca), a quella medioevale così come alla mitologia. Il soggetto in questione allo stesso modo è un unicum nella carriera di Verdi stesso, perché la vicenda di Violetta, una prostituta d’alto bordo, e Alfredo, è letteralmente un amore dei giorni nostri.

Con Violetta e Alfredo Verdi non prende quindi due immagini dal passato, universali ed eterne, per poi riempirle di un significato pronto ad essere interpretato e proiettato sull’attualità dello spettatore: Verdi porta direttamente in scena l’attualità, l’eternità di quest’opera è insita suo essere sempre nell’oggi. La vicenda appartiene alla sfera del famigliare, infatti la breve vita delll’amore tra Violetta e Alfredo (per il quale Verdi trasse spunto da “La Dame aux camélias” di Alexandre Dumas figlio) si dimena nella morsa dell’oppressione dettata dalle regole della sociabilità borghese, che agisce parallelamente all’avanzare della tisi di cui la ragazza soffre.

L’oppressione in questione non è quindi più quella del “Nabucco“, de “La battaglia di Legnano” o de “I due Foscari” (e più generalmente del primo Verdi), in questo caso ci troviamo di fronte allo schiacciamento dei voleri dell’individuo obbligato ad assoggettarsi alle convenzioni sociali.

Giuseppe Verdi - La Traviata

L’interesse di questo articolo è da rivolgersi al personaggio di Violetta, protagonista e luce dell’intera opera, attorno alla quale tutto ruota e si relaziona. Violetta, malata di tisi fin dal principio del dramma, è innamorata di Alfredo Germont, figlio di Giorgio Germont, ma la sua condizione di prostituta intacca la reputazione della famiglia dell’amato, al punto da ridurla in gravi condizioni economiche. L’amore dei due giovani è pertanto destinato a finire, ed è Germont padre che, incolpandola d’essere la rovina di Alfredo e della sua famiglia, punta al cuore di Violetta una lama fatta di vincoli sociali ineludibili.

Nel secondo atto, luogo dell’incontro di Germont padre con la ragazza, la giovane decide quindi di lasciare Alfredo, così ch’egli possa risollevare le proprie sorti. La scelta di Violetta è un passo fondamentale, non solo per il proseguire della trama, ma anche perché permette all’opera di far emergere un altro importante tema verdiano: il sacrificio. Nella poetica verdiana la tematica del sacrificio, così come quella del rapporto figlio/a-padre, è una costante imprescindibile, se però nelle opere tipicamente patriottiche riconosciamo una tipologia di sacrificio volto al bene comune, in opere come “La Traviata” l’attenzione rivolta alla psicologia interiore del personaggio sposta tale tematica verso orizzonti più intimi e circoscritti. Violetta, che nell’amore per Alfredo aveva riconosciuto la strada di redenzione per il suo scandaloso passato, decide di mettere il bene dell’amato davanti al proprio, e, nel momento in cui Giorgio Germont l’accusa d’essere il male che affligge il figlio, decide di sacrificare ciò che ha di più caro.

Proprio in questi giorni, rivedendo il presente articolo in vista della pubblicazione, parlavo con la mia cara amica Desiree Rancatore, che più volte ha portato (e porterà) il personaggio di Violetta sui palcoscenici di tutto il mondo. Anche durante queste conversazioni ho avuto conferma di ciò che ho sempre creduto: il dramma di Violetta si avvinghia al cuore di chi l’ascolta e di chi la canta perché in grado di portare in scena una sentimentalità estremamente articolata, ben lontana dalla semplicità di una trama che ha nella storia del melodramma molte opere affini.

