35 anni fa i Queen deliziavano Milano con doppia data e con la tenue possibilità di suonare anche in Vaticano!
Il 14 ed il 15 settembre 1984, al Palazzetto dello Sport di Milano, le note dei Queen echeggiavano mentre la folla era in visibilio, per quelle che erano le prime (e sarebbero state le ultime) date italiane dei Queen, dal 1971 ad oggi… e non ce ne saranno ancora.
Qui si sta parlando dei Queen storici, nel loro periodo d’oro, con il frontman d’eccellenza Freddie Mercury.
Ad onor del vero i Queen erano già scesi nel bel paese con una rocambolesca partecipazione al Sanremo Rock, kermesse nella kermesse del Festival della musica italiana, ma le date a Milano facevano parte del loro tour Mondiale, quello di The Works, la loro fatica del 1984.
The Works è un album molto moderno rispetto ai loro standard. I quattro venivano fuori da due album che stravolsero il loro sound. Il funkeggiante in un senso, con più di un occhiolino verso le radici del rock e le raffinate sentimentali composizioni tipiche del quartetto, The Game, quello della black-hit, e chi sa sa, Another One Bites the Dust, e il successivo Hot Space, dal sound decisamente Disco-Funk che spaccò in due, per la prima volta, i fan dei Queen.
Erano gli anni del baffo casus belli. La Band Rock-Glam-Sensual-Prog-Dinamico-Romantico-Eccessivo Queen, si ricreò una pelle svoltando e rimodernandosi nel sound, con il batterista Roger Taylor che scoprì le batterie elettroniche, inserendole a sprazzi, diciamo quasi a mani piene, con il chitarrista Brian May che già da The Game cominciò seppur in minima parte a suonare una Fender, il bassista John Deacon che dettava sempre più il ritmo con evoluzioni bassistiche diverse ed il cantante, il Freddie nazional-britannico, che iniziò a divertirsi senza impegnarsi troppo sentimentalmente nei pezzi come prima accadeva, diciamolo, si resero più popolari, più pop e a differenza di gruppi storici come Genesis, Who ed altri, accrebbero la loro fama e il loro successo anche economico.
Cambiarono un pochino la pelle e rimasero sulla cresta dell’onda Rock. Seguirono anni che per un lato furono apatici per i protagonisti con stress interni e cali di ispirazione e carriere soliste, dall’altro accrebbero in maniera esponenziale la loro popolarità con album magnifici come il successivo A Kind Of Magic, 1986, con relativa colonna sonora di un fantasy film come Highlander, l’ultimo immortale, da perderci la testa.
Seguirono The Miracle dalle sonorità Rock ritrovate, in parte più sferzanti e l’ultimo, il consacrante Innuendo, nato dalla decadente e tragica situazione interna con Mercury in fin di vita, conclamato dalla patologia del XX secolo, oggi ormai colpevolmente ignorata, l’AIDS.
Bene, non è della storia dei Queen che parliamo ma dell’orgasmo musicale avuto da migliaia di fan che riempirono, ma neanche troppo a dire il vero, il Palazzetto di Milano per due giorni di fila. Ed è con loro che ricordiamo quel giorno. Ne conosco un paio che con le seguenti parole ci descriveranno le loro emozioni.
Alexander Macinante, giornalista e musicista, appassionato e collezionista a livello mondiale dei Queen racconta:
Io ero al concerto del 14, insieme a mio fratello (che è di dieci anni più grande). Premetto che era stato lui a iniziarmi due anni prima ai Queen, con ascolti (piacevolmente) ripetuti di Greatest Hits e Live Killers.
Fu già una grande emozione per noi poterli vedere in tv in diretta a Sanremo (ci sembrava quasi di averli nel salotto) e i nostri genitori, forse avventatamente, ci promisero che, se mai un giorno i Queen fossero venuti in Italia, ci avrebbero permesso di andare a vederli.
Inutile dirvi la gioia che provai quando un giorno d’estate mio padre tornò a casa dicendo di aver visto a Milano dei manifesti dei Queen in concerto! All’alba mio padre ci caricò sul suo camion e ci portò a Milano.
Ricordo che passammo la tarda mattinata in un prato vicino al palasport, poi nel primo pomeriggio ci mettemmo in fila. Non c’era molta gente, ma si affollò presto. Mi ricordo un gruppo di ragazzi che con una bomboletta preparava uno striscione con scritto “You will rock us”.
