Veniamo ora al mio ruolo di “musicista ombra” in questo grande spettacolo dedicato ai Pink Floyd, cioé quelle che sono le varianti “in corsa” che vanno al di là della preparazione tecnica pre-tour e competono al fonico quando si trova nelle situazioni live tempo reale.
Prima di tutto io mi trovo a ricoprire il ruolo che appartiene da 12 anni a Gareth Darlington, fratello di Damian, con il quale ci scambiamo dato che la band è in tour otto mesi all’anno. Orecchio sopraffino e musicista eccezionale, ha l’esperienza maturata direttamente sul campo.
La band a me dà carta bianca e lo stesso fa Gareth. Abbiamo due approcci piuttosto diversi ma entrambi funzionali allo spettacolo: Gareth tende a controllare molto il suono e la dinamica, con maggiore compressione, portando come risultato qualcosa di molto più vicino all’ascolto del disco.
La mia idea invece è di avere un suono sì compatto, ma con una generosa percentuale di impatto live, quindi nel range dinamico tendo a stare più largo, cercando anzi di enfatizzare l’escursione dinamica.
Le nostre scelte personali vengono studiate nelle prove a Liverpool, quartier generale della band, nell’arco di una quindicina di giorni. La band fa le prove musicali e noi facciamo le prove di allestimento e il mixer di sala si trova in una regia a parte con dei monitor di ascolto, così da costruire a livello sonoro lo spettacolo.
La cosa che impiega più il nostro tempo è sistemare le riverberazioni. Per esempio, in dischi come A Momentary Lapse of Reason e The Division Bell i riverberi sono abbondanti e decisamente particolari, e sono veramente parte integrante del suono delle incisioni.
Il mio missaggio durante il live è 100% manuale. Uso il banco digitale esattamente come un banco analogico, eccezion fatta per l’uso delle scene per i singoli brani che mi cambiano però solo i riverberi, la loro quantità sui canali e i canali che devono stare in mute.
Il resto, a partire dalle equalizzazioni, lo modifico ogni volta a mano anche canzone per canzone perché questo mi consente di avere il massimo del controllo sul suono ovunque io sia: che si tratti di una location all’aperto o un auditorium, teatro o altro.
Devo intervenire in tempo reale, le scene preparate totalmente in studio non funzionerebbero mai bene nelle singole venue. E si parla di un tour di quasi 50 date a leg, e ogni data è ben diversa da quella precedente.
Utilissimo per me è ovviamente è il virtual soundcheck, direi fondamentale. Ogni sera infatti registro in multitraccia e all’indomani effettuo il virtual check: praticamente è il far tornare “flat” ogni singolo canale dal computer alla traccia del mixer, in modo che anche se non ho i musicisti sul palco posso lavorare come se fossero lì con me.
Di solito la mia giornata inizia intorno alle 15.00. In circa un’ora insieme al bravissimo PA man Mike Skinner effettuo la taratura dell’impianto e il virtual soundcheck. Dopo questa fase c’è il line check, il controllo fisico dei canali per verificare che tutto sia cablato correttamente.
Intorno alle 16.30 c’è il soundcheck “classico” che serve solo ai musicisti per controllare i loro ascolti ed a me per ribilanciare il mix con il (poco nel caso dei Brit Floyd) suono proveniente dal palco.
Riguardo al “mio strumento”, devo dire che personalmente quando posso scegliere io, le mie mani si posano sempre su una console Midas.
Lo scorso anno avevo dei microfoni differenti rispetto ai DPA che avevo consigliato io. Quest’anno la produzione me li ha approvati e devo dire che il beneficio è stato altissimo: molto più dettaglio sia sul timbro che sulla dinamica.
Il repertorio non ha bisogno di presentazioni. Ci sono brani con i quali potrei lavorare tutte le sere all’infinito, a partire da “Shine On You Crazy Diamond“, che oltre alla bellezza di ascolto ha una più che interessante articolazione sulla resa audio, per un fonico c’è di che divertirsi!
Forse è uno dei brani più impegnativi dal punto di vista del mix, e (spoiler!!! NdR) il fatto che sia il primo brano della scaletta richiede un’extra in quanto ad attenzione.
Quest’anno sono stato ad ascoltare Roger Waters a Bologna. Rimango dell’idea che a livello qualitativo i musicisti dei Brit Floyd non abbiano nulla da invidiare ai musicisti che si esibiscono con il mitico Roger. Chiaramente, cambia la produzione, nonostante la nostra sia molto grande, quella di Waters è faraonica.
Dal punto di vista audio ho comunque riscontrato la stessa ricerca minuziosa delle sonorità. D’altronde non si può prescindere dalla ricerca audio per questa musica, perché il “suono” è parte integrante dell’arte espressa nei brani, non è solo una mera realizzazione tecnica.
Per quello che concerne la scaletta, viene effettuata all’inizio dell’anno e rimane la stessa per tutto il tour, decidendone non solo i brani ma le relative versioni. Mi spiego, ad esempio lo scorso anno “Money” era fatta dai Brit Floyd sulla base del famoso live Pulse, mentre quest’anno viene eseguita fedele al disco originale.
Chiaramente, in base alla versione scelta da Damian, cerco di ottimizzare quella visione sonora. A volte mi trovo a rendere il brano estremamente simile all’originale, come “Wish You Were Here“, altre volte posso sganciarmi con maggior libertà dalla copia/carbone soprattutto in brani ad altissima intensità come “Run Like Hell“.
Chiudo ricordando ai fan italiani dei Pink Floyd che la band sarà stasera (6 novembre) a Firenze e poi Milano, Brescia e Padova. Venite a sentirci e passate al mixer a trovarmi: è davvero il migliore omaggio ai Floyd che possiate sentire.
Non lo dico perché ci lavoro, lo dico da fan!
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