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Superstition, Stevie Wonder e il furto al povero Beck

La promette a Jeff Beck ma la pubblica per primo. "Superstition" è per Stevie Wonder un enorme successo e diventa un classico che resiste al passare degli anni.

La promette a Jeff Beck ma la pubblica per primo. “Superstition” è per Stevie Wonder un enorme successo e diventa un classico che resiste al passare degli anni.

La canzone è probabilmente la più nota fra i non pochi hit di Wonder, perfetto esempio della sua capacità di mescolare in maniera geniale elementi di funk, blues e pop melodico con un’apertura trasversale alla musica rock che gli ha permesso di uscire dai confini della black music. Eppure era destinata al chitarrista inglese, che all’epoca non la prende bene.

Nel 1972 Stevie, a 22 anni, non è più “Little” da un bel pezzo, lasciato alle spalle un bel decennio iniziale di carriera in Motown come bambino prodigio sull’onda di un contratto che gli garantisce finalmente la libertà di registrare e pubblicare la sua musica in quasi totale autonomia, scrivendo e suonando quello che vuole.

Stevie Wonder

Stevie Wonder negli anni sessanta Photo: Public Domain

L’album Talking Book lo ritrae in copertina senza gli onnipresenti occhiali scuri da non vedente e con un look esplicitamente afro che si distacca nettamente dalla vecchia immagine da bravo ragazzo. Come altri suoi contemporanei, Wonder sente ora la necessità di pubblicare canzoni che abbiano un senso, sia musicale che sociale.

Jeff Beck, d’altro canto, è uno dei chitarristi più stimati del periodo ma ha già alle spalle due occasioni in cui ha mancato il grande successo per un pelo, gli Yardbirds (in cui aveva sostituito Eric Clapton) e la prima formazione del Jeff Beck Group con Rod Stewart alla voce, una band che avrebbe avuto i numeri per anticipare il volo del potente Zeppelin pilotato dal suo amico Jimmy Page.

Jeff Beck

Jeff Beck nel 1968 Photo by Grant GouldonCC BY 2.0

Beck ammira la musica di Stevie Wonder, gli piacerebbe suonarla, e il musicista americano lo chiama a collaborare al suo nuovo album con la promessa di scrivere una canzone tutta per lui. Come prevedibile, l’alchimia fra i due scatta immediatamente in studio e tra le varie cose nasce un riff micidiale, eseguito da Stevie sul Clavinet Hohner, piano elettrico dotato di un intrigante e graffiante sonorità.

A questo punto la storia cambia a seconda delle versioni. Di sicuro Wonder registra la canzone suonando sia il clavinet che basso (sintetico) e batteria, sfruttando il pattern ritmico che – sempre secondo i racconti – avrebbe ascoltato in origine proprio da Beck, mentre questi giocava con il drum set presente in studio.

Stevie Wonder

Photo by CliffCC BY 2.0

L’idea, secondo Stevie, era quella di pubblicare la canzone in seconda battuta, dopo l’uscita del nuovo album del Jeff Beck Group di cui sarebbe stata l’elemento trainante. Ma la Motown aveva conservato il diritto di scegliere i singoli e la data di pubblicazione per cui “Superstition” – troppo forte per rimanere nel cassetto – viene proposta prontamente al pubblico internazionale, mentre Jeff è ancora al lavoro per il primo disco con i nuovi compagni Bogert e Appice.

Com’è noto la canzone conquista presto il primo posto nelle classifiche commerciali e quello permanente tra le composizioni più famose e significative di tutti i tempi, aggiudicandosi anche un Grammy Award. L’album Talking Book, spinto anche dalla partecipazione di Wonder alla tournée dei Rolling Stones, contribuisce in maniera determinante alla conquista del pubblico internazionale di ogni colore.

Beck, la cui chitarra è comunque presente in alcune canzoni dell’album di Wonder, si deve confrontare forzatamente con quello che sarebbe stato per lui “un mostruoso hit” e non riesce a trattenere qualche dichiarazione poco piacevole. Pubblicherà la sua versione di “Superstition” l’anno seguente, nel 1973, nel 33 giri Beck, Bogert & Appice.

La versione del chitarrista inglese è una torrida jam rock dalle tinte piuttosto heavy, con un suono gonfio di chitarra che contrasta a dovere con la voce acuta del bassista Tim Bogert. Inutile dire che a questo punto non ottiene grandi effetti sul pubblico e Beck dovrà aspettare la metà del decennio per ottenere il successo personale con l’album Blow By Blow e la cosiddetta svolta fusion.

Beck, Bogert & Appice

Beck, Bogert & Appice in un album live del 1973

Sarà molto più evidente e duraturo l’effetto della cover di Stevie Ray Vaughan negli anni ottanta. Inclusa nell’album Live Alive, recupera una ritmica più vicina all’originale ed evidenzia le doti energetiche che avevano permesso al chitarrista texano di emergere e riportare il blues in primo piano, grazie anche all’aiuto dell’ennesimo estimatore britannico, in questo caso David Bowie.

Furto è forse un termine eccessivo per una promessa sicuramente disattesa, ma la storia è comunque a lieto fine e i rapporti tra Beck e Wonder ritornano nel tempo più che amichevoli tanto che, quando nel 2009 il Madison Square Garden di New York ospita il concerto celebrativo del 25° anniversario della Rock and Roll Hall of Fame, sono tutti e due sul palco proprio per lei, l’immortale “Superstition”.

Morale della favola: la superstizione è segno di ignoranza, può causare danni irreparabili ed è certamente da evitare, la vera magia della musica – al contrario – può produrre miracoli. Garantito.

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