Dalla morte di Buddy Holly a quella misteriosa di Bobby Fuller, la canzone che praticamente tutti associano ai Clash ha una storia lunga e avventurosa.
Chi ha seguito l’evoluzione del rock’n’roll e le vicende dei suoi “eroi” conosce bene la triste vicenda che all’inizio del 1959 segna la scomparsa di Buddy Holly, caduto nello stesso aereo con altri artisti come The Big Bopper e Ritchie Valens (autore e interprete de “La Bamba”).
È un brutto colpo, ma i Crickets orfani di Holly riescono a proseguire il loro percorso grazie all’entrata di un nuovo chitarrista/cantante, Sonny Curtis, che porta con sé anche qualche canzone di buon livello.
Una di queste, “I Fought The Law”, finisce nell’album che apre il nuovo decennio, ma non ottiene particolare attenzione.
In seguito, la canzone passa per un altro paio di mani prima di trovare un nuovo capace interprete, texano come Holly e Curtis. Bobby Fuller è un artista di medio calibro dotato di un certo spirito creativo e di grande entusiasmo per il fenomeno messo in moto 10 anni prima da Elvis Presley.
Fra le sue doti, quella di produrre da solo la sua musica in uno studio allestito nel garage e nel magazzino attiguo con un paio di registratori Ampex.
Con questi mezzi registra la canzone di Curtis nel 1964 e la pubblica con la sua etichetta indipendente.
È il buon successo ottenuto a livello locale che stimola Fuller a cercare una casa discografica capace di proiettarlo nei grandi circuiti commerciali americani. Ci riesce grazie alle potenzialità della Mustang Records e a inizio 1966 “I Fought The Law” arriva fino alla Top Ten nazionale.
Rispetto alla versione originale dei Crickets non è cambiato troppo. La struttura è identica e anche il riff di chitarra e le linee vocali, ma nell’interpretazione di Fuller – peraltro diversa nelle due versioni – la ritmica della batteria è più presente e la voce è valorizzata non poco dalla nuova registrazione.
Purtroppo, Bobby Fuller riesce a godere del suo successo per pochi mesi, perché un giorno d’estate dello stesso anno viene trovato senza vita nella sua auto. Come per altri suoi illustri colleghi, rimane ancora oggi un caso controverso che oscilla tra suicidio, morte accidentale e – per alcuni – forse omicidio.
Ma per la canzone la corsa non finisce qui e a fine anni settanta trova nuova vita grazie a quel movimento energetico e iconoclasta messo in piedi dal fenomeno punk in Inghilterra.
Quando Joe Strummer scopre la canzone non se ne stacca più e la inserisce nel repertorio live dei Clash in pieno arrembaggio alla scena musicale del momento.
Il testo che allude al classico “splendido perdente”, finito a spaccare pietre dopo aver sfidato inutilmente la legge, si adatta alla perfezione agli alfieri di un rock da barricata che si riconosce altrettanto bene nella musica essenziale e trascinante del pezzo.
Grazie a tutto questo “I Fought The Law” nel 1979 diventa il primo singolo dei Clash pubblicato in USA e, grazie anche alla forte esposizione negli spettacoli live, una della canzoni simbolo della band.
Dopo aver ascoltato le precedenti versioni, è interessante notare come Strummer e compagni affrontino la canzone con spirito piuttosto smaliziato, mettendo da parte la parte più primitiva delle loro origini per cercare qualcosa che risulta più corale che mordente.
Considerata tra le canzoni più significative del rock’n’roll, “I Fought The Law” è stata poi reinterpretata da molti artisti fra cui Stray Cats, Green Day, Dead Kennedys.
Sono questi ultimi, in particolare, a firmare nel 1987 la versione più dura e provocatoria, con un testo ritoccato in cui il protagonista è finalmente il vincitore. Ci sono voluti quasi 30 anni.
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