La mattina del 28 agosto 1979, gli italiani trovano sui quotidiani un titolo scioccante: il grande cantautore Fabrizio De André e la moglie Dori Ghezzi sono stati rapiti il giorno prima in Sardegna, certo non il primo dei tanti sequestri dei banditi dell’isola, la ben nota Anonima Sequestri, ma sicuramente uno dei più eclatanti di sempre.
Tutto accadde in pochi minuti. I banditi erano appostati da alcuni giorni e approfittarono della prima sera in cui la coppia era da sola nella loro casa, la tenuta de L’Agnata nella campagna della Gallura. Mentre la moglie Dori era immobilizzata da due rapitori, davanti a De André un terzo puntava minaccioso un fucile.
Era la festa del patrono e De André all’inizio pensò allo scherzo di un amico incappucciato.
Non era uno scherzo.
Prima il trasporto in auto, poi una lunga marcia di ben 2 giorni tra le montagne di Pattada, per arrivare infine al nascondiglio. Lì rimasero circa una settimana, furono poi spostati in un secondo rifugio dove ebbe inizio la prigionia durata mesi.
La “detenzione” sembra tratta da un romanzo, a partire dai protagonisti. “Rospo”, il bandito dalla voce gracchiante; “l’Avvocato”, il fuorilegge dal modo di parlare che denotava una preparazione culturale ben al di sopra della media.
Per quanto paradossale, tentavano di trattare i loro prigionieri con gentilezza e rispetto. Lei la chiamavano signora, a lui non facevano mancare le amate sigarette e, qualche volta, del vino. Ma le condizioni erano tutt’altro che felici e l’inverno sardo si stava avvicinando. Per l’intero primo mese, vennero tenuti bendati.
Il riscatto richiesto era di 2 miliardi di lire, una cifra così alta che neanche i familiari di un musicista di tale successo potevano permettersi, almeno non di raccoglierla così in fretta. I primi tentativi di mediazione fallirono, finché non si arrivò a una cifra più “abbordabile”, 600 milioni, di cui 550 subito e 50 al momento della liberazione.
Dori Ghezzi fu la prima ad essere rilasciata, la sera del 20 dicembre. 24 ore dopo, di notte, fu il turno di De André.
117 giorni di sequestro al freddo delle montagne della Sardegna più inospitale.
Le indagini proseguirono e nell’anno successivo la banda venne arrestata. Sorprendentemente, Fabrizio e Dori si costituirono parte civile contro i mandanti ma non contro i carcerieri. De André dichiarò: “Capiamo i banditi e le ragioni per cui agiscono in quel modo, sebbene il reato di sequestro di persona sia tra i delitti più odiosi che si possano commettere“.
De André stesso, come riportato nel volume Amico Fragile di Cesare G. Romana, ricorda i lunghi colloqui con i rapitori. Li ricorda quasi come una banda di indiani Cherooke “che prima di volere i soldi volevano dimostrare il coraggio di rapire una persona. Più o meno come il ragazzo della tribù dei serpenti che, per far vedere a tutti e a se stesso di essere un uomo, rubava un cavallo dalla tribù vicina, rischiando tra l’altro la pelle“.
Proprio il disco “Fabrizio De André” del 1981, il primo dopo il sequestro, avrà un indiano a cavallo in copertina (opera dell’artista statunitense Frederic Remington).
E ancora: “Brani che scrissi dopo nacquero dalle loro riflessioni, come ‘Quello che non ho’, o da storie vere che mi raccontarono, come ‘Franziska’.”
Da quella esperienza nacque anche la canzone “Hotel Supramonte“, inserita nell’album già citato. Ce la riascoltiamo in versione live, accompagnata dalla PFM con il violino di Mauro Pagani.
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