Purtroppo la sicurezza tardò molto nell’aprire le porte, e allora a un certo punto i presenti, esasperati, iniziarono a spingere furiosamente. Devo dire che stata l’unica nota negativa della giornata, è stato un brutto quarto d’ora e ho avuto veramente paura. Fortunatamente mio fratello e un ragazzo di Firenze mi fecero da scudo (ero senza dubbio uno dei più giovani presenti) e a un certo punto i cancelli vennero aperti. La folla era talmente pressante che, dopo un primo timido tentativo di controllo, gli addetti alla sicurezza fecero scorrere il flusso senza quasi nemmeno staccare i biglietti.
Ricordo la scalinata che portava agli spalti, ricordo che ci sedemmo sul pavimento a pochi metri dal palco, sul lato destro. Rimasi stupito davanti alla scenografia e alle ruote dentate, e ricordo bene anche la musica d’attesa diffusa per il palazzetto (sul giornale era annunciato un gruppo di supporto, ma non suonò nessuno).
A un certo punto, il buio, e tutti in piedi, e di nuovo spintoni. Ricordo il fumo, le luci, le teste di Freddie e di Brian, l’emozione. Per il primo quarto d’ora riuscimmo a stare in seconda/terza fila, ed avere Freddie che cantava a pochi metri da noi. Una gioia indescrivibile!
Però ad un certo punto gli spintoni, e l’odore di fumo, e la gente (giustamente , direi ora) esaltata fece decidere a mio fratello che era meglio, per la mia incolumità, che ci spostassimo un po’ più indietro. Seguimmo allora il concerto da qualche metro più indietro e di lato. Anche se non conoscevamo tutte le canzoni, ce lo godemmo per bene e con un’ottima visuale.
Tra i miei momenti favoriti furono Radio Gaga, con gli ingranaggi sul retro del palco in piena funzione e il pubblico (tutto) a battere le mani, We will Rock You/We Are The Champions con Freddie imparruccato e tutta la folla ad agitare le mani in aria, e ovviamente con le tette finte di I Want To Break Free (avevamo visto il video solo la settimana prima in tv e ci aveva a dir poco sconvolto!).
Su God Save the Queen, ricordo il gruppo che veniva sul fronte del palco e io a fare ciao con la mano, ormai troppo lontano perchè potesse vedermi (nei bis ci eravamo spostati sul fondo del palazzetto, in modo da poter uscire prima che si riversasse la folla). Mi stupì il fatto che il palazzetto non fosse pienissimo (anche se i diecimila presenti facevano casino per 100.000!!!). Insomma, sembra ieri.
Michele Silvestri, fan accanito ci narra invece la sua esperienza:
Ai quei tempi non esisteva internet e i nostri principali informatori erano la radio, il venditore di dischi e a volte anche l’edicolante.
Insieme a degli amici, frequentavamo spesso il negozio di dischi come se fosse un bar, passando interi pomeriggi a conversare. Un giorno vidi arrivare un furgonista che consegnò della merce e il negoziante prese un grande cartellone pubblicitario arrotolato e lo aprì davanti a me per farmi una sorpresa.
E che sorpresa!…. una foto enorme dei Queen in bianco e nero e la dicitura sotto “Palazzetto dello sport Milano S.Siro… I Queen a trecento metri da casa mia! Non ci credevo ancora.
Mi mobilitai subito per l’acquisto del biglietto, bisognava andare personalmente, non si potevano fare prenotazioni, niente intermediari, niente carte di credito ma in contanti. Nel giorno del concerto, mi avviai nel primo pomeriggio a piedi, mi recai subito ai cancelli riservati all’organizzazione e a trovare i miei amici della sicurezza con il cui aiuto riuscii prima di allora a vedere parecchi concerti gratis (ma non fu così per quello dei Queen).
Le macchine fotografiche e telecamere erano vietatissime.
Così come mi capitò di incontrare Brian a Lione, a Milano vidi entrare Roger e John, scesi dall’auto all’interno, non potei fare altro che urlare i loro nomi che mi ricambiarono con un saluto.
Quando mancavano pochi minuti all’apertura dei cancelli, i miei amici mi consentirono di avviarmi subito verso il palco con tutta tranquillità per stare in prima fila.
A differenza di Lione, il palco di Milano era più alto, con una transenna che teneva un po’ staccati dal palco. L’attesa era snervante ma rimasi tutto il tempo ad ammirare la scenografia stupenda.
Il concerto partì con tanto fumo e il ritmo di Flash, Freddie entrò di lato camminando e con il braccio alzato che impugnava l’asta, a differenza di Lione con il pubblico educato e composto, da noi era bastato solo l’inizio della musica per scatenare una bolgia con tanto di spintoni per spingersi più avanti possibile e accaparrarsi la prima fila.
Ogni canzone dei Queen era accompagnata da cori del pubblico e delirio. Brian ruppe una corda verso la fine di “Keep yourself alive” così Roger e Freddie improvvisarono per permettere a Brian di attrezzarsi con una replica riprendendo con “Liar”. Tutto il pubblico urlava “Mustapha”, Freddie intonò i primi versi, poi si fermò e disse: “That’s all they’re gonna fucking yet!” È tutto. andate a farvi fo***re!
Prima di iniziare “Love of my life”, Brian disse: “Italians are the best singers in the world!” Gli Italiani sono i cantanti migliori al mondo!… Il concerto terminò con Freddie che salutava il pubblico “Ciao Milano!”.
Ma purtroppo il Rock e le vite dei Fan di questo glorioso e mastodontico fenomeno sociale ha anche storie tristi, forse troppe. È il caso di Walter Tucci, imprenditore milanese, che ai tempi per obblighi di leva si vide sfumare l’occasione alla quale ambiva:
Dopo essere stato alla data dei Queen di Zurigo nel 1982, ed essere riuscito ad accaparrarmi un bel pezzo di asciugamano lanciato da Mercury verso di noi in prima fila, ci si aspettava che con il nuovo Tour i Queen arrivassero finalmente anche in Italia, e così fu…
Purtroppo a Luglio ricevetti la cartolina per partire per la ‘naja’. Data di partenza? Il 5 settembre (compleanno di Freddie Mercury. Ndr), sembrava una beffa, come se non bastasse le due date di Milano erano il 14 e 15 settembre, impossibile avere un permesso…
Purtroppo la vita è fatta anche di delusioni, ma per raccontare tutto il 1984 italiano dei Queen, ricorriamo anche a testimonianze eccellenti. Nella biografia della sua esperienza con il gruppo, il loro tecnico Peter Hince, ci tramanda errori di dimensioni della cassa (grancassa della batteria) da parte degli organizzatori del Festival, ma anche della capacità di procurare ‘stimolanti’ al cantante, in non specificati ambenti di stirpe sicula… per fortuna di dimensioni di pelli con logo, Hince ne portò con sè diverse e la roba trovata era buona, insomma si poté proseguire in pompa magna…
La band arrivò con diciotto persone dell’entourage, una bella vagonata per una semplice comparsata televisiva. A detta del tecnico personale di Freddie e John Deacon, filò tutto liscio, nonostante al Festival di Sanremo la band rimase sorpresa, nonostante lo sapesse, di dover suonare in playback e Freddie Mercury si comportò sul palco come un ribelle eccentrico, cantando qua e là non rispettando il sincrono del cantato del nastro… un vero Bad Guy, come il titolo del suo unico album solista.
Vi domanderete come mai, un gruppo così famoso all’epoca, non sia mai sceso prima in Italia per suonarvici in date da tournée propria. La risposta è la difficile situazione italiana dell’ordine pubblico e la serietà di certi promoters, che se da un lato negli anni Settanta le sommosse pro-proletariato disturbavano i concerti, la nomea dei non celeri, o mai fatti, pagamenti alle band e i loro logistici, accrebbero dall’altro il timore di band estere nello scendere nello stivale… ma questa è un’altra storia che non si può narrare in un breve capoverso.
Per maggiore informazione non si può evitare di narrare un altro aneddoto eccellente… infatti per il loro Tour Mondiale dell’84, i Queen avrebbero potuto fare una data molto originale per l’epoca: non che non ne avessero già fatte e non ne avrebbero più fatte, ma pensarono anche ad una data nel Vaticano, e la Santa Sede in primis non fu contraria, ma a detta dei biografi ufficiali, la logistica rese difficile l’impresa, questo perché la logistica sarebbe stata un ‘inferno’.
Essendo vietato l’ingresso ai veicoli a motore nella Santa Sede, tutto l’equipment avrebbe dovuto essere trasportato a mano, o a ruota… quindi niente Vaticano.
A onor del vero, alla fine lo stesso Papa, Wojtyla, viste le difficoltà diplomatiche organizzative avrebbe detto di no, e a detta del coordinatore della crew Chris ‘Crystal’ Taylor, il no fu secco.
Comunque sia andata, qualcuno salvi la Regina…
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