Era il 1998 e in quel periodo si svolgeva a Rimini la seconda edizione del Disma Show, la fiera dedicata agli strumenti musicali per che per 10 anni di fila ha richiamato un sacco di appassionati sulla riviera Romagnola. Erano anni in cui il settore, pur di nicchia rispetto a tante altre categorie, godeva di una buona salute e, di conseguenza, era possibile per i distributori più grossi investire somme importanti per realizzare ampi stand espositivi e per organizzare eventi di una certa portata.
All’epoca Gibson era distribuita da Mogar Music, azienda per cui lavoravo, e grazie a questo ci fu la possibilità di avere Zakk Wylde per una serie di performances all’interno della sala demo allestita all’interno dello stand. Io ero già un suo fan accanito sin da quando lo vidi per la prima volta in TV mentre si esibiva con Ozzy Osbourne durante un festival in Russia. Rimasi pesantemente colpito da questa specie di vichingo con quei capelli biondi e lunghissimi che non stavano mai fermi, con una Les Paul portata bassissima e dei pantaloni di pelle a zampa d’elefante.
Ero rimasto alla fase Jake E. Lee di Ozzy, legata perciò ad un’immagine molto anni ’80. Capelli cotonatissimi, spandex a fiumi, quintali di chorus sulle ritmiche e tapping furioso. Zakk Wylde stava cambiando drasticamente il corso artistico di Ozzy, aveva un’immagine più retrò, ma il suo sound era qualcosa di nuovo, un fraseggio selvaggio e una presenza di suono davvero granitica. Il suo arrivo, già su No Rest For The Wicked, aveva fatto chiaramente capire cosa stesse succedendo, ma è sui successivi album No More Tears e Ozzmosis che venne innalzato nell’olimpo dei guitar heroes.
Forte della sua crescente popolarità, Zakk fondò i Pride & Glory, una band di southern rock che gli permetteva di esprimere le sue radici musicali pur continuando ovviamente a far parte della band di Ozzy Osbourne. Purtroppo i Pride & Glory si sciolsero dopo un solo album e il capitolo successivo della carriera di Zakk fu un disco molto acustico dal titolo Book of Shadows. Fu proprio durante la promozione di quell’album che Zakk arrivò al Disma Show di quell’anno.
All’epoca penso avesse poco più di 30 anni e passava le sue giornate a suonare, in palestra e a bere birra. Diciamo che le ultime due attività si annullavano a vicenda, però allora il suo fisico era statuario e incuteva una certa soggezione nei soggetti più miti… Si presentò con la custodia della sua Gibson Chet Atkins SST, quella con le corde in metallo e i segnalasti a stella, ed un modesto trolley che era per metà occupato dal suo cappello a bombetta e da due pedali Dunlop. Completavano il suo look un gilet in jeans senza maniche e dei jeans a zampa con degli inserti a fiori che erano tutto un programma.
Zakk era la classica rockstar, molto sicuro di sé ma non antipatico o spocchioso. Parlava con uno slang piuttosto marcato e con la sua voce roca che è così non solo quando canta. Aveva chiesto un amplificatore Roland Jazz Chorus 120 sia per l’esibizione che per il warm up. Il riscaldamento avveniva in un piccolo ufficio ricavato all’interno dello stand, una struttura senza soffitto e realizzata con dei pannelli di legno pressato. Zakk aveva due modalità per regolare l’amplificatore: spento o a tuono! Praticamente il warm up si sentiva in tutto il padiglione della fiera!
Prima del suo arrivo eravamo stati messi al corrente che spesso negli States Zakk si era reso protagonista di comportamenti un po’ troppo rock’n’roll sul palco, del tipo: mi scappa la pipì, mi giro e la faccio, poi riprendo a suonare… Fortunatamente si era reso perfettamente conto che in Italia non era ancora percepito come a casa in termini di fama, perciò non abbiamo avuto alcun problema “disciplinare” in quei giorni.
Veniamo alla performance: Zakk salì sul palco della sala demo su cui erano già stati collegati un Cry Baby e un Rotovibe della Dunlop ed inseriti nel Roland Jazz Chorus 120. Posata la sua immancabile lattina di birra sul combo, si limitò ad un “Cheers!” ed iniziò a suonare. La performance durava circa mezz’ora e Zakk eseguiva in tutto 4 brani, due da Book of Shadows, uno dei Pride & Glory e “Mama I’m Coming Home” di Ozzy, il tutto intervallato da lunghi momenti solistici in cui in pratica trasferiva sulla Chet Atkins i licks che solitamente suonava sulla Les Paul.
