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Intervista a Roberto Pagani, il pianista della grande musica italiana

La poliedrica carriera di Roberto Pagani, tra palco e studio, tanti e vari strumenti, passione e rigore professionale.

C’è un momento preciso in cui si intuisce di trovarsi davanti a un musicista fuori dal comune. Con Roberto Pagani quel momento arriva presto, già dai primi minuti della nostra intervista nei nostri studi. La sua è una carriera che affonda le radici in un ambiente familiare fortemente musicale, cresciuto in una casa piena di strumenti e stimoli sonori, dove la musica era insieme gioco, linguaggio quotidiano e, presto, destino.

Ho dei ricordi in cui cercavo di accendere la tastiera di mio padre a tre o quattro anni, racconta con un sorriso, rievocando una passione innata, accesa da un ambiente unico.

Inizialmente indirizzato al clarinetto per esigenze della banda comunale del suo paese, si avvicina poi all’organo liturgico, primo strumento a tastiera realmente accessibile. Ma sarà il pianoforte a diventare il suo centro gravitazionale, grazie a un’intuizione paterna e alla determinazione con cui affronta poi gli studi.

Roberto Pagani

Un percorso musicale costruito con passione e disciplina

Dopo il diploma in Pianoforte al Conservatorio “F. Morlacchi” di Perugia nel 1987, a cui seguirà quello in Jazz nel 1996, Pagani si forma anche in organo, musica elettronica, strumenti a percussione.
Nel tempo, l’essere un polistrumentista diventa il suo marchio di fabbrica: che si tratti di jazz, pop, classica o colonne sonore, Pagani riesce sempre a mettersi al servizio della musica.

Nel suo lungo percorso professionale ha accompagnato centinaia di artisti, da Andrea Bocelli a Gianni Morandi, da Laura Pausini a Claudio Baglioni, con cui collabora stabilmente dal 2004.

Con Baglioni, in particolare, ha trovato terreno fertile per esprimere la propria versatilità: C’è stato un tour in cui ho suonato più di dieci strumenti sul palco, ricorda, ripercorrendo l’esperienza del live “Tutti qui”.

Roberto Pagani

Il rapporto con gli strumenti

Nell’intervista, Pagani sottolinea quanto sia importante pensare da polistrumentista, non solo da pianista. Ogni assolo, ogni tema viene affrontato come farebbe un sassofonista, un bassista, un percussionista.
Questa capacità gli consente non solo di suonare bene, ma anche di arrangiare con una profondità ritmica e timbrica rara, un aspetto sempre più prezioso in un’epoca in cui spesso i brani vengono costruiti in studio su sequenze e layer digitali.

Quando suoni con lo strumento, ti senti ispirato. Più è bello lo strumento, più si crea una sinergia – spiega parlando del suo rapporto con Yamaha, brand con cui collabora da anni come endorser.
La scelta, dice, non è mai stata influenzata solo dal ruolo: “Yamaha nel campo digitale rappresenta ciò che più si avvicina al pianoforte acustico, a livello di risposta fisica e timbrica”.

Roberto Pagani

Pagani ha approfondito negli anni l’utilizzo dei pianoforti digitali Yamaha, come i modelli Clavinova, come il CP-885, o l’Avantgrand NU1XA. Non si tratta solo di comodità o trasportabilità, ma di fedeltà al suono e al tocco, di realismo nella risposta dinamica.

Quando una nota viene suonata con poca dinamica suona in un modo, salendo con la dinamica cambia completamente timbro. Questa cosa nei pianoforti digitali non è affatto scontata”, spiega, facendo un’analisi tecnica che è anche testimonianza di una sensibilità spiccata, da musicista ma anche da esperto del suono.

In studio e dal vivo: due mondi, un solo approccio

Accanto alla carriera live, Pagani coltiva da anni una passione parallela per la produzione musicale e per il mestiere del fonico. §
Nel suo studio lavora a progetti personali e di altri artisti, spaziando tra pop, musica sacra, colonne sonore, jazz. Due mondi diversi, quello dello studio e del palco, che richiedono approcci specifici: Nel live serve l’impatto, la ‘zampata. In studio devi saper lavorare per il cliente, con criteri totalmente diversi.

Roberto Pagani

A un giovane musicista, oggi, non può che consigliare la perseveranza: “Non è una professione in cui puoi vivere di rendita. Devi sempre studiare, aggiornarti, metterti in discussione”.
Anche perché il talento da solo non basta: conta sapere dove stare, come stare. Anche questo, in fondo, è fare musica.



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