In una parte dell’intervista, John dichiara che “il cristianesimo è allo sbando“.
“Sono certo“, continua, “che sia una religione destinata a svanire. Chi vivrà, vedrà se ho ragione o no. I Beatles, oggi, sono più famosi di Gesù. Non so dire, alla fine, chi vincerà, se il rock ‘n’ roll o il cristianesimo. Gesù era nel giusto ma i suoi discepoli non lo erano altrettanto“. Quattro mesi dopo la pubblicazione, la stessa intervista viene ripresa dal magazine americano “Datebook”. Che, in copertina, pubblica il faccione di Lennon con, virgolettato, il titolo: “I Beatles sono più famosi di Gesù“.
A sole due settimane di distanza dal nuovo tour americano dei Fab Four, le reazioni del pubblico sono devastanti: dimostrazioni anti-Beatles nelle principali città degli States, denunce di sacrilegio, marce del Ku Klux Klan, dischi del gruppo di Liverpool bruciati in enormi falò e messa al bando, da parte di moltissime stazioni radiofoniche, delle canzoni di Lennon & McCartney.
A quietare le acque, ci pensa il plenipotenziario manager dei Fab Four, Brian Epstein. Convince Lennon a fare retromarcia (anche se John, di primo acchito rifiuta. “Piuttosto“, dice, “cancelliamo il tour“).
Nel corso di una conferenza stampa a Chicago, Lennon chiede scusa al mondo chiarendo il significato delle sue dichiarazioni: “volevo dire“, spiega, “che, oggi, i gruppi beat hanno più appeal sui giovani che la religione“.
Da quel momento, tra John Lennon e gli Stati Uniti d’America inizia una guerra fredda che durerà altri 14 anni e si concluderà con l’omicidio del Beatle ribelle, sotto la sua casa di New York.
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