Frasi pentatoniche velocissime con una pennata alternata davvero invidiabile, fiumi di double stop in fingerstyle e un intenso uso sia del wah che del Rotovibe. A fine performance la gente era letteralmente stesa! Zakk regalava una mezz’ora molto intensa e c’era spazio solo per la musica, zero domande. Alla fine della prima performance stavamo per tornare in hotel, ma prima Zakk pensò bene di prendersi qualche lattina di birra da portarsi in camera. Ne prese un paio, poi ne raccolse un’altra, poi le rimise a posto e si caricò in spalla tutta la cassa da 24 lattine!
La sera la cena fu piuttosto veloce all’interno del ristorante dell’hotel, dopodiché gli chiesi se avrebbe preferito andarsi a riposare oppure farsi un drink da qualche parte. La risposta fu ovvia, perciò ci ritrovammo in birreria 5 minuti dopo. La sua tecnica era furibonda, ordinava le birre, arrivavano, scontravamo i bicchieri e, dopo il primo sorso, ne ordinava altre! Eravamo in tre, lui compreso, e ogni sera il conto della birreria era sempre tra le 120 e le 150 mila lire… non aggiungo altro. Nonostante questo era sempre apparentemente sobrio e, soprattutto, le sue esibizioni erano sempre perfette.
Una sera, dopo un tour de force in birreria, andammo con il Van vicino alla spiaggia dove Zakk ci deliziò con uno degli episodi che era solito fare sul palco negli States, ma che in quel caso aumentò solo di qualche centimetro il livello del mare. Una volta scaricati i liquidi in eccesso, disse: “Sai, sto iniziando un nuovo progetto, una cosa elettrica e diversa rispetto ai Pride & Glory. Ho qui un nastro con alcune basi di ciò che sto producendo, ti va di sentirle?“
Ovviamente infilammo subito la cassetta nello stereo e, una volta partita la musica, Zakk iniziò a cantare dal vivo le parti vocali che avrebbe voluto inserire nei vari brani che stavamo ascoltando. Per me fu un’esperienza indimenticabile, infatti me la ricordo ancora molto bene dopo tutti questi anni. Dopo quella anteprima così speciale, non vedevo l’ora uscisse quel disco per poter riascoltare quei brani nella loro versione finale e fui sorpreso che alcuni di essi non vennero inseriti, forse perché troppo leggeri rispetto alla piega che il progetta stava prendendo, né nel primo album, né in quelli successivi.
L’ultima sera, tanto per cambiare, finimmo in birreria e, tanto per cambiare, tirammo fino a tardi… Erano le 2:30 e dovevo ancora accompagnarlo a Bologna, visto che la mattina di buon’ora avrebbe preso il volo per tornare a casa, perciò avrebbe dormito in zona aeroportuale. La mattina la mia sveglia sarebbe stata alle 8:00 e mi aspettava un altro giorno in fiera a suonare, perciò ci mettemmo in macchina su un’autostrada deserta e, visto che era il ’98, ancora senza autovelox… Ad un certo punto Zakk era appeso alla maniglia del passeggero e timidamente mi chiese: “Ma in Italia potete andare così forte?“.
Una volta fatto il check in, chiese al desk di essere svegliato entrando in camera, perché non avrebbe mai sentito il telefono! Ci salutammo con un abbraccio e lo ringraziai per la bella esperienza passata. Successivamente ci rincontrammo in occasione della presentazione del suo secondo album dei Black Label Society e mi invitò ad andarlo a trovare in hotel a Milano per darmene una copia.
Dopo quell’evento, purtroppo, per ragioni commerciali Gibson intraprese una distribuzione a livello europeo, perciò non ci furono più gli estremi per vedersi. Peccato. Non ho comunque mai smesso di seguire tutto ciò che ha prodotto in seguito, anche se personalmente mi manca molto lo Zakk Wylde dei Pride & Glory!
Tutto lo Staff della Redazione di MusicOff.com è entusiasta di dare il benvenuto tra i propri autori a Stefano “Sebo” Xotta, amico di lunga data di MusicOff, musicista di altissimo spessore e persona di grande esperienza nel settore musicale che ci racconterà con questa serie di video ed articoli il suo vissuto personale al fianco di grandi artisti internazionali. Benvenuto Sebo!
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