Sin da piccoli, fanno musica: prima gospel, con il nome di Stewart Four, poi R&B.
Dopo qualche tempo, Sylvester cambia nome e diventa per tutti Sly Stone. Sempre accompagnato dal fratello, dalle sorelle e da altri musicisti di valore dà vita a Sly & The Family Stone, sodalizio artistico capace di sperimentare un fenomenale mix di funky, soul e psichedelia. E così, dopo esser stato un dj di successo e aver prodotto i dischi di alcuni dei gruppi emergenti della San Francisco hippie, nel 1967 Sly Stone piazza un successo dopo l’altro: “Dance To The Music“, “Everyday People”, “Hot Fun In The Summertime” lo proiettano ai vertici delle classifiche mondiali.
Invitato al Festival di Woodstock, Sly, però, fa le bizze.
Non solo pretende di essere pagato in contanti prima dello show ma quando è il momento di salire sul palco, si rifiuta di farlo. Pretende che ci siano condizioni di sicurezza più adeguate. Michael Lang, organizzatore della leggendaria tre giorni di “Pace, amore & musica”, lo solleva di peso e lo manda on stage.
Davanti alla Woodstock Nation, Sly dà vita a una performance epocale: la sua versione di “I Wanna Take You Higher” diventa uno dei momenti più esaltanti della kermesse dell’agosto 1969.
Dopo la folgorante apparizione a Woodstock, la stella di Sly si spegne con incredibile velocità. Trasferitosi a Los Angeles, negli anni 90 Sly sparisce di fatto dal music business. C’è chi dice sia diventato un trafficante di droga…
Ricompare a sorpresa nell’edizione 2006 dei Grammy Awards per un piccolo tributo in suo onore: mentre scorrono le note di “I Wanna Take You Higher”, Sly (con capigliatura da moicano, abito d’argento e mantello con colletto alto a coprirgli una gobba inquietante) si riappropria delle scena e, anche se solo per una manciata di minuti, dà una grande lezione di rock.
Senza di lui Prince, Beck e molti altri non sarebbero mai esistiti.
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