Dai primi successi con gruppi vocali come le Ronettes e le Crystals alla produzione di Ike & Tina Turner, Leonard Cohen, i Ramones.
Per non parlare del lavoro con i Beatles – in gruppo o anche solisti – negli anni settanta.
Phil Spector è morto a 80 anni (o 81 a seconda delle versioni) da detenuto, ma in un ospedale, forse di complicazioni da virus Covid. La sua è una storia che si potrebbe definire tipicamente americana, fra grandi allori ed enormi contraddizioni.
È un ragazzo ebreo del Bronx che cresce con il peso di un padre suicida in un ambiente dove l’unico modo per essere accettato è quello di diventare un personaggio unico e originale. Già al liceo capisce di essere un solitario, isolato in un ambiente di ragazzi più facoltosi.
Si guadagna la popolarità suonando la chitarra e comprando la protezione dei giocatori di football con l’aiuto nello studio. Sono le prime guardie del corpo, abitudine che manterrà per tutta la vita.
Phil – secondo il suo stesso racconto – cresce “storto” e, per certi versi, orgoglioso di essere diverso. In una delle ultime interviste prima del carcere si chiederà se questo essere strani, forse anche malati, non sia proprio il segno distintivo della genialità.
Ero storpio dentro – dice nella biografia del 2007 – Pazzo è una parola dura… prendo medicine per la schizofrenia, ma non direi di essere schizofrenico. Però ho una personalità bipolare, il che è strano. Dentro di me lotto con dei demoni. E sono il mio peggiore nemico.
Fatto sta che nel 1958, non ancora ventenne, raggiunge il n.1 delle classifiche di Billboard nel trio Teddy Bears con la sua canzone “To Know Him Is to Love Him”, vendendo un’enorme quantità di copie. Se il successo del gruppo muore sul nascere, per Spector la spinta è quella a lavorare nella produzione di altri artisti.
Fatta l’esperienza necessaria mette subito in pratica le sue idee con Ben E.King (“Spanish Harlem”), i Drifters (“On Broadway”, dove suona anche la chitarra), e nei primi anni sessanta ha una sua etichetta con cui produce singoli di grande successo come “Be My Baby” delle Ronettes nel 1963.
Nelle sue produzioni Phil Spector si distingue dagli altri per un marchio di fabbrica battezzato “the wall of sound”, una tecnica di registrazione studiata appositamente per dare maggiore risalto ed efficacia alla musica riprodotta con le apparecchiature monofoniche dell’epoca.
Il metodo di Spector prevede di sovrapporre più musicisti che suonano la stessa parte, doppiata spesso da strumenti diversi, riprendendo il tutto anche dopo il passaggio nella camera dell’eco degli studi. Il risultato è un suono più pieno, potente.
Basta confrontare il sound di pezzi come “Be My Baby” con quello più scarno e asciutto della maggior parte delle produzioni del periodo per capire di che si tratta. Molto interessante ascoltare la lavorazione del brano (The Making of Be My Baby) con i musicisti e Spector in studio.
Un altro esempio spesso citato di muro del suono è “River Deep, Mountain High” di Ike & Turner, inciso nel 1966, mentre l’album Let It Be, alla fine del decennio, rappresenta la coda di un fenomeno corroso gradualmente dall’avvento della stereofonia.
L’album dei Beatles esce nel 1970 dopo il trattamento di Spector, voluto da Lennon e Harrison ma meno gradito da McCartney, con un successo planetario che mette in secondo piano le polemiche sul presunto eccesso di parti orchestrali e corali imposte alle registrazioni originarie.
Il rapporto di Spector con i Fab Four continuerà nella produzione di album per George Harrison (All Things Must Pass, The Concert for Bangla Desh, Living in the Material World) e John Lennon (Plastic Ono Band, Imagine, Some Time in New York City, Rock’n’Roll, i singoli “Power to the People”, “Happy Xmas (War is Over)”
Con il procedere degli anni ‘70 inizia il declino umano di un personaggio che sempre più spesso viene associato ad episodi di violenza, legati frequentemente all’uso delle armi che non abbandona mai.
Numerosi episodi e aneddoti in questo senso, in relazione anche alle ultime produzioni di rilievo come quelle di Leonard Cohen (Death of a Ladies Man, 1977) e Ramones.
Per questi ultimi cura l’album End of the Century, vendutissimo quanto discusso dai fan affezionati alla ruvida radice del rock della band.
La storia artistica di Phil Spector finisce definitivamente con le sue vicende giudiziarie, dopo la morte per un colpo d’arma da fuoco di un’attrice, il cui corpo viene ritrovato nella casa del produttore a Los Angeles nel febbraio 2003.
Il processo durerà diversi anni, diventando un ovvio caso mediatico, vista la fama di Spector che conquista le cronache anche grazie alle bislacche parrucche sfoggiate in tribunale. La condanna definitiva per omicidio di secondo grado arriva nel 2009.
Come in altri casi simili, i problemi umani e giudiziari di Phil Spector non possono cancellare l’importanza del lavoro fatto nel campo musicale, trasformando alla base la figura del produttore, che con lui si fonde maggiormente con quella del musicista.
La sua influenza è stata riconosciuta negli anni da tanti artisti di grandissimo rilievo, dai succitati Lennon e Harrison a Brian Wilson dei Beach Boys e a Bruce Springsteen.
Aggiungi Commento