La guerra è una questione difficile e alquanto spinosa, ma nonostante tutto non sono riuscito a sottrarre il mio pensiero da alcune riflessioni.
La musica a volte sa esprimersi meglio di altre comunicazione, poiché non pone giudizi, risoluzioni, non si schierai.
Molti brani di una grande varietà di artisti sono stati concepiti in modo anche in parte o del tutto anticonformista sul concetto della guerra. La musica è spesso specchio della realtà (a volte limpido, a volte distorto ovviamente, NdR) e non si è mai sottratta dal raccontare eventi ed episodi della storia che vorremmo a volte dimenticare, ma non possiamo e non dobbiamo dimenticare.
Partendo con ordine, uno degli artisti impegnati in tematiche di guerra è sicuramente Bruce Springsteen, con il suo 21° album “Devils and Dust”, in cui narra le azioni e le sensazioni di un soldato. In particolare, il mirino delle parole del “Boss” sono rivolte ai conflitti in Iraq nel 2003 e alle scelte politiche degli USA.
La title track è il caposaldo della intera opera musicale. Descrive l’incertezza e la paura di un militare che ha solo la sua uniforme e la sua arma, lanciato sul campo di battaglia a difendersi e a difendere i suoi compagni: «What if what you do to survive, kills the things you love?» (E se quello che fai per sopravvivere uccidesse le cose che ami?) è la domanda retorica che pone.
Citando la Mantuan War, la guerra di successione tra Mantova e Monferrato tra il 1628 e il 1631, il cantautore Sam Fender con il brano “Friday Fighting”ha voluto trascendere il significato di battaglia, portandolo alle risse che spesso nascono per futili motivi nei pub e nei locali di Newcastle, la sua città natale.
Un modo per la gente di sfogarsi dalle fatiche della settimana, prendendosela contro degli sconosciuti senza un motivo ben preciso. Insomma, violenza che si può definire “gratuita” e scellerata, come quella di tante e troppe guerre.
Altra perla della musica internazionale, che è diventata una hit delle serate dance-soul, è “War” di Edwin Starr, pubblicata nel 1969. Tra l’altro riarrangiata e personalizzata in chiave rock da Bruce Springsteen, aggiungendo all’inizio una breve introduzione parlata sul come sia sfuggito alla chiamata alle armi per combattere in Vietnam.
“Unknow Soldier” dei The Doors , un testo semplice e diretto ma efficace. Si apre con la voce di Jim Morrison alternata da un ritmo musicale stile militare seguito da percussioni e suoni di una sirena d’allarme, per poi concludere con l’affermazione «The War Is Over».
Sul campo italiano della musica, il cantautore Fabrizio De Andrè pubblicò “La guerra di Piero” nel 1964, meravigliosa canzone che si rifà alle atrocità commesse durante la guerra.
In particolare il testo è legato ai racconti dello zio del musicista, che sopravvisse ai campi di concentramento durante la seconda guerra mondiale.
Insomma un brano-denuncia che colpisce fin dentro al cuore e fa rabbrividire al solo pensiero delle scene ed episodi di quella vita.
Anche Francesco De Gregori scrivendo “Generale” si unisce alla tematica bellica. Parole spese verso quei giovani soldati partiti in guerra e mai tornati, costretti a non poter stare vicino alla famiglia.
Come afferma un altro grande poeta della musica italiana, Roberto Vecchioni, il brano fa leva su un “lampante antimilitarismo: una gran canzone di pace”.
“Il mio nome è mai più” è stata scritta dal trio Ligabue, Jovanotti e Pelù in segno di protesta contro la guerra scoppiata in Jugoslavia nel 1991. Il titolo è chiaro, fa riferimento al soldato che sceso sul campo di battaglia una volta ucciso, perde la sua identità e finisce sui tra tanti nomi conosciuti e sconosciuti di un altare della patria.
Ma il brano sottitende anche che la parola “guerra” dovrebbe sparire da qualsiasi vocabolario. Questo testo ha una forza strepitosa e un intenso significato, come nel verso «Io non le lancio più le vostre sante bombe».
Il brano vincitore dell’Eurovision Song Contest 2022 è “Stefania”, del gruppo ucraino Kalush Orchestra. Concettualmente le parole di Psiuk, il rapper frontman della band, si riferiscono a sua madre ma da un certo senso anche al suo Paese natio ancora sconvolto dall’invasione russa.
Il brano è una base mista hip-hop e rap con un beat molto orecchiabile e un ritornello riconoscibile dal suono del telenka, uno strumento a fiato tradizionale antenato del flauto.
Una delle punte di diamante della musica metal è “Run To The Hills” degli Iron Maiden, pubblicata nel 1982 con l’album The Number of The Beast. Bruce Dickinson e i suoi compagni di band, in particolare il bassista Steve Harris che compose interamente il testo della canzone, hanno voluto condividere il conflitto tra nativi americani e invasori europei da 3 punti di vista, quello degli autoctoni, degli assalitori e da un punto vista esterno.
“Radio Baghdad”, con una durata di ben 12 min, è una implorazione straziante. Scritta e interpretata da Patti Smith, si definisce come un brano poetico e al tempo stesso incisivo e decisivo come la personalità dell’artista che si contraddistingue sempre.
Non potevo, infine, non citare il brano dei Creedence Clearwater Revival “Fortunate Son”, che è uno stendardo della cultura musicale degli anni ’60.
Un testo densissimo di significato accompagnato da grande forza e carattere musicale. Il cantante si scontra contro quell’ideologia aristocratica per cui i figli dei ricchi e dei politici riuscivano a scansarsi dalla chiamata alle armi, appunto chiamati “figli fortunati” come da titolo, al contrario di chi invece era obbligato a tutti i costi ad andare in guerra perdendo tutti i legami con la terra e la famiglia.
Insomma, le barbarie, la brutalità e la perfidia degli eventi che portano alla guerra non hanno mai fine. La musica ne sa sempre dare una visione alternativa, poetica e migliore della realtà che viviamo.
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