Fatta chiarezza sul fenomeno, che chiamerò così, dell’ultravisione esposto nella prima parte di questi piccoli saggi, non resta che andare avanti e appropriarsi di questa specifica tecnica improvvisativa, la sovrastruttura, e assumerla nell’istinto.
Per naturalizzare questa tecnica è profittevolissimo valersi di periodi armonici assai ricorrenti all’interno di una composizione.
Mi trovo qui ancora a richiamare il periodo ii V I, mediante il quale, a ben vedere, prendono forme la massima parte delle strutture di standards più ricorrenti. Per chi di ciò non fosse certo, inviterei questi a una lettura o analisi clinica e guaritrice del repertorio di standards, a proporsi come obiettivo unico una vera e propria caccia ai ii V I.
Un aneddoto del secolo jazzistico trascorso vuole che corresse voce che la qualità artistica di un musicista jazz fosse misurabile soltanto secondo la sua più o meno virtuosa qualità di improvvisatore di un ii V I. Tale prospettiva conserva ancora una valenza al tempo nostro, ma direi che non coincide più con il massimo delle abilità, con l’apogeo, ma con una buona iniziazione a capacità che potranno crescere; perché si sa, intercettato il cammino ideale, esclusi i vicoli ciechi, si possono già pregustare dei futuri paesaggi godibili.
Oltre di ciò sarà opportuno studiare attentamente quali relazioni si determinano tra le sovrastrutture che si formano dal contatto di due accordi diversi, poiché in forza di questi contatti si potranno esprimere differenti effetti sonori, quindi intrecci diversificati tra sovrastrutture. Procediamo gradualmente.
Nella figura 1 viene esposto un esempio dell’uso di sovrastrutture attraverso l’impiego fisso e ripetuto di arpeggi.
La prima metà di ciascuna misura è occupata dalla sovrastruttura di terza fondata sull’accordo che colma questo spazio: ciò che ne risulta è una simmetria perfetta e radicale, poiché ciascuno sviluppo melodico si ripropone nell’accordo successivo attraverso una copia dello sviluppo precedente, ma attenendosi all’armonia del momento, contestualizzandosi insomma, divenendo una idea più estesa che abbraccia l’intero periodo (vivamente mi esprimo a favore di questi sviluppi melodici, altrimenti dette ‘idee vive’, di cui avremo modo di fare un chiarimento).
Un punto cruciale che deve apparire chiaro è che ogni sovrastruttura arpeggiata porta a una prossima vicinanza con un’altra tonica di un’altra sovrastruttura interna ad un accordo. Poi tale condizione si presenta ancora in quelle sequele di accordo che fra sé compongono intervalli di quarta, come per l’appunto il periodo del ii V I.
Ciò significa una coerenza sempre fissa negli arpeggi sovrastrutturati. Passiamo assieme alla clinica del caso precedente prima di proporre la riprova con la figura 2.
La nostra conversazione implica una premessa che intendo risolvere nell’immediato. Nel corso degli esempi non mi servirò di pause poiché la vera natura dell’individualità musicale è proprio implicita al valore che ciascuno affida alla tredicesima nota che è per l’appunto la pausa.
Dovendo circoscrivere il mio discorso ad un universalismo di vedute non dirò sterili, ma pronte a essere fecondate, tendo a fare a meno della mia individualità e a comporre una trattazione che non resta chiusa in sé, ma si fa aperta alla individualizzazione.
Con ciò intendo quindi invitarvi a riflettere sulla natura del silenzio, ad applicarla al vostro processo di crescita, per venir fuori secondo il fenomeno umano univoco che ognuno è.
Dunque. Secondo il Dmin7, si compone una sovrastruttura di terza, si arpeggia il Fmaj7 e si giunge nella prossimità della nota RE, dalla quale si sviluppa l’arpeggio dell’accordo originario. Poi si cade sul SI, sovrastrutturandolo si ottiene il processo già avvenuto nel precedente accordo, e così ugualmente per il Cmaj7.
Quanto vi facevo notare è questo poter trascorrere da una sovrastruttura ad un’altra, essendo la settima dell’arpeggio assai vicina alla tonica di una differente sovrastruttura. Occorre anche notare che gli arpeggi degli accordi originari conducono differentemente a note di accordi successivi.
Nella figura 2 otteniamo la riprova della congiunzione tra sovrastrutture. Basta scrutare come discendono le sovrastrutture per comprendere quanto avviene. Fate inoltre caso alla simmetria perfetta e radicale, poiché le sovrastrutture si stanziano emulandosi le une colle altre; difatto ciascun accordo gode della sovrastruttura di quinta cui segue quella di terza.
Per dare un volto nuovo a questi esempi, provate, secondo poi le caratteristiche del vostro strumento, a mutare la direzione delle ottave, io, per non rendere la lettura degli esempi troppo oscura, eccessivamente sopra il rigo, ho seguito un cammino variabile. Oltre a ciò, anche un’elaborazione ritmica di terzine può rendere differente il concetto espresso in questa sequenza melodica.
All’interno della terza parte allargheremo l’esperienza considerando le relazioni tra le sovrastrutture e le sostituzioni o, per guardare oltre la siepe, le sovrastrutture di sostituzioni.
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