Per alcuni, la curiosa coincidenza (che crea notevole imbarazzo nelle redazioni delle due prestigiose testate) fotografa quello che sta diventando il fenomeno musicale del decennio. Per altri, i più maliziosi, il fatto viene visto come sagace mossa promozionale della casa discografica e del management dell’artista.
Springsteen stesso rimane disturbato da tutto questo interesse mediatico, tanto che pochi giorni dopo, al momento del suo esordio a Londra, strappa i manifesti dei suoi stessi concerti che riportano la celebre frase scritta poco tempo prima dal giornalista Jon Landau (nel frattempo diventato suo manager):
“Ho visto il futuro del rock’n’roll e il suo nome è Bruce Springsteen“.
D’altronde, meno di due mesi prima (il giorno 1 settembre) è uscito il disco più significativo dell’intera carriera di Bruce Springsteen, nonché uno degli album più importanti di tutti gli anni ’70. Si intitola Born To Run ed è una esplosione di gioiosa consapevolezza, di celebrazione del mito americano della terra promessa e soprattutto uno spumeggiante inno alle radici del rock, in un momento in cui questa musica sta attraversando una delle sue crisi di identità più profonde.
Il disco, e la fama che il musicista ha acquisito grazie alle sue straordinarie esibizioni dal vivo, vere cavalcate rock che durano a volte più di quattro ore, sono la ragione per cui Time e Newsweek hanno deciso di dedicargli la copertina.
È iniziata la leggenda del Boss, che dieci anni dopo, con un altro album che si intitola quasi nello stesso modo, Born In The Usa, diventa una star a livello mondiale.
Cosa che da allora non ha mai più smesso di essere.
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