Chi è nato negli anni 2000 potrebbe oggi chiedersi perché il mondo sta tributando un così grande affetto allo scomparso Eddie. Certo, solo ipotizzare questo interrogativo ci fa rabbrividire, ma chi oggi ha 40 o 50 anni non può avere una reale visione del mondo giovanile, probabilmente neanche dei suoi stessi figli, almeno non una visione totale.
Per cui, solo pensare al rischio che la loro cultura musicale possa non rendersi conto della portata rivoluzionaria della figura del musicista olandese-americano, è un motivo per prenderli da parte e dirgli quanto un allora giovane come loro ha cambiato il mondo con sole 6 corde di metallo e un plettro.
Spiegate quindi ai giovani che quando alla fine degli anni ‘70 Eddie Van Halen con la sua band iniziò a calcare i palchi dei club americani più in voga, praticamente tutti i chitarristi già ben navigati furono “blown away”, “spazzati via” come dicono oltreoceano di fronte a una grandiosa e nuova rivelazione.
Spiegate che quando uscì il primo disco dei Van Halen, arrivò sul piatto del giradischi qualcosa di così innovativo che la generazione successiva a quella che aveva ascoltato per la prima volta Jimi Hendrix poté riassaporare lo stesso stupore. Stupore e sgomento. Sgomento e forse terrore, di non riuscire mai ad arrivare a così tanta bravura.
Spiegate ai giovani che Eddie ha scalato la cima della montagna, piantandoci una bandiera perenne, ma che lo ha fatto con un grande sorriso, divertendosi, godendo di ogni cosa che faceva.
Come il più grande degli scalatori, che non lotta contro la montagna, ma sempre e solo contro se stesso.
Spiegate ai giovani che quando fu chiamato dal più grande produttore americano, Quincy Jones, per registrare il famoso assolo di “Beat It” in Thriller di Michael Jackson, l’umiltà lo portò a riattaccare due volte il telefono pensando che qualcuno gli stesse facendo uno scherzo, pur essendo il più grande chitarrista rock della sua generazione.
Spiegate, raccontate, non fate gli esaltati, non fate sempre e solo quelli che “la musica che ascoltavo io era figa la tua è merda”, smettetela di crogiolarvi nella vostra autocelebrazione. Cercate invece di far capire cosa c’è di bello in quei dischi, facendoli ascoltare.
Comprate uno strumento ai vostri figli, non appena avete anche solo sentore che potrebbero esserne felici.
Spiegate ai giovani che il più grande insegnamento di Eddie Van Halen è stato costruire una propria voce e che c’è una cosa che tutti i più grandi che lo hanno conosciuto raccontano: “prendeva in mano i miei strumenti e quelli iniziavano a suonare col suo suono”.
Fate capire che nella vita è importante costruirsi la propria personalità e non appiccicarsi addosso un collage di immagini basate su quello che “si dice sia meglio”.
Ricordate poi ai giovani che Eddie non era perfetto e che anche lui ha sbagliato, qualche volta sulle corde, qualche volta nella vita. Ma non per questo ha smesso di essere Van Halen, non per questo ha mollato.
Ricordate queste cose e molte altre. Ricordate che qui non si parla solo di musica, ma di vivere con groove.
E ora, un po’ di omaggi importanti al nostro caro e indimenticabile Eddie.
Questi sono solo alcuni dei commenti, elencarli tutti sarebbe impossibile perché praticamente quasi non esiste personaggio della musica che non abbia scritto qualcosa per Eddie.
Right here, right now…
Cover Photo by Alan Light - CC BY 4.0
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