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Qualcuno qui si ricorda dei The Verve?

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La parabola di successi e cadute di una band Rock britannica che è molto di più del tormentone musicale a cui state pensando leggendo il nome The Verve.

Quella “verve” tutta anglosassone del Rock anni ’90…

Mi si perdoni il gioco di parole nel titolo del paragrafo, così come il velato riferimento ai Pink Floyd racchiuso nella presentazione di questo articolo: d’altronde si parla di Inghilterra e di suggestioni psichedeliche, anche se di epoche differenti e quindi di forme e contenuti non necessariamente associabili.

Ma al di là di queste analogie di etichetta, ben poche persone troverebbero molti punti in comune tra la leggenda di Waters e soci e quel più giovane collettivo di musicisti britannici noto come The Verve. Un nome che richiama istantaneamente un titolo (e probabilmente una melodia): “Bitter Sweet Symphony”, il successo planetario della band che è stato anche protagonista di uno dei casi di diritto musicale più discussi di sempre, con la partecipazione non proprio amichevole dei Rolling Stones.

Il brano rappresenta sicuramente l’episodio più notevole della storia del quartetto (che all’apice del successo fu quintetto) formatosi a Wigan, popoloso centro dell’area metropolitana di Manchester, all’alba degli anni ’90; ma la storia dei The Verve è fatta anche di altro: influenze, evoluzioni, dissoluzioni, tutto all’insegna del Rock.

Gli esordi a tinte psichedeliche dei The Verve

Nati e cresciuti nel malinconico nord dell’Inghilterra, ai tempi non ancora reso caotico e goliardico dall’avvento dei conterranei Oasis, i The Verve hanno fatto la loro personale gavetta pubblicando due EP e alcuni singoli arrivati a suscitare l’interesse dell’etichetta Virgin; messi sotto contratto per il loro primo LP, nel 1993 i quattro ragazzi di Wigan realizzarono A Storm in Heaven.

Il disco costituisce una buona rappresentazione di ciò che erano i The Verve della prima ora: arrangiamenti minimali ed efficaci, dominati principalmente dalla chitarra di Nick McCabe che non si faceva affatto mancare l’effettistica, la distintiva voce di Richard Ashcroft che quasi galleggia all’interno del mix senza mai prendersi completamente la scena, con la sezione ritmica a fare da solida base, dove il basso si prende anche qualche licenza melodica (come in “Slide Away“, forse il pezzo più radiofonico dell’album).

Il gruppo sembrava ammiccare alla nuova psichedelia, probabilmente sotto l’influenza del movimento Shoegaze che all’epoca rappresentava nel Regno Unito una delle voci alternative al fenomeno Grunge che si era impadronito delle radio e delle classifiche di tutto il mondo.
Le atmosfere sono realizzate prevalentemente dalla chitarra e dalla voce, sotto la pesante influenza di echi e riverberi, senza dimenticare le radici britanniche del Rock fatte di chitarre distorte e accordi decisi; è interessante notare in alcuni brani la presenza di strumenti a fiato, una scelta decisamente efficace come in “The Sun the Sea” che possiamo ascoltare nel video qui sopra, e che potrebbe rappresentare il preludio agli sviluppi dei dischi successivi.

L’ispirazione di Richard Ashcroft, la creatività di Nick McCabe

È il 1995: Definitely Maybe degli Oasis è stato pubblicato da quasi un anno, battezzando definitivamente la nascita del filone Britpop e dominando le classifiche e la critica di settore. Nel frattempo, i The Verve hanno conosciuto un buon successo che li ha proiettati anche a livello internazionale; parallelamente, il gruppo si è dovuto confrontare con intemperanze e problemi di dipendenze, comportamenti che sembrano quasi da contratto quando si tratta di essere un artista nel Rock.

In questo contesto la band pubblicava il suo secondo LP, intitolato A Northern Soul. Il disco sancisce un deciso cambio di rotta musicale: abbandonate in gran parte le soffuse e sognanti atmosfere a base di chitarra del capitolo precedente, l’album si distingue per una maggior raffinatezza negli arrangiamenti e nella produzione, rivelando un sound complessivo più compatto e orecchiabile.
Ai tradizionali quattro contributi di voce, chitarra, basso e batteria si aggiungono pianoforte, tastiere, sintetizzatori e percussioni, tutto suonato dai membri del gruppo.

Sebbene il contributo di Nick McCabe, tanto alla chitarra quanto alle tastiere, risulti ancora incisivo e di grande spessore creativo, è in questo disco che iniziano a emergere le caratteristiche del Richard Ashcroft compositore. A guardare questo disco dalla prospettiva del tempo trascorso, quindi alla luce dei successivi lavori dei The Verve ma anche degli album da solista del frontman, non si può non riconoscerlo nella proposta musicale che Ashcroft imporrà sia ai seguenti LP del gruppo che ai suoi personali.
In A Northern Soul si realizzano dei bisogni decisamente differenti rispetto al disco precedente: il bisogno di arrangiamenti più articolati (anche basso e batteria contribuiscono in maniera molto più variegata e decisa), di un pensiero chitarristico maggiormente al servizio di brani cantati, di un mix più pulito che lasci alla voce spazi e presenza.

Non che l’album rappresenti una svalorizzazione del lavoro di McCabe. Pur non realizzando le diffuse e dominanti tessiture chitarristiche di A Storm in Heaven, Nick riesce comunque a concretizzare un importante contributo alla sei-corde, mettendosi al servizio del brano quando necessario e dosando lo sfogo creativo con equilibrio e intelligenza laddove la produzione lo ha consentito.

Tuttavia il percorso incontrò una brusca interruzione proprio nei mesi che seguirono la pubblicazione del disco…

Successi e separazioni nel boom dei The Verve

Nell’Agosto del 1995 infatti Richard Ashcroft sciolse la band, nonostante il buon successo del disco pubblicato soltanto da alcuni mesi e con la band che aveva trovato uno sponsor entusiasta persino nel solitamente critico Noel Gallagher; la rottura fu accompagnata da parole che esprimevano tristezza e rimpianto, lasciando intendere un condiviso bisogno di trascorrere del tempo separati.
Tuttavia il proposito sembrò valido per il solo Nick McCabe, considerando che soltanto poche settimane dopo Ashcroft era nuovamente in studio assieme al bassista Simon Jones e al batterista Peter Salisbury.

Si è parlato in seguito del difficile momento personale che McCabe stava attraversando, inasprito dalla leadership iperattiva di Ashcroft, dalle fatiche del lavoro in tour e in studio, nonché in generale dall’abuso di droghe che aveva caratterizzato in particolare il periodo di lavorazione di A Northern Soul.
Sia come sia, non molto tempo dopo l’annuncio della separazione il gruppo accolse un nuovo chitarrista, l’amico ed ex-insegnante di chitarra Simon Tong: con questa lineup i The Verve trascorsero l’intero 1996 a dare forma a quello che sarà il loro capolavoro più o meno unanimemente riconosciuto.

L’inizio del 1997 vide il rientro di Nick McCabe nella band, che mantenendo Tong come secondo chitarrista divenne ufficialmente un quintetto; il reintegro comportò anche un cambio di timone alla produzione del terzo disco del gruppo, nonché la re-incisione di alcune tracce. Ma ormai la realizzazione dell’album era a buon punto e l’impronta di Richard Ashcroft assolutamente profonda.
Urban Hymns venne pubblicato all’inizio dell’autunno, anticipato nei mesi estivi dal suddetto tormentone “Bitter Sweet Symphony”. Il disco rappresenterà un successo mondiale tanto nelle vendite quanto nella critica, sospinto da inni Pop-Rock come gli altri singoli “Lucky Man” e “The Drugs Don’t Work“.

Ma l’album sancirà soprattutto la consacrazione di Richard Ashcroft, sempre più evidente tanto nell’immagine quanto nella produzione musicale del gruppo. Urban Hymns si caratterizza infatti di quei tratti che saranno propri della carriera solista del vocalist: l’utilizzo della chitarra ritmica, con una maggior preferenza per l’acustica, gli arrangiamenti orchestrali, un approccio più cantautoriale alla composizione dei pezzi.

Cosa rimane dei The Verve?

Tanto repentino fu il riscontro mainstream dei The Verve, tanto brusco fu il loro declino. “Bitter Sweet Symphony” divenne una delle hit del 1997, indimenticato tormentone anche grazie al videoclip assolutamente inconfondibile, ma fu anche fonte di una pubblicità non esattamente positiva per via dei suddetti problemi di diritto, i quali tra l’altro portarono all’esclusione totale di Ashcroft e della band dalle royalties derivanti dal brano (le quali sono state attribuite interamente al cantante, in qualità di autore del brano, soltanto tre anni fa).

L’anno seguente Nick McCabe fu nuovamente fuori dai The Verve, stavolta per sua precisa scelta, a quanto pare dettata dalle difficoltà nell’adattarsi alla vita di una band proiettata a livello globale tra tour e produzioni. Non molto tempo dopo, nell’Aprile del 1999, i The Verve comunicarono il loro nuovo scioglimento.
Benché nessuno dei componenti ne abbia mai fatto un problema musicale, è interessante notare come il bassista Simon Jones abbia dichiarato in seguito: “I The Verve si stavano proiettando verso archi e ballad, che non è esattamente ciò da cui provengo. Le chitarre rumorose fanno per me“.

Nel periodo di separazione dalla band, Richard Ashcroft avviò la sua carriera da solista, esordendo nel 2000 con l’ottimo Alone with Everybody, a cui fecero seguito altri LP meno apprezzati e convincenti.
In seguito i The Verve ci hanno regalato una rapida reunion, avvenuta nel 2007 e che l’anno successivo portò un promettente quarto album: lanciato dal singolo “Love is Noise“, Forth aveva regalato forti speranze ai fan del gruppo, facendo registrare buoni risultati di vendita e un generale apprezzamento da parte della critica.

Tuttavia era destino che non ci fosse pace per i The Verve: infatti la band si seperò nuovamente (e definitivamente, almeno finora) nel 2009, lasciandosi in rapporti che pare non siano per nulla buoni, con McCabe e Jones descritti in un profondo stato di ostilità nei confronti di Ashcroft, da loro accusato di voler utilizzare la reunion del gruppo per favorire la sua carriera solistica.

Un finale piuttosto amaro insomma, ma d’altra parte non tutte le belle storie possono avere una felice conclusione.
Dei The Verve ci resta comunque un lascito enorme e variegato, a patto di avere la pazienza di esplorarne le varie evoluzioni, espresse in particolare nei tre LP degli anni ’90, ai quali va riconosciuto il merito di aver influenzato positivamente e in maniera diffusa il Rock di origine britannica negli anni a venire.

Foto di copertina di Chris Floyd – fonte The Verve Facebook Official