Inequivocabilmente, dopo la chitarra lo strumento che forse più di tutti rivoluzionò la musica degli anni ’60 fu il Mellotron. Fu alla base della nascita di stili musicali come la psichedelia e il progressive rock, ma largamente usato più o meno in tutti i generi, soprattutto dai grandi album rivoluzionari della seconda metà degli anni ’60, molti dei quali hanno festeggiato il loro cinquantesimo anniversario proprio quest’anno.
L’idea dello strumento fu geniale, o meglio, geniale fu il modo di farla funzionare a dovere (basti pensare che ancora oggi, con i mezzi digitali, bisogna prevenire i tempi di latenza, figuriamoci con mezzi meccanici/analogici dell’epoca…). In realtà più che di uno strumento, inteso come dotato di un “proprio” suono, si tratta del primo modo per controllare loop preregistrati. L’antenato del campionatore, insomma.
Infatti, ad ogni tasto corrisponde un vero e proprio nastro magnetico sul quale è inciso un suono. Il quale, come si può intuire, poteva essere ben più di un singolo impulso monofonico, bensì una vera e propria orchestrazione.
Difatti, non di rado, anzi, nel suo uso più comune, il Mellotron andava a sostituire un’intera orchestra, con archi, fiati, ottoni e quant’altro.
Se poi il tutto viene immerso all’interno di un lungo reverbero e/o eco a nastro… beh, il piatto è servito per notevoli viaggi cosmici…
Il sempre iperattivo baronetto Paul McCartney ce ne dà in questo video una piccola dimostrazione, partendo da un uso banale (ma attenzione, all’epoca era tutt’altro che tale…) con cui dimostra quanto era facile essere anche un one man band con il Mellotron, fino a arrangiamenti più particolari, quando, al minuto 2.46, ci fa scorrere una lacrimuccia con una delle intro più belle di sempre.
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