Il cd ha compiuto 40 anni, ma quello che doveva essere il supporto “eterno” pare avviarsi alla pensione, trascinando con sé vecchie “minacce” ad oggi del tutto smentite.
Sono passati ben 142 anni da quando un giovane Thomas Edison, durante i suoi esperimenti sui segnali morse, registrò accidentalmente dei suoni che somigliavano a una voce umana.
Come per molte grandi scoperte, fu questo evento effetto non voluto a generare qualcosa di ben più importante di quanto prefissato dalla ricerca iniziale: in pratica, l’inizio della registrazione audio.
Nacque così il “cilindro di Edison“, nonché il relativo fonografo, e con questi le prime registrazioni in assoluto.
Ben presto, complice anche la fortuna di nuovi generi musicali che nei decenni catturavano appassionati in tutto il mondo, la ricerca si concentrò anche nella registrazione della musica. Ecco quindi comparire i famosi dischi in vinile, i 78 giri e poi i 33 e 45 giri.
Ma tutti questi formati avevano una cosa in comune: l’inesorabile deterioramento col tempo e con gli ascolti, un certo grado di rumore di fondo e dei limiti, innegabili, che costringevano i tecnici degli studi di registrazione ad applicare delle non trascurabili modifiche e aggiustamenti rispetto a quanto inciso sui nastri analogici, veri contenitori dell’intera informazione musicale.
Questo presuppone che tali formati avessero enormi problemi all’ascolto di cui dobbiamo tenere conto anche oggi? Ne abbiamo parlato in questo lungo articolo.
Ma ecco finalmente arrivare, con le nuove tecnologie digitali, una nuova era, con un formato che garantiva di essere eterno (salvo incuria degli utilizzatori), assolutamente silenzioso e con delle capacità tecniche mai viste prima.
Forse molti di voi penseranno che il Compact Disc, o più amichevolmente CD, sia un qualcosa che arriva a cavallo degli anni ’80 e ’90. Ma, fondamentalmente, in quegli anni si assiste esclusivamente alla sua esplosione per quanto riguarda il largo consumo, complici gli abbassamenti graduali dei prezzi sia dei CD stessi che degli apparecchi elettronici in grado di “leggerli”.
La data di presentazione al pubblico, invece, è l’8 marzo 1979, grazie a quella che era all’epoca una delle compagnie leader del pianeta in fatto di tecnologia, la Philips.
Questa enorme azienda, infatti, aveva stretto collaborazione con la DuPont, altra grande società detentrice dei diritti dell’invenzione del policarbonato. La loro ricerca venne direttamente da alcuni studi sui segnali digitali applicati alla telefonia, un ambito quindi assai lontano da quello musicale. Il tutto si basava sul coniugare il linguaggio informatico binario all’azione di un laser.
Da questa collaborazione arrivò un dato tanto esaltante quanto agghiacciante: un cd avrebbe potuto contenere ben 600 megabyte di dati. Stupendo sì, il problema è che stiamo parlando di un’epoca in cui i computer “casalinghi” (e non molti se li potevano permettere) più potenti ragionavano ancora in termini di chilobyte (KB).
DuPont rifiutò di continuare la ricerca – non invidiamo davvero i dirigenti che presero tale decisione – e la Philips trovò un nuovo partner nell’allora astro nascente giapponese Sony, che a sua volta stava già sperimentando da alcuni anni la produzione di un disco ottico.
Arriviamo quindi alla sua presentazione, il giorno della festa della donna del 1979 (che non è però la data della commercializzazione, quella avverrà nel 1982 prima con un disco di musica classica e poi con due album pop di ABBA e Billy Joel).
E, non c’è che dire, la presentazione fu davvero da “primadonna”. Il delegato Philips si presentò sul podio con in mano un cd e un disco in vinile. La differenza, già quella di dimensioni, colpì tutti, gli addetti stampa si spintonarono per avere questo nuovo, piccolo disco, tra le mani.
Ma ciò che più colpisce, nella rilettura odierna, è la minacciosa previsione che venne comunicata al mondo, che più o meno si può riassumere così: ecco a voi il CD, che velocemente soppianterà il vinile… non sentirete più parlare di dischi in vinile!
Già. Come direbbe però il buon Homer Simpson: D’OH!
Perché sono passati 40 anni e quello che oggi ci dicono le ricerche di mercato, o ben più semplicemente uno sguardo intorno a noi, è che non solo i dischi in vinile non sono scomparsi, per quanto ci siano andati vicinissimi nei decenni scorsi (distribuzioni chiuse, ingressi phono che sparirono dagli amplificatori, ecc.) ma le persone stanno tornando in massa ad acquistare il buon vecchio “disco nero” (nota a margine: tutti vinili sono colorati artificialmente, anche quello nero, poiché il PVC di cui sono fatti, di per sé, è trasparente).
E proprio sul vinile la Sony è tornata recentemente sui suoi passi (dopo peraltro aver deciso di chiudere la sua fabbrica di CD di Terre Haute negli USA).
Cosa sta succedendo quindi? Sta accadendo ciò che alla Philips, ma anche in molte altre compagnie, non avevano certo previsto e sarebbe bello vedere oggi le facce dei vecchi dirigenti di fronte a questo fenomeno.
Il CD, semplicemente, sta invecchiando un po’ per tutti. Sta invecchiando per coloro che sono dei fedelissimi del digitale, e come dargli torto viste le notevoli capacità che siamo arrivati ad ottenere. In tal senso, lunga vita ai nuovi file ad altissima risoluzione, che oramai anche il telefono che abbiamo in tasca è in grado di riprodurre.
All’altro estremo, il CD è stato messo da parte (o parzialmente) da chi, se proprio il disco lo deve comprare materialmente, è stato affascinato dal ritorno del mondo analogico, con tutti i suoi pregi e difetti. E, suvvia, qualche pregio lo dovrà pur avere, non può essere solo una “moda” come dice anche qualche illustre autore (ma state attenti alle sole…).
Infine, nel pieno del suo successo, ci sono stati anche gli anni della pirateria sfrenata. Chi compra un vinile, solitamente, ha una mentalità verso la musica che è per nulla o poco incline alla pirateria (non che chi compra i CD la abbia a prescindere, sia ben chiaro, non stiamo facendo classifiche di merito…). Chi si rivolge ai file ad alta risoluzione, ha comunque delle aspettative piuttosto alte (niente mp3 di bassa fattura).
E poi, oramai, c’è lo streaming (anche HD) quello che secondo il report della RIAA è il vero settore in crescita.
In questo andazzo, il CD è quello che ha sofferto più di tutti. Fu subito facile da scaricare su un PC, da doppiare, da diffondere in rete. Quella che doveva essere la panacea di tutti i mali è stata anche un’enorme batosta per il mercato discografico, ben più di quando si replicavano le musicassette tra amici.
Ma diciamolo a piena voce: viva il CD!
Ebbene sì, viva il CD perché volente o nolente ha contribuito a una notevole diffusione musicale con molte meno problematiche del passato. Gli appassionati di Hi Fi più attempati storceranno il naso, poichè il rapido “metti dentro e premi play” è stata forse una delle cause della perdita di quella cultura tra la gente comune (prima di arrivare alla rovina degli mp3…).
Ma tutti noi della generazione cresciuta con questo supporto, non possiamo non averlo a cuore, nonostante il modo di fruire la musica che ognuno preferisce oggi.
E poi, sta invecchiando sì, ma certo non morendo. È ancora un “affascinante quarantenne”.
Quindi, tanti auguri di buon compleanno CD, al quale ci sentiamo di giurare ancora la nostra alta fedeltà!
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