La povera ragazza è un’ex prostituta, malata di tisi, che ha ritrovato il bagliore di una vita pura in un amore che, a causa del passato che la condanna, lei stessa riconosce come qualcosa che non gli appartiene. Violetta vorrebbe ardentemente vivere la purezza dell’amore di Alfredo per il resto dei suoi giorni, ma allo stesso tempo è consapevole del fatto che la sua vita è segnata da come l’ha condotta: “così alla misera ch’è un dì caduta, di più risorgere speranza è muta!” (4)

Non c’è modo di sfuggire al passato e alle convenzioni sociali che lo marchiano come impuro, di fronte alle accuse di Germont, straziata e rassegnata, Violetta non può che cedere e decidere di offrire il proprio amore, e la propria vita, per il bene dell’amato Alfredo. Quello de “La Traviata” è un dramma che si svolge tutto dentro Violetta, che anche musicalmente, nel suo toccarli di volta in volta, accende gli altri personaggi di una profondità altresì irrintracciabile. La melodia più celebre, quella che sostiene le famose parole “Amami Alfredo, quanto io t’amo…” (5) è una punta acuminata per chi l’ascolta conoscendone il costante ritorno a sottolineare il sacrificio di Violetta.

Quel tema apparentemente così semplice, così perfetto nel suo dipingere un sentimento combattuto, e pertanto così difficile da interpretare appropriatamente, è l’emblema perfetto della psicologia complessa di Violetta. Culmine del dramma è la morte della ragazza, che nello strazio di un amore impossibile, in un continuo dimenarsi fra il proprio volere ed il volere del mondo a lei circostante, troverà sollievo soltanto nella fine procuratagli dalla tisi, salvifica soluzione di Verdi nel alleviare le pene di uno fra i personaggi più tormentati del repertorio operistico.

Note:
(1): “Verdi”, Massimo Mila, Seconda Edizione Bur Saggi, giugno 2013, Milano, pag.501.
(2): ivi, pag.503
(3): “La traviata attraverso i documenti”, Marcello Conati pag.95, in “Eroine tragiche… ma non troppo”, Fondazione Teatro Regio di Parma – Istituto nazionale di studi verdiani, 2007.
(4): “La Traviata”, libretto, Atto Secondo, Scena V.
(5): “La Traviata”, libretto, Atto Secondo, Scena VI.

Disco-Videografia consigliata:
“La Traviata”, Giuseppe Verdi – Albanese/Peerce/Merrill, NBC Symphony Orchestra dir. Arturo Toscanini. 1946 – Remaster Music&Arts, 1987-2004.
“La Traviata”, Giuseppe Verdi – Callas/Raimondi/Bastianini, Teatro alla Scala di Milano dir. Carlo Maria Giulini. 1956 – Remaster Myto Devotion 2009.
“La Traviata”, Giuseppe Verdi – Scotto/Kraus/Bruson, Philarmonia Orchestra dir. Riccardo Muti. 1982 – Remaster EMI 2012.
“La Traviata”, Giuseppe Verdi – DVD – Netrebko/Villazon/Hampson, Wiener Philharmoniker dir. Carlo Rizzi. Regia Brian Large, Deutsche Grammophon, 2006.
“La Traviata”, Giuseppe Verdi – DVD – Fleming/Villazon/Bruson, Los Angeles Opera Orchestra dir. Marta Domingo. Regia Brian Large, Decca, 2007.
“La Traviata”, Giuseppe Verdi – DVD – Bonfadelli/Piper/Bruson, Orchestra e Coro Fondazione Arturo Toscanini dir. Placido Domingo. Regia Franco Zeffirelli, RaiTrade 2010.

Bibliografia consigliata:
“Le opere di Verdi, vol. 2 Dal Trovatore alla Forza del Destino”, Julian Budden, EDT, Collana Musica | Reprints, Torino, 2013.
“La signora delle camelia”, Alexandre Dumas figlio, trad. Pastonch F., Mondadori, Collana Oscar Classici, Milano, 1988.
“Verdi”, Massimo Mila, Seconda Edizione Bur Saggi, Milano, giugno 2013.
“Eroine tragiche… ma non troppo”, Fondazione Teatro Regio di Parma – Istituto nazionale di studi verdiani, 2007.

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