Lo “scat” è una delle forme di improvvisazioni più viscerali, primitive, intense, divertenti e allo stesso tempo appassionate, che la musica nera, il Jazz e il Blues, conoscano.
Si tratta di un’improvvisazione canora (e ritmica!) ottenuta attraverso fonemi inventati al momento, addomesticati in maniera immediata per seguire la creatività istintiva dell’artista. Una sorta di linguaggio da infanti, che però viene trasformato in un vero e proprio strumento.
E come in uno strumento musicale, suoni e ritmi si intrecciano, in questo caso però non filtrati o addirittura limitati dalle caratteristiche fisiche del mezzo, se non da quelle della propria fantasia e abilità nel canto.
Due cose che certo non mancavano alla grandissima Ella Fitzgerald, così come ad altri maestri dello scat come Dizzy Gillespie, Cab Calloway (quello di Minnie the Moocher) e l’indimenticabile Louis Armstrong.
Sulle origini si è sempre discusso molto, con varie leggende metropolitane, non ultima quella relativa ad Armstrong stesso e a fogli caduti durante la sua esecuzione di un brano, con relativa improvvisazione giocherellosa. Ma questo e altri miti sono stati smentiti, non si sa quindi chi fu il primo (o la prima!), ma ecco una prova di quanto questo semplice canto, quasi un “gioco”, possa tramutarsi in un gioco dove… i duri iniziano a giocare.
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