L’ispirazione di Francesca Maini, in arte Domino
Sono passati circa due anni da quando incappai per la prima volta nella musica di Domino grazie al videoclip della sua “Filtro”. Si dice che da cosa nasce cosa: così è stato tanto nel rapporto di amicizia nato in seguito tra me e Francesca quanto nei punti di contatto tra l’artista e Musicoff, culminati soltanto una manciata di giorni fa nella bellissima live streaming a lei dedicata, il capitolo più recente (ma non certo l’ultimo) nella storia di incontri tra Domino e noi.
I principali punti del percorso dell’artista e del progetto sono stati ben raccontati durante la diretta, perciò rimando a quella per i meritevoli approfondimenti sul tema e mi concentro in particolare sul disco di esordio omonimo, che ho avuto il privilegio di poter ascoltare in anteprima rispetto alla data di pubblicazione sui vari contenitori online, avvenuta lo scorso autunno.
Domino è un LP di 9 tracce che nel suo formato CD (richiedibile attraverso i canali social dell’artista) si presenta accompagnato dal libretto contenente i testi dei brani e una pagina di ringraziamenti che è al tempo stesso una dichiarazione di intenti e di visione delle cose; la lettura del libretto mi ha rapidamente condotto verso la convinzione che l’ispirazione di Francesca sia fortemente e piacevolmente orientata verso il racconto in musica.
Domino, tra elettronica e cantautorato
Perché il racconto? La risposta è semplice: ogni brano è una storia e persino ogni pensiero nella riflessione conclusiva è il racconto di un vissuto con le relative emozioni che sembrano trapelare dalla carta, come analogamente trasudano dalle note suonate nel disco oltre che dalle lyrics dei brani.
Ed è un raccontare privo di quei falsi e antipatici filtri moderni quello di cui Francesca si dimostra capace nella carrellata di canzoni dell’album, una narrazione dal sapore musicale fresco e nel quale la solida e affascinante vocalità dell’artista lascia intendere le proprie influenze musicali, che siano tradizionali o contemporanee.
Tutto questo sarebbe già sufficientemente degno di nota, ma un altro degli aspetti caratteristici del progetto Domino, e quindi del LP omonimo, risiede nel contesto musicale che lo circonda: Francesca infatti non si limita a cantare, ma performa i suoi brani suonando pianoforte, tastiere, basso e percussioni, utilizzando controller e sequenze per dare vita a un vero e proprio One Girl Band Show.
La pratica in questione richiede un’eccellente confidenza con l’elemento musicale e un talento creativo sopra la media per risultare credibile; anche per questo motivo, concepire dei brani in formato “one member band” potrebbe spingere l’artista a crearepiù o meno consapevolmente in funzione dell’esperienza live, col rischio di far passare in secondo piano la consistenza e la credibilità dei contenuti quando realizzati nella forma in studio.
Questo non è assolutamente il caso di Domino, che anzi non risente affatto della transizione da live performance a lavoro in studio (anche in virtù della grande abilità di Francesca dal vivo), riuscendo a trasportare in un’intima e soffusa atmosfera dove il Soul e l’Elettronica si incontrano in maniera convincente.
Domino riesce a coniugare le emozionanti ispirazioni del cantautore tradizionale con le suggestioni musicali di un musicista tecnologico, un’impresa per nulla scontata e che ha richiesto la profusione di uno sforzo creativo non indifferente; ma come si suol dire, il gioco vale la candela.
Cosa aspettarsi da Domino
Bisogna essere preparati a un album come Domino: davvero elevata è l’intensità che si raggiunge in alcuni brani, come il mio preferito “Quando arriva la sera” (un brillante riferimento a Quasimodo letto da una prospettiva unica e irresistibile); d’altro canto, l’atmosfera elettronica che pervade il disco lo rende al tempo stesso assolutamente godibile dal punto di vista del mero ascolto.
Come anticipato, l’album è disponibile sulle principali piattaforme digitali, ma personalmente apprezzo tantissimo il formato fisico perché, al di là del già descritto valore del libretto, trovo che regali all’ottimo lavoro svolto da Francesca una necessaria e inestimabile dimensione di realtà; quella che, in questa epoca rapida e liquida, dovrebbero avere tutte le cose veramente belle.
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