Solo 5 anni prima, alla Springfield è stato diagnosticato un tumore al seno che, nonostante le cure e la strenua resistenza, non è riuscita a sconfiggere.
“Non l’ho mai sentita dire una volta: perché proprio a me?“, rivela un amico della cantante.
Il suo vero nome era Mary Isobel Catherine Bernadette O’Brien. Nata nel 1939, arriva al successo in America nel 1962 con The Springfields, un trio formato da lei, dal fratello Dion e dal folksinger Tim Feild.
Nel 1963 inizia una brillante carriera solista ed entra nelle grazie di Burt Bacharach. Nel 1966, Dusty transita brevemente sul palco di Sanremo: canta “Io che non vivo senza te” di Pino Donaggio che, nella versione inglese intitolata “You Don’t Have To Say You Love Me”, lei stessa trasforma in un successo internazionale.
La leggenda di Dusty Springfield si materializza nel 1968 quando la cantante inglese firma un contratto con la Atlantic Records e va a Memphis a registrare un album storico. Sotto l’egida di Jerry Wexler e Arif Mardin, produttori del suo idolo Aretha Franklin, la Springfield incide “Dusty In Memphis” che contiene il megahit “Son Of A Preacher Man”.
La canzone, originariamente scritta per Aretha (che era davvero figlia di un predicatore e che per questo rifiuta il brano ritenendolo offensivo) racconta la storia di una ragazzina che si apparta con il figlio di un reverendo ogni volta che costui si reca a casa della sua famiglia.
Cover photo by Nationaal Archief
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