Facendo fede al suo nome d’arte (Wonder significa “meraviglia”), Stevie non è solo un musicista di straordinario e meraviglioso talento.
Lui è un’autentica miniera d’oro. Basti pensare che già nel 1963, quando ha soltanto 13 anni, con il singolo “Fingertips Part II” riesce a vendere oltre un milione di copie.
Nel 1974 e 1975, e cioè nei due anni precedenti alla firma del nuovo contratto, Stevie Wonder vince ben 4 Grammy Awards (due dei quali come miglior album per Innervisions e Fullfillingness’s First Finale). Dunque, sa di avere il coltello dalla parte del manico e riesce così a strappare un accordo che gli vale la stratosferica cifra di 13 milioni di dollari.
Poi, torna in studio dove, da un anno, sta lavorando a quello che diventerà il suo lavoro più ambizioso e meglio valutato dalla critica.
È un album doppio dal titolo emblematico: Songs In The Key Of Life. Meno immediato dei dischi precedenti contiene però brani che diventano grandi successi come la frizzante “Sir Duke” e la superfunky “I Wish”. Songs In The Key Of Life balza immediatamente in testa alle classifiche e l’anno successivo si aggiudica altri 3 Grammy Awards.
Tra i brani più famosi del disco una briosa ma affettuosissima ballad dedicata alla figlia Aisha, appena nata, il cui pianto si percepisce all’inizio della canzone.
Registrato alla Hit Factory di New York, il pezzo, “Isn’t She Lovely”, si conclude con un assolo d’armonica favoloso, improvvisato dallo stesso Stevie Wonder, uno dei più bravi e virtuosi interpreti dello strumento.
Cover photo by Antonio Cruz/ABr – CC BY 3.0 BR
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