Cresciuto da genitori appassionati di musica, Brian è da subito un piccolo prodigio musicale. Canta esibendosi nel coro della chiesa e suona sia l’organo che il pianoforte. Sa leggere la musica e si appassiona al clarinetto tanto da diventare il solista dell’orchestra della scuola.
Ascolta Charlie Parker e si innamora del sassofono, iniziando a suonare anche quello.
La prima chitarra gli viene regalata per il suono diciassettesimo compleanno, il 28 febbraio del ’59.
Insomma, un vero polistrumentista con una fame si sapere e una curiosità innate, sempre volto a sperimentare e ad aprirsi nuove strade (suonerà il Theremin, il Sitar, le più svariate percussioni e molto altro ancora).
Allo stesso tempo un ribelle, cosa che gli costerà varie sospensioni scolastiche e altri episodi mal gestiti, come la gravidanza della fidanzatina e un figlio, Simon, mai riconosciuto.
Quando arriva a Londra il suo talento musicale viene subito notato. È amico di Jack Bruce e Alexis Korner e non a caso prende la strada del blues. Pare che, tra le altre cose, sia tra i primi chitarristi inglesi ad usare il bottleneck. All’inizio di fa chiamare “Elmo Lewis”, nome che puzza di vecchio blues in effetti (che in quegli anni tanto vecchio non era ovviamente).
Ed è, in pratica, Brian Jones che dovremmo ringraziare per i Rolling Stones. È lui a chiamare Ian Stewart e Mick Jagger nella sua blues band. È lui a dare l’ok all’entrata di Keith Richards nel gruppo. È lui, mentre è a telefono col proprietario di un live club, a suggerire il nome “The Rollin’ Stones” (la “g” arriverà subito dopo).
Il resto è storia.
Ma storia è, purtroppo, anche quella della sua tragica morte, che ancora oggi solleva dubbi e perplessità. Incidente? Omicidio?
La seconda ipotesi sembra avere molti indizi, ma nessuna vera prova e nessun testimone. Si parla di una confessione in punto di morte del principale accusato, ma ciò che conta oramai oggi, dopo quasi 50 anni da quel triste giorno, è ricordare questo talentuoso musicista al suo massimo e riconoscerne i meriti.
Cover Photo by GaHetNa (Nationaal Archief NL) - CC BY 4.0
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