I Beatles da un documentario a un altro
In principio fu Let It Be: il disco certo, ma anche il documentario del 1970 che raccontava per l’appunto le fasi di produzione del dodicesimo album in studio dei Beatles, con annessa testimonianza dell’indimenticabile Rooftop concert.
Diretto da Michael Lindsay-Hogg, il film portava sullo schermo un periodo a dir poco cruciale nella storia dei Fab Four: quello che da un lato diede vita a uno dei capitoli più significativi della discografia del gruppo, dall’altro fu preludio alla separazione ufficiale, che anticipò di circa un mese la prima proiezione del documentario.
Ma si può realizzare “un documentario su un documentario”? È proprio questo l’intento di “The Beatles: Get Back“, mini-serie online proprio in questi giorni sulla piattaforma Disney+.
Un progetto ambizioso, originariamente concepito come film cinematografico ma trasformatosi in docu-serie durante la lavorazione, a causa dei nuovi scenari sia di produzione che di pubblico generati dalla pandemia. Tra i produttori coinvolti, i Beatles superstiti Paul McCartney e Ringo Starr, l’immancabile Yoko Ono e anche colui che ha diretto questa considerevole fatica: Peter Jackson.
Peter Jackson, dal Signore degli Anelli ai Beatles
Un nome tutt’altro che nuovo per chi mastica un minimo di cinema: Peter Jackson è la mente dietro la cinepresa della saga del “Signore degli Anelli“, di quella successiva de “Lo Hobbit“, nonché di altre conosciute pellicole come “Amabili resti” e il remake del 2005 di “King Kong” (apprezzato dalla critica anche se non fu il boom al botteghino che tutti si aspettavano).
Se la filmografia del regista può stonare col ruolo rivestito in una serie a sfondo musicale, è bene precisare che Peter Jackson è da sempre un grande appassionato dei Beatles; d’altronde chi potrebbe selezionare materiale utile da 60 ore di girati video e 150 di registrazioni audio, se non un fanatico della band di Liverpool?
L’intento di “The Beatles: Get Back” (il titolo della serie fa riferimento al working title di Let It Be) non è stato quello di raccontare la storia dei Fab Four, ma di concentrarsi sulle fasi di produzione del disco, dando risalto al celebre concerto tenutosi sul tetto della Apple Corps, che nella serie in oggetto è riportato in tutti i suoi 42 minuti di durata.
Da sottolineare come nel documentario non si sia raccolto alcun esplicito riferimento alla rottura della band, che pure sarebbe avvenuta nei mesi successivi alle riprese selezionate. L’intento era piuttosto quello di raccontare uno dei periodi più creativamente fertili dei Beatles, momento che coincise anche con la maturazione del fatale scioglimento.
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