JoeBo sul palco dell’Opera House di Sydney e il lato soft della Hart, affiancati dalla chitarra prog del veterano Akkerman e dal southern rock di Rich Robinson.
L’architetto danese che progettò l’iconico teatro della grande città australiana non poteva certo immaginare che quasi cinquant’anni dopo l’inaugurazione il suo palco avrebbe accolto nientemeno che… Joe Bonamassa. Anche perché il futuro chitarrista sarebbe nato solo quattro anni dopo l’inaugurazione. Un bel traguardo per il rock-blues, non c’è che dire.
Live at the Sydney Opera House (cd o doppio vinile in varie colorazioni) contiene una manciata di pezzi suonati nel concerto del 2016 da quello che per qualcuno è il più grande chitarrista blues moderno, compresi alcuni inediti live tratti da Blues for Desperation. Per molti una buona occasione per scoprire il lato migliore – quello live – di Bonamassa, che sul palco non è secondo a nessuno quanto a energia.
Una delle cantanti in grado di tenergli testa, come testimoniato anche in diversi lavori condivisi, è Beth Hart che invece ha deciso di offrire al suo pubblico un lato decisamente più romantico con War in My Mind, dove mette temporaneamente da parte la sua rinomata aggressività per raccontarsi in una serie di canzoni spesso intimistiche e rilassate.
Non mancano momenti più grintosi e ritmicamente accattivanti come “Bad Woman Blues” ma il territorio è marcato principalmente dal pianoforte e da canzoni che vanno pescare nel lato più nascosto di Beth, che mette in piazza tutti i suoi demoni e le sue ossessioni per creare un panorama leggermente diverso dal solito.
Quello di Jan Akkerman è un nome sicuramente familiare per chi ha frequentato il panorama musicale del rock dei primi anni settanta. Con la band olandese Focus all’epoca ha conquistato i primi posti delle classifiche europee ed americane, arrivando ad essere premiato dalla prestigiosa rivista Melody Maker come “miglior chitarrista del mondo”.
Il suo campo è quello di un prog rock che si muove agevolmente fra istinto melodico e fraseggi fatti per cogliere l’attenzione deegli amanti dello strumento nel suo versante più tecnico. In Close Beauty, dalla splendida copertina, si alterna tra acustico ed elettrico, da solo e con la sua band.
“Il mio obiettivo è creare bellezza nella musica”, dice, “Mi piacciono la varietà e la libertà”. Ed effettivamente si tratta di un album difficile da inquadrare in un genere limitato, realizzato a otto anni dal precedente e concepito come caleidoscopio di colori musicali filtrati attraverso l’acclamato Akkerman sound.
Dopo la fine dei Black Crowes, Rich Robinson ha continuato il discorso iniziato a suo tempo assieme al fratello e ad altri degni compari, proponendo una musica ben radicata nel rock del sud arricchito da pennellate di tradizione americana in generale e qualche tocco personale.
Il seguito dell’apprezzato album High Water lo vede di nuovo con i Magpie Salute in High Water II, riprendendo il discorso dove l’aveva lasciato come parti di un viaggio ideale. Rock, blues e roots music di qualità con Robinson e Marc Ford alle chitarre e il contributo occasionale di una star della country music come Alison Krauss con voce e fiddle